Opinioni

Il direttore risponde. Questo tempo difficile e i gesti che servono

Marco Tarquinio sabato 16 agosto 2014
Gentile direttore, è un giorno di riflessione e (quasi) di ferie. E mi torna in mente il Vangelo di domenica 3 agosto, con quel «date voi stessi da mangiare» da brivido. Tutto bene, poi però mi sono guardato in giro e ho letto del recente, ennesimo tragico sbarco di profughi e migranti e di papa Francesco che insiste sui poveri e sui perseguitati, che chiede di «non voltare la faccia dall’altra parte». E ho pensato che posso far tutt’uno con il «rimetterci del nostro» a cui quella domenica ci ha sollecitato il sacerdote. Mi creda, anche quando mi volto dall’altra parte, qualcosa dentro mi interroga... Ma sa con tre figli da avviare alla vita, forse obbligati a emigrare, questa è, sì, per me, qui e ora, la povertà più prossima. Mi sorge la domanda su cosa debbo fare ancora, quando ad esempio la semplice spesa alimentare – niente di lusso s’intende – costa dal 30 al 40% in più di quanto pagano i miei cugini tedeschi. E vengo al dunque: mi piacerebbe che dai pulpiti e, soprattutto, dagli scranni prima di usare parole e argomentazioni importanti, magari buttate a effetto, si cerchi o almeno si provi a immedesimarsi di più nella realtà dell’oggi, di famiglie regolari (sono la maggioranza) che faticano e sudano il proprio pane quotidiano, onestamente, senza dimenticarsi, appena possibile, anche dell’altro. Mi scusi se è anche un piccolo sfogo, buone ferie a lei e famiglia. Claudio Donati, Villasanta (Mb) Ognuno di noi, caro e gentile dottor Donati, sa in modo unico e speciale della fatica di vivere, di costruire e di sperare in questo tempo difficile. Diversamente e duramente difficile, ma non più difficile, io credo, dei tempi che toccarono ai nostri genitori e ai nostri nonni. Tutti loro sentirono la stessa Parola e gli stessi richiami che noi sentiamo. E, nel loro tempo e a loro modo, affrontando ostacoli, commettendo errori, sperimentando contraddizioni, onorarono i doveri verso la famiglia e la comunità, praticarono la carità cristiana e i doveri di solidarietà che, anche laicamente, ne discendono. Le forze e le risorse di cui disponiamo sono state e saranno sempre indispensabili, ma mai sufficienti: per questo ci affidiamo a Dio, attraverso la preghiera per noi stessi e per gli altri. Quella stessa preghiera che oggi i nostri vescovi, all’unisono con Papa Francesco, ci chiedono di dedicare specialmente ai fratelli di fede perseguitati e a tutti coloro che soffrono violenze e odiose discriminazioni a causa della propria fede. A noi spetta, pure così, di continuare una lunga storia di dedizione umana e cristiana. Ma è vero, verissimo, che oggi come ieri si comincia sempre dal prossimo più prossimo. Perché solo chi pratica questa prima, fondamentale e accogliente fedeltà, sa fare, dare e sostenere di più. Quanto a ciò che dai “pulpiti” ci viene raccomandato, semplicemente so che coloro per i quali «vivere è Cristo», e in quella direzione sono chiamati a spronarci, non possono proprio tacere. E so anche, esattamente come lei, che quanti parlano dagli “scranni” – cioè tutti quelli che si sono candidati e sono stati scelti per servire il bene comune – non possono e non devono limitarsi alle parole a effetto, sono tenuti a toccare con mano la realtà e a “fare effetto” (come e più di noi altri che scriviamo e facciamo titoli sui giornali...). Su questo si viene giudicati, di questo si rende conto. Buona festa dell’Assunta e buon Ferragosto a lei e a tutti gli amici lettori.