Associazioni, movimenti, diocesi: «Alla guerra non ci rassegniamo»

Il mondo cattolico ha accolto l’invito del Papa e pianificano come fare rete organizzare la mobilitazione di autunno, «coinvolgendo le parrocchie»
August 21, 2025
Associazioni, movimenti, diocesi: «Alla guerra non ci rassegniamo»
Siciliani | Cartelli a una preghiera pe la pace organizzata qualche tempo fa dalla Comunità di Satn'Egidio
Il digiuno nella tradizione spirituale cristiana è da sempre segno che definisce e testimonia le priorità della vita personale e collettiva, perché “non di solo pane vive l’uomo”», esordisce don Renzo Beghini, presidente della Fondazione Toniolo, accogliendo con gioia – come tutte le associazioni cattoliche che Avvenire ha sentito – l’invito di papa Leone XIV a vivere questa giornata, in cui ricorre la festa di Maria Regina, in digiuno e preghiera per invocare pace e giustizia.
In queste ore di grandi trattative, nel tentativo di far sedere allo stesso tavolo anche i nemici, il mondo cattolico è in fermento e si interroga su cosa può fare di più per aiutare la pace in ogni luogo martoriato dalla guerra. Con l’estate ormai quasi alle spalle, ricca di incontri su questo tema, la mobilitazione dal basso comincia già a prepararsi per il prossimo autunno, così da rendere la pace sempre più centrale, dentro e fuori dalle parrocchie. «Mi auguro che oltre alle molte iniziative in campo ci sia il coraggio e la capacità di mettere in rete un “popolo della pace”, atenei e intellettuali che destrutturino le guerre e ripensino la pace, imprenditori di economie basate su essa, istituzioni di partecipazione… La pace è la cifra sintetica per la quale mobilitare l’impegno dei cattolici per la vita comune», continua don Renzo che, pur riconoscendo l’importanza dei grandi meeting come quello di Washington, non ha dubbi sul fatto che «la costruzione di contenuto deve partire dalla coscienza pubblica e la non violenza deve contraddistinguere prima di tutto le nostre decisioni, azioni e relazioni».
Nel momento storico che viviamo “la tentazione nel deserto” – riecheggiata sopra – è proprio quella «di abbandonare ogni speranza e rassegnarci al male, che è la guerra», aggiunge invece l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia. Il digiuno e la preghiera sono dunque utili perché «come dice Gesù, certa specie di demoni si scaccia solo così». Oltre a questo valido contributo, però, monsignor Ricchiuti pensa già a cosa si può fare dopo, perché «Gesù ci dice anche che sono beati e felici i miti, i costruttori di pace. Sono appena tornato dalla Palestina, dove abbiamo ascoltato che cosa sta accadendo nelle terre occupate dai coloni israeliani. Noi cristiani e umani dobbiamo fare di più, trovare il coraggio di riprendere i pellegrinaggi, per esempio, ma anche annunciare la pace e cercare di mettere in atto gesti che risveglino le coscienze. Quanti ancora, soprattutto tra i nostri politici, pensano che solo la guerra possa risolvere i conflitti, ma noi dobbiamo far capire che non è così», ribadisce il presule. Anche Ricchiuti si augura che questo autunno continui il cammino iniziato già da tante associazioni cattoliche, unendo sempre più le forze: «A ottobre, quando il Papa riceverà alcuni tra noi di Pax Christi, mi permetterò di dirgli che c’è bisogno che convochi il popolo della pace e lo inviti in qualche modo a gesti più concreti, da aggiungere ai tanti di vicinanza e solidarietà che già vediamo, perché non abbiamo ancora avuto un giubileo delle forze disarmate. Abbiamo bisogno che ci dica quale strada percorrere per levare in alto la voce tutti insieme, inserirci in questo dibattito. Contemporaneamente, dobbiamo far sì che ogni parrocchia sia casa della pace, che questa diventi davvero una delle priorità pastorali. Siamo stati creati per essere fratelli e sorelle, il progetto di Dio per noi è questo».
