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Ormai, che vinci o perdi inginocchiati davanti agli ultrà

lunedì 22 maggio 2023

Riproponiamo il quesito stagionale: siamo uomini o capi ultrà? Chi ha detto che nel calcio globale il tifoso non conta più niente? Magari conta poco la maggioranza silenziosa del tifoso divanato, pacifico davanti alla tv nel suo salottino marròn. Ma il tifoso, quello cioè malato di tifo da ultimo stadio, che quando perde il Milan torna a casa e picchia la moglie (cito la premiata ditta Jannacci-Viola autori di Quelli che…), beh quello conta eccome. E fa anche parecchio paura. Secondo loro, il rispetto si ottiene con la violenza e questa è una legge non scritta che vale per tutti gli ultrà, di tutte le categorie. Anzi se si scende dalla A alla C, passando dalla cadetteria, spesso è un viaggio al termine della notte. Infernale, la notte vissuta dal Foggia che, sconfitto in trasferta nella gara d’andata dei playoff, 4-1 dai cugini del Cerignola, sono stati accolti al ritorno in città da quelle che Frengo e Stop (Antonio Albanese) chiama mazzete e doppie mazzete. Scene di ordinaria follia: bastonate e sassate al pullman da parte dei veri satanelli, che non sono quelli stampati sulla maglia del Foggia, ma questi “fuorilegge” che hanno teso un agguato da briganti della Capitanata nell’800. I colleghi ultrà di Perugia, venerdì sera dopo la retrocessione della squadra in C, hanno appeso a un cavalcavia dei manichini con le maglie dei calciatori del Grifo e lo striscione drammaticamente inequivocabile riferito agli impiccato recitava: «Vi vogliamo così». Non vogliamo vedere tifoserie del genere, ma neanche assistere a dirigenti, calciatori e allenatori ostaggio dell’orda balorda. Ha fatto bene Mauro Berruto nella sua rubrica settimanale a stigmatizzare la scena pietosa delle scuse pubbliche che il Milan ha reso alla Curva dei suoi tifosi dopo la sconfitta sul campo dello Spezia. Immagini che hanno riportato alla resa incondizionata di quei calciatori del Genoa che furono costretti a togliersi la maglia, perché indegni di indossare la casacca del Grifone. Al Milan almeno non è stato chiesto di spogliarsi, ma non è stato bello vedere, sottolineava Berruto, l’allenatore Stefano Pioli, che porta i suoi ragazzi, i suoi professionisti, a capo chino e con lo sguardo da anime candide a chiedere scusa alle anime nere della Curva. Prima del Milan lo ha fatto anche l’Inter e che la scena si ripeta sempre allo stadio Picco, viene da pensare che Spezia sia la Canossa del terzo millennio. Chi perde lì, si deve inginocchiare agli autorevoli signori dei secondi anelli di San Siro. E anche in quella circostanza, il nevromister Simone Inzaghi con i suoi giocatori andò sotto la Curva a chiedere l’indulgenza plenaria per la sconfitta della grande Inter contro il piccolo Spezia. Ora che l’Inter vola - è in finale di Coppa Italia e di Champions - può concedersi il lusso di andare sotto la Curva e cantare anche le “canzoni proibite” dagli ultrà. Come ha fatto Di Marco dopo la vittoria dell’euroderby con il Milan, salvo poi doversi scusare con gli ultrà interisti per aver leso i “patti di non belligeranza” con i cugini milanisti. Rob de matt! Prima della fine del campionato aspettiamoci altre sceneggiate dall’ordine degli inginocchiati.