Caos e fughe al primo intervallo: come si è arrivati al dress code della Scala

Non solo canottiere e infradito fra i turisti che negli ultimi mesi hanno riempito il celebre teatro solo per scattarsi un selfie: ecco tutti gli episodi documentati dal popolo dei loggionisti
July 6, 2025
Caos e fughe al primo intervallo: come si è arrivati al dress code della Scala
Ansa | I cartelloni comparsi alla Scala di Milano per indicare il dress code a chi vi entra
«Basta, è una vergogna». «Come è possibile ammettere gente con i pantaloncini corti e per di più strappati o a piedi quasi nudi?». «Pazzesco trovare spettatori che entrano in sala con lattine o bottigliette e con un abbigliamento indecoroso: dalle canotte alle infradito». «Pubblico con il telefonino acceso per tutto lo spettacolo: ma perché nessuno fa nulla?». «Non sapete cosa è successo stasera: una signora ha risposto al cellulare durante l’opera e si è messa persino a conversare…». Si sa che al teatro alla Scala i loggionisti danno l’idea di avere la puzza sotto il naso. Puristi e fischiatori delle gallerie, capaci di decretare successi e fallimenti degli spettacoli, che, da una parte, si sentono i custodi della sacralità del luogo ma, dall’altra, hanno una devozione quasi ossessiva per la musica e del teatro che considerano la loro seconda casa. Ecco, sono anni che denunciano la «maleducazione» degli spettatori arrivati in sala come fossero in spiaggia o al supermercato. Per il déshabillé ammesso nonostante i controlli agli ingressi dei loro “non vestiti”. Ma anche per i comportamenti su cui la Scala chiude gli occhi.
Uno spettatore in pantaloni corti al teatro alla Scala - Avvenire
Uno spettatore in pantaloni corti al teatro alla Scala - Avvenire
Quasi spinti da un moto dell’anima, i loggionisti hanno inviato lettere ai vertici del Piermarini, diffuso foto sui social e protestato con le maschere del teatro per l’insolenza e la volgarità di certi spettatori che «non rispettano l’arte e chi lavora qui», si legge in alcuni messaggi. Oggi cantano vittoria, seppur in modo parziale, per il giro di vite sugli abiti voluto dal nuovo sovrintendente Fortunato Ortombina. «La direzione invita il pubblico a scegliere un abbigliamento consono al decoro del teatro, nel rispetto del teatro stesso e degli altri spettatori», spiega il sito del Piermarini. E i nuovi cartelli informano il «gentile pubblico» che non sono consentite «canottiere, pantaloncini corti e ciabatte»: tutti indumenti barrati in rosso negli avvisi, insieme con il cibo e le bibite, così da essere ancora più chiari. E chi non si adeguerà non avrà diritto né a varcare le soglie del teatro né ad avere un rimborso del biglietto.
In teatro non si può entrare con infradito, pantaloncini corti, canottiere e non si possono consumare pasti o bibite - Ansa
In teatro non si può entrare con infradito, pantaloncini corti, canottiere e non si possono consumare pasti o bibite - Ansa
Una svolta dopo la «deriva» degli ultimi anni, come gli stessi melomani raccontano. Sui social si rincorrono scatti clandestini di giovani o donne con le infradito; di ciabatte appoggiate alle balaustre; di ragazzi e adulti in bermuda; ma anche di lattine sistemate sotto le poltroncine. «Si entra indisturbati con abiti indegni», scrive in una lettera aperta di qualche mese fa un loggionista da oltre mezzo secolo. E ricostruisce la sua ribellione: «Mi rivolgo alle maschere dicendo che c’è un regolamento sul vestiario. Risposta: hanno avuto ordine che tutti possono entrare. Lunga e inutile discussione». Tutto vero. Perché le norme sul dress code non erano mai state cancellate, ma negli ultimi anni semplicemente non venivano fatte osservare. Fino al 2015 il codice d’abbigliamento era scritto sui biglietti e prevedeva anche il completo per gli uomini (scuro in occasione delle prime). Poi con l’Expo 2015 e il previsto arrivo in massa dei visitatori da tutto il mondo, il sovrintendente Alexander Pereira lo aveva fatto togliere. Ed era stato il sovrintendente alsaziano Dominique Meyer, che ha appena lasciato l’incarico, a invocare tolleranza.
Alla Scala nel mirino degli abbonati storici e dei buatori irriducibili restano i turisti che fanno del teatro una passerella: selfie, caos durante gli atti e fuga al primo intervallo. E poi gli spettatori telefono-dipendenti: intenti a fare foto e video durante le rappresentazioni o a consultare gli schermi che con la loro luce disturbano. A poco valgono gli annunci del teatro prima che si alzi il sipario: richiesta di spegnere i cellulari, divieto di scatto e adesso anche invito a non appoggiare gli apparecchi sulle balaustre, dopo che un dispositivo caduto dai palchi aveva colpito un uomo in platea che era pronto alla denuncia. Però ci sono anche le cene nel foyer delle gallerie che vengono preparate durante le recite e che fanno infuriare i loggionisti. «La Scala dovrebbe avere maggiore attenzione al pubblico», ripetono i più assidui frequentatori del Piermarini. Ma viene da chiedersi quanto anche il pubblico abbia rispetto per il teatro e soprattutto per il proprio vicino di posto.

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