Nelle parole del mondo cattolico, dunque, la ricerca di unione, unita alla consapevolezza che ogni azione parte da sé. Anche nel prossimo autunno, «la testimonianza del Papa è l’esempio a cui tutti noi dobbiamo anzitutto guardare, imitandolo. I cristiani sono chiamati in questo tempo a essere nella propria vita quotidiana testimoni instancabili di speranza, di perdono reciproco e di amore fraterno. Si parte là dove è ognuno a costruire la pace», ci dice invece Davide Prosperi, presidente della fraternità di Comunione e Liberazione, che oggi, oltre ad aderire «con vigore e fiducia all’appello del Papa», inizia il “Meeting per l’amicizia fra i popoli” a Rimini. «Un evento nato all’interno dell’esperienza di Cl e che desidera essere un contributo il più possibile utile all’impegno per il dialogo e la pace a cui il Papa ci richiama» aggiunge, ricordando che a livello istituzionale «la Santa Sede sta già dando un importante contributo diplomatico».
L'enorme bandiera coi colori della pace fatta sventolare durante una giornata di preghiera nel Duomo di Napoli - Ansa
L'enorme bandiera coi colori della pace fatta sventolare durante una giornata di preghiera nel Duomo di Napoli - Ansa
Da parte delle associazioni che chiedono la pace, l’attenzione verso questo tema è costante, «ovunque c’è un grande desiderio di partecipazione», ribadisce poi Giuseppe Notarstefano, presidente di Azione Cattolica, che accoglie «con gratitudine l’iniziativa di digiuno e preghiera del Papa, che ci sta incoraggiando non solo a invocare la pace come dono dall’alto, ma anche a costruirla dal basso nella pratica di una vita comunitaria fatta di dialogo, incontro e inclusione». Di ritorno da un evento sulla pace a Massa Carrara, «dove ho percepito la grande sensibilità pacifista che c’è in questo momento anche a livello laico, seppur nella difficoltà di capire come trasformarla in pressione e azione politica», guardando a settembre il presidente annuncia «una mobilitazione per Gaza e per farci prossimi alla Terra Santa, senza dimenticare l’Ucraina, con la quale abbiamo in corso il gemellaggio dei giovani». Tra le priorità, ci saranno sicuramente il ministero della Pace e la costruzione di incontri con interlocutori istituzionali: «Dopo quelli di questi giorni tra i leader, speriamo in un’azione sempre più coordinata a livello europeo. Sentiamo la nostalgia di organismi internazionali forti, che abbiano un’adeguata autorevolezza rispetto a percorsi diplomatici per la pace». Da cattolico, confessa, «ho speranza nel fatto che l’uomo sia ancora capace di bene, per cui vanno costruite occasioni di dialogo tra visioni contrapposte, per trasformarle in condivise».
Anche Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, è di ritorno da un appuntamento significativo che gli ha ricordato su cosa volgere lo sguardo. «Ero nel Pisano, al funerale di Marah, la ragazza palestinese arrivata da Gaza e morta per malnutrizione all’ospedale di Pisa. Davanti ai miei occhi ho uno dei corpi martoriati da fame e guerra. Ogni iniziativa che possa scuotere le coscienze è fondamentale», aggiunge, pensando all’ultima venuta dal Papa. «Tante singole voci si sono esposte, ma nelle parrocchie non ho ancora visto abbastanza mobilitazione. Dovremmo essere tutti indignati per quello che sta accadendo e chiedere ai governanti di agire, per esempio riconoscendo la Palestina e smettendo di fornire armi a Israele», denuncia Manfredonia. Le Acli, promette, faranno la loro parte: «Una delle iniziative sarà “Peace at work”. Da settembre a dicembre, con una carovana, faremo 70 tappe in tutta Italia, per incontrare il mondo del lavoro, luogo di relazioni, e riconnetterlo al tema della pace e perché l’economia non venga piegata all’industria delle armi». Alla fine di questo tour andranno al parlamento di Strasburgo. «Lì porteremo le richieste e il desiderio di pace raccolto lungo il tragitto, chiederemo che la diplomazia prenda il sopravvento sulle armi. L’Europa del Next Generation e del Safe non ci rappresenta. La sicurezza deve partire dall’unione politica, prima che da una dispersione di soldi nelle armi – conclude –; di fronte a tutto il male che stiamo vedendo non vogliamo essere quella generazione che si è voltata dall’altra parte».

