Rubriche

la cataratta

Gianfranco Ravasi mercoledì 22 marzo 2006
La filosofia può levare la cataratta alla nostra cecità. Ma a quel punto noi dobbiamo vedere coi nostri occhi.Così scriveva il filosofo Karl Jaspers nell"opera Sulla verità del 1947. L"immagine è suggestiva e di per sé varrebbe anche per altre discipline oltre alla filosofia: esse hanno il compito di purificare o raddrizzare la vista della mente. Non possono, però, sostituirsi all"occhio e al cervello umano che devono impegnarsi a funzionare in proprio. In un certo senso filosofia e scienza e, più generalmente, la scuola dovrebbero rendere capaci di pensare e non confezionare ricette di soluzioni da far ingoiare come pastiglie. E qui entriamo nel campo delicato dell"esercizio del "pensare bene" che non è identico al "ben pensare" del "benpensante", spesso conformista, inerte ripetitore di luoghi comuni.Noi, però, vorremmo un po" liberamente fare due applicazioni modeste. La prima riguarda la necessità di togliere la cataratta dagli occhi dell"anima: intendiamo riferirci all"accumulo di immagini stupide, di figure volgari, di pensieri vani, di modelli banali. Purificare lo sguardo fisico e interiore con meno televisione e più letture autentiche, con meno chiacchiera e più riflessione. La seconda nota che vorremmo proporre punta, invece, alla capacità di giudizio, al saper criticare argomentando, al farsi un"opinione autonoma in modo ponderato e serio. Sospettare di tutto e bere tutto sono due estremi da evitare, entro i quali però si deve esercitare la propria valutazione con discernimento e pacatezza, ricordando sempre quello che diceva il poeta francese Alfred de Musset: «Ognuno ha i suoi occhiali, ma non sa mai troppo bene il colore delle lenti».