Opinioni

Europa. Chiedere scusa all’Africa il coraggio che ci serve

Alberto Mattioli venerdì 26 luglio 2019

L’Europa chieda scusa all’Africa. Ne abbia il coraggio. Sarebbe un gesto di dignità morale, politica e storica, se la nuova legislatura del Parlamento di Strasburgo si aprisse con un atto di contrita consapevolezza circa il ruolo predatorio che nei secoli e ancora oggi, tutti (o quasi) i Paesi europei hanno avuto nei confronti di quel continente. Se siamo ancora capaci di memoria e di pensiero dobbiamo ricordare e riconoscere i ripetuti sfruttamento umani, le varie forme di schiavitù e le depredazioni delle enormi risorse altrui, e dunque dovremmo deciderci a chiedere scusa. Se ancora siamo capaci di provare sentimenti di colpa, vergogna, pietà e compassione, non dovremmo esitare.

Se è vero che costituzioni, diritti e giustizia e abbiamo fatti nostri si fondano sulla centralità della persona, senza distinzioni di pelle e origine e convinzioni, dovremmo chiedere scusa. Se è vero che crediamo in libertà, uguaglianza e fraternità, dovremmo chiedere scusa. Se riconosciamo che i nostri Pil grondano grasso grazie anche alle vendite di armi, da importazioni che sfruttano il basso costo della loro manodopera e da fatto nascondiamo nei loro territori i rifiuti che non smaltiamo nelle nostre terre, allora dovremmo chiedere scusa. Se riconosciamo che per sostenere la nostra agricoltura accettiamo che nei campi i figli d’Africa siano sfruttati sotto il sole per pochi euro al giorno e quando si fa sera non vogliamo sapere della loro esistenza, allora dovremmo chiedere scusa. Se invochiamo le radici cristiane dell’Europa, allora a maggior ragione dovremmo ascoltare la voce della coscienza e saper chiedere scusa per averli messi in croce.

E, soprattutto, se oggi di fronte alla temeraria speranza che porta tanta povera gente a disperatamente a gettarsi nel mare tra loro e noi, arriviamo persino a negare tra paura e collera il primo gesto che ci rende 'umani', cioè la mano tesa a soccorso, dobbiamo deciderci chiedere scusa. Sì, dobbiamo chiedere scusa e cambiare registro. E per cominciare dobbiamo riconoscere e ringraziare i tanti missionari laici e religiosi, i tanti giovani che si prodigano per portare soccorsi e futuro, riscattando la nostra indifferenza e cinismo. I buoni samaritani del nostro tempo non sono nemici, ma ridanno senso alla nostra esistenza, alle nostre anime e alle nostre leggi. È ora che lo slogan 'aiutiamoli a casa loro' non sia più una furba formula per negare soccorsi e spazi qui da noi, ma un reale piano politico ed economico di sostegno allo sviluppo.

A che cosa servono, che senso hanno gli enormi sviluppi tecnico-scientifici ed economici conseguiti in questo ultimo secolo se non siamo capaci di affrontare i drammi che stanno oltre il Mediterraneo e da cui inevitabilmente di dipende il futuro delle nostre invecchiate civiltà? Verrà forse il giorno che i popoli che abitano il continente africano ci porteranno tutti a giudizio dinanzi alla storia, ma ciò che è certo già oggi è che ne dovremo rendere conto a Dio. Parafrasando De André: se questo naufragio fa a meno del nostro coraggio, se pensiamo che tutto passerà risparmiando la nostra vita e siamo convinti di allontanare la paura di cambiare, per quanto noi ci crediamo assolti siamo per sempre coinvolti. Che la pietà non ci rimanga in tasca. E che la retta coscienza finalmente trionfi.