Da Nord a Sud, le diocesi in preghiera

«In un tempo segnato da conflitti e violenze, affidiamo con fiducia alla Vergine Santa le lacrime dei sofferenti, il dolore degli innocenti e la speranza di tutti coloro che attendono giustizia e riconciliazione», così il cardinale vicario Baldo Reina comunica che la diocesi di Roma accoglie l’invito del Papa per una giornata di preghiera e digiuno per la pace, estendendolo a «ogni comunità, parrocchia, famiglia e singolo fedele», così che «il digiuno, vissuto con semplicità e fede e nutrito di preghiera, diventi un segno della nostra comunione e un’offerta di pace».
Sono diverse le diocesi di tutta Italia che hanno diffuso messaggi simili e organizzato appuntamenti di preghiera per la propria comunità. Da Giuseppe Mengoli, vescovo di San Severo, che ricorda come il digiuno chiesto «ci mette nella condizione di rinunciare volontariamente a un pasto per condividere anche solo per un momento il disagio di chi stenta a trovare la porzione minima di cibo per sopravvivere», all’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, che esorta tutti ad aderire nella speranza che «pace e giustizia possano farsi strada là dove oggi prevalgono guerra e odio». Speranza condivisa dalle diocesi di Como, Lodi, Alba, Vercelli e Asti, che riprendendo le parole di Leone XIV chiedono di supplicare il Signore affinché «conceda pace e giustizia e asciughi le lacrime di coloro che soffrono a causa dei conflitti in corso». In comunione alle altre, la Chiesa di Arezzo-Cortona-Sansepolcro si unisce all’appello, «chiedendo alle comunità ecclesiali di invocare il dono della riconciliazione per il mondo che – come ha sottolineato il Santo Padre – continua a essere ferito da guerre in Terra Santa, in Ucraina e in molte altre regioni». «Continuiamo a fare nostro il pressante appello del Papa, che dal giorno della sua elezione, l’8 maggio scorso, invoca senza sosta il dono di una “pace disarmata e disarmante” e sprona tutte le Chiese a pregare e ad adoperarsi, a ogni livello, per favorire occasioni e iniziative di riconciliazione», aggiunge il vescovo Andrea Migliavacca.
«Non manchi in ogni famiglia – dice invece l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Ivan Maffeis – un momento di preghiera e un segno di rinuncia, che aiuti a far spazio a gesti di riconciliazione e di fraternità, a partire dai rapporti personali. La Vergine Maria, Regina della pace, “interceda perché i popoli trovino la via della pace”». Anche il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, Mariano Crociata, ha chiesto di raccogliere l’invito del Santo Padre e diffonderlo, sottolineando che la notizia di droni arrivati fino a Leopoli, che hanno provocato morti e feriti e tanta distruzione, «mi conferma della necessità che il processo di pace si rafforzi e si acceleri», per «l’Ucraina, la Terra Santa e i tanti luoghi del mondo devastati dalla guerra». Anche la diocesi di Treviso rilancia a tutti i fedeli l’invito, spiegando che l’incontro tradizionale estivo dei missionari con il vescovo avrà il tono di riconoscenza per il tanto bene operato dai propri missionari, anche in zone del mondo dove la povertà e i conflitti colpiscono popolazioni inermi, e di preghiera a Dio, chiedendo l’intercessione di Maria. «La pace può nascere solo dall’offerta del proprio perdono quando qualche fratello commette una colpa contro di noi e dall’esperienza di accoglienza della propria richiesta di perdono», conclude Riccardo Lamba, arcivescovo di Udine, accogliendo tra i tanti la richiesta del Pontefice.

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