Attualità

TERRA DEI FUOCHI. Rogo in fabbrica, allarme contaminazione

Pino Ciociola mercoledì 4 settembre 2013
Entra nel naso, in gola e negli occhi e fa venir voglia di vomitare. Non era un fuoco normale. Non è fumo normale. Ma l’emblema dell’andazzo da queste parti è nelle parole dell’ingegnere Salvatore Di Costanzo, capo dell’Ufficio ambiente del Comune di Orta di Atella, nel Casertano. Sopralluogo due giorni dopo l’incendio (il sindaco Brancaccio si sta ancora aspettando