Opinioni

Il direttore risponde. Omologati, per ideologia o inerzia

martedì 25 gennaio 2011
Caro direttoreabbiamo commentato tra amici sacerdoti l’editoriale di Maurizio Patriciello nella edizione di domenica 23 gennaio. È emerso tra noi il desiderio di ringraziare don Maurizio per il suo sereno e chiaro intervento. Ci ritroviamo in ogni sua riga, in ogni sentimento da lui espresso. Grazie anche per il titolo che lei gli ha dato. Siamo stufi di fango e di banalità volgare, che viene dal "contestualizzare" forzosamente i comportamenti generali della politica italiana, che giustifica in nome del buon governo ogni comportamento personale e di partito. Ma stufi anche di chi si manifesta in maniera altrettanto becera nella risata grossolana, priva di critica doverosa, davanti alla vignetta durante Annozero. Lo abbiamo percepito come sputo in faccia alla esperienza di tante persone, preti e no, che in Italia stanno davvero dando molto accanto alle persone. Abbiamo anche percepito con sofferenza il silenzio di molti dell’associazionismo cattolico, silenziosi di fronte al Moloch di Annozero e dei Tg pilotati. Grazie direttore: il giornale è in questo momento punto di riferimento per discutere serenamente, nella diversità, dei problemi della nostra Italia. E le giro una domanda: ma il giornalismo italiano come può essere arrivato a livelli così bassi e omologati?

don Mario Benedini, Brescia

Si scende in basso e ci si omologa, caro don Mario, quando i giornalisti mettono se stessi in primo piano e quando le "opinioni di gruppo" incrostano a tal punto i fatti da renderli, appunto, opinabili (perché ormai piegati dal peso che li grava, e a volte proprio irriconoscibili). Tanti di noi, purtroppo, non sanno più schierarsi – la realtà ci provoca a farlo, ogni giorno – senza sacrificare al Moloch di riferimento e senza mettersi in riga in uno degli eserciti schierati a battaglia o nei plotoni d’esecuzione dello sberleffo politicamente corretto. Ma c’è anche tanta frettolosità e un po’ di pigrizia in un certo modo di informare che si uniforma al peggio e s’incattivisce, così, quasi per inerzia. Noi ci proviamo e ci proveremo ancora, stia pure certo, a fare giornalismo nell’altro modo: quello che parte dalla realtà dei fatti e con essi prima di tutto fa i conti, ma che non nasconde di avere opinioni e valori chiari di riferimento e motivate passioni, quello che prova a pensare ai lettori come interlocutori decisivi e non come soggetti da arringare. Grazie dei suoi grazie e del suo sereno incitamento.