C'è un collegamento tra caldo estremo e riduzione della fertilità?

La risposta è sì. Per diversi studi universitari e pubblicazioni di settore, la produzione ormonale nell'uomo e nella donna può subire variazioni con le ondate di calore. Con effetti sulla natalità
July 3, 2025
C'è un collegamento tra caldo estremo e riduzione della fertilità?
fotogramma.it | Piccoli e grandi cercano di rinfrescarsi, dopo le grandi ondate di calore, in mezzo alle fontane di Parigi
La fertilità maschile è in calo da diverso tempo in tutto il mondo. Le ragioni sono molteplici, dall’inquinamento, agli stili di vita, all’alimentazione. Tra queste, come dimostrano moltissimi studi internazionali, vi è anche l’aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico. «La natalità è una questione molto complessa, ma è vero che le ondate di calore fanno male alla fertilità - spiega Andrea Lenzi, professore emerito di Endocrinologia presso La Sapienza di Roma, presidente del Comitato Nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e da poco nominato Portavoce della Rete delle Cattedre Unesco Italiane –. Sì, un’estate caldissima può far registrare meno nascite del previsto nei nove mesi successivi, anche se in Italia è difficile verificarlo a causa dei tassi di natalità già molto bassi».
La connessione tra caldo estremo e riduzione della fertilità, in particolare maschile, è dimostrata da diversi studi internazionali. Una recente ricerca della Yong Loo Lin School of Medicine di Singapore ha mostrato ad esempio come chi è stato esposto a temperature medie superiori a 30°C per alcuni mesi mostrava un rischio maggiore del 46% di avere un numero basso di spermatozoi. «La qualità dello sperma tende a diminuire con l'avanzare dell’età, ma ciò che abbiamo riscontrato è che sono stati gli uomini nel loro periodo riproduttivo primario, tra i 25 e i 35 anni, a risentire maggiormente del caldo», ha dichiarato Samuel Gunther, uno dei ricercatori. Questo accade perché la spermatogenesi, il processo di produzione degli spermatozoi, si realizza a 1-2°C al di sotto della temperatura corporea. «Da decenni sappiamo che i gameti, soprattutto quelli maschili, sono sensibili agli sbalzi termici – spiega ancora Lenzi -. I testicoli sono posizionati all’esterno del corpo, cioè al di fuori della borsa scrotale, perché per maturare e avere una adeguata mobilità agli spermatozoi serve una temperatura inferiore ai 36 gradi».
In Countdown (saggio pubblicato in Italia nel 2022 da Fazi) l’epidemiologa ambientale e riproduttiva Shanna H. Swan descrive come dal 1973 al 2011 la conta spermatica totale degli uomini dei Paesi occidentali sia diminuita del 60%. A contare sono soprattutto gli stili di vita. Ma evidenze simili a quelle della ricerca di Singapore sugli effetti del caldo sono state descritte anche in studi realizzati in Spagna, Corea del Sud, Stati Uniti e Ungheria. Un articolo dell’Eve fertility center di Dubai ha dimostrato che gli uomini che lavorano in ambienti caldi abbiano un numero di spermatozoi inferiore del 40% rispetto a quelli che lavorano in ambienti più freschi. Il motivo? Danni al Dna spermatico, riduzione del flusso sanguigno agli organi riproduttivi e stress da calore che altera l’equilibrio ormonale del corpo.
Anche la produzione ormonale nel maschio, come quella delle donne, può subire variazioni per le ondate di calore. «In generale, se il corpo sta male, e con il calore eccessivo sta male, le possibilità riproduttive si abbassano – ci dice ancora il professor Lenzi –. La temperatura corporea è un fattore determinante non solo per il maschio: la donna che ha un fenomeno febbrile durante il periodo dell’ovulazione, o non ovula o quell’ovulo non è fecondabile».
Il tema delle temperature si aggiunge però a un contesto più ampio, che va dallo stress ai cibi iperprocessati fino all’inquinamento: «La città è diventata patogenica, sia per l’urbanizzazione spinta sia per il nostro stile di vita contemporaneo». Sotto accusa anche gli Pfas, che possono originare interferenti endocrini: «Sono sostanze che si producono da moltissimi elementi chimici. Entrando nell’organismo hanno una molecola che provoca un’azione simile all’ormone, generando un effetto “chiave falsa” sul recettore: così ci sono in circolazione una serie di falsi ormoni maschili e falsi ormoni femminili». E questo altera negativamente le capacità riproduttive di uomo e donna.
L’aumento globale delle temperature, insomma, sta aggiungendo una ulteriore preoccupazione in un contesto già problematico, anche considerando che dopo i 30 anni la fertilità umana comincia a calare. «Ci vuole educazione sul tema della riproduzione – conclude Lenzi – per questo, con il supporto del ministero della Sanità, abbiamo creato la Fondazione Amico Andrologo che ha dato ottimi risultati: finalmente vedo diciottenni maschi arrivare per una visita preventiva. In Italia, la mamma in genere porta la figlia a farsi visitare per la prima volta dopo le mestruazioni, e l’abitua a questo controllo. Il maschio invece non si controlla mai, e arriva alla prima visita relativa alla fertilità quando nessuno si è mai occupato di lui».
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