Vita

L’incidente nel 2005. Morto Alessandro Pivetta, da 15 anni in «minima coscienza»

Lucia Bellaspiga martedì 21 gennaio 2020

Alessandro Pivetta

Dal giorno di Ferragosto del 2005 Alessandro Pivetta era in quello che gli scienziati chiamano «stato di minima coscienza». Un incidente d'auto a vent'anni aveva fermato la sua corsa di atleta. Giocava infatti a calcio in serie B e per questo non aveva mai voluto prendere la patente, temendo di farsi male. Alla guida c'era un amico. In questi 15 anni Alessandro con i suoi genitori Giancarlo e Loredana non ha però mai smesso di testimoniare il valore della vita e donare tutto se stesso: la voce della sua famiglia si era sempre alzata chiara e forte per dire che la vita ha senso fino all'ultimo respiro. Nel nome di Alessandro si era costituita un’associazione, gli Amici di Ale, e a Pordenone stava per sorgere una Casa dei risvegli. Alessando, 34 anni, è morto, lasciando dietro di sé una scia di luce i cui segnali «Avvenire» ha raccontato più volte nel corso degli anni.

Alessandro Pivetta con la madre - Bellaspiga

«La salita al cielo di Ale non fermerà i nostri progetti – raccontano ora madre e padre –, entro fine mese porteremo il progetto della casa in Regione e con ancora più forza». «Da un anno le condizioni di Ale stavano peggiorando, negli ultimi giorni l'anemia era gravissima, il midollo non funzionava più – spiega Giancarlo Pivetta –, così in accordo con i medici abbiamo chiesto che le sue ultime ore di vita fossero accompagnate con la sedazione assistita. Ale non ha sofferto. Ha sempre donato tutto di sé e ora continuerà a farlo: domani donerà le cornee e i bulbi oculari. Qualcuno continuerà a vedere il mondo con gli occhi azzurri di Ale».
L'ospedale di Pordenone, reparto Medicina d'urgenza, è stato sempre vicinissimo alla famiglia e ha agito con grande professionalità. «Nessuno ha accorciato la vita di Ale, la sedazione profonda non è eutanasia», ricordano i familiari che sempre si sono battuti per questi valori: «È solo un modo dignitoso di morire senza provare sofferenza».