Al Bambino Gesù c'è un nuovo laboratorio di terapia genica

L'ospedale festeggia i 40 anni di Irccs con l'inaugurazione di altri 700 metri quadri dedicati alla ricerca. Parolin: qui scienza e umanità camminano insieme. Onesti: il progresso non resta in laboratorio ma attraversa le vite dei pazienti
October 28, 2025
Uno dei moderni macchinari del laboratorio di terapia genica che permetterà di produrre e infialettare i farmaci. Ufficio stampa Bambino Gesù
Uno dei moderni macchinari del laboratorio di terapia genica che permetterà di produrre e infialettare i farmaci. Ufficio stampa Bambino Gesù
I locali profumano di nuovo, anche se in ogni laboratorio ci sono già i ricercatori al lavoro (molte donne e quasi tutti giovani). Il nastro è ufficialmente appena stato tagliato, ma la ricerca non inizia certo adesso nel nuovo laboratorio di terapia genica del Bambino Gesù, inaugurato ieri nella sede di San Paolo e finanziato con 19,5 milioni dal Pnrr nell’ambito del progetto condotto dal Centro nazionale di ricerca e sviluppo di terapia genica e farmaci a Rna.
L’ospedale del Papa, infatti, celebra i 40 anni come Ircss (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) con il traguardo di ulteriori 700 metri quadri che serviranno a implementare le innovazioni in ambito genico da applicare alla malattie oncologiche e genetiche pediatriche. Qui verranno sviluppati farmaci cellulari geneticamente modificati da produrre nell'adiacente officina farmaceutica dell'ospedale. D’altronde l’ospedale è da sempre pioniere nelle cure, dal primo trapianto di cuore pediatrico in Italia nel 1986, al primo trapianto pediatrico al mondo di midollo da donatore compatibile a metà nel 2010, fino alla prima terapia genica con cellule CAR-T su un tumore solido (il neuroblastoma) nel 2018 o, lo scorso anno, ai primi pazienti al mondo in ambito pediatrico con malattie autoimmuni trattati con terapia genica.
Quarant’anni di traguardi ripercorsi ieri nell’evento che ha preceduto l’inaugurazione dei nuovi spazi di ricerca. «Dietro a ogni traguardo, ci sono persone, storie, volti - ha ricordato il segretario di Stato Pietro Parolin -. Ci sono bambini e famiglie che hanno ricevuto nuove speranze, ci sono ricercatori e medici che hanno trovato nuove soluzioni, ci sono team interdisciplinari che hanno trasformato i risultati scientifici in percorsi di cura concreti». Da 40 anni, infatti, l’ospedale «unisce scienza e carità, fede e intelligenza, ricerca e cura, per testimoniare che ogni bambino, ogni persona sofferente, è il volto di Cristo da accogliere e da amare». La ricerca e la cura sono entrambe vie della stessa chiamata, ricorda ancora Parolin, «servire la vita. Una responsabilità che unisce l’etica, la scienza e la solidarietà. Il Bambino Gesù, infatti, non si distingue solo per il suo “sì” alla ricerca, ma anche per ciò che non smette mai di fare: non dire “no” a nessuno».
Il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin nel corso del convegno "La ricerca per la cura" insieme al presidente del Bambino Gesù Tiziano Onesti. Ufficio stampa Bambino Gesù.
Il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin nel corso del convegno "La ricerca per la cura" insieme al presidente del Bambino Gesù Tiziano Onesti. Ufficio stampa Bambino Gesù.
Questo infatti è «un ospedale da amare», lo ha definito il presidente del Bambino Gesù, Tiziano Onesti, in cui «la ricerca è legata all’etica. La nostra storia è fatta di progresso che non resta nei laboratori , ma attraversa i reparti, attraversa le vite». Ciò che ha contraddistinto l’ospedale, aggiunge perciò il ministro della Salute Orazio Schillaci, «vi siete contraddistinti grazie alla capacità di applicare l’innovazione su base quotidiana a una solida cultura della ricerca, alla disponibilità delle migliori competenze professionali. Tutto ciò mantenendo sempre alta l’attenzione per l’etica e la relazione di cura». Insomma un'eccellenza «nazionale e internazionale», come hanno sottolineato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il presidente della Regione Lazio Rocca.
Una delle stanze per il controllo qualità del laboratorio. Ufficio stampa Bambino Gesù.
Una delle stanze per il controllo qualità del laboratorio. Ufficio stampa Bambino Gesù.
 Il Bambino Gesù fa parte di 5 reti tematiche degli Irccs e di 20 reti di riferimento europee (Ern) per le malattie rare. Ha 2.500 collaborazioni attive con altri enti di ricerca, l'80% delle quali internazionali. Nel 2024 le pubblicazioni scientifiche sono state 1.293. Il personale impegnato nella ricerca è stato di 2.000 persone, i progetti di ricerca attivi sono stati 458 mentre gli studi clinici 550. Il Bambino Gesù gestisce anche la più ampia casistica nazionale di malati rari in età pediatrica. Inoltre, negli ultimi 10 anni, ha scoperto e descritto oltre 100 nuovi geni malattia. L'ospedale ha effettuato in tutto più di 1.200 trapianti di organi solidi e oltre 2.500 trapianti di midollo. 
Il momento del taglio del nastro del laboratorio, ad opera di un ex paziente dell'ospedale. Ufficio stampa Bambino Gesù
Il momento del taglio del nastro del laboratorio, ad opera di un ex paziente dell'ospedale. Ufficio stampa Bambino Gesù
«Oggi è una giornata straordinaria non solo perché si festeggiano i 40 anni di Irccs del Bambino Gesù, ma perché si inaugurano i nuovi laboratori di Terapia genica che permetteranno di traslare al letto del malato sempre più terapie con le cellule Car-T, la forma più sofisticata ed estrema di Immunoterapia, andando così ad ampliare le soluzioni terapeutiche che possiamo offrire ai bisogni insoddisfatti dei bambini che soffrono di neoplasie sia ematologiche che dei tumori solidi», spiega Franco Locatelli, responsabile del Centro Studi Clinici Oncoematologici e Terapie Cellulari del Bambino Gesù di Roma, aggiungendo che nei laboratori lavoreranno soprattutto giovani, «il futuro dell'ospedale. Il nostro obiettivo è formare giovani che abbiano il demone della ricerca con la sua insaziabile volontà di arrivare a delle risposte».  Finora, sottolinea il direttore scientifico del Bambino Gesù Andrea Onetti Muda, «decine di migliaia di bambini hanno ricevuto nel nostro ospedale cure che prima non esistevano. E tante famiglie hanno potuto guardare al futuro con speranza».
 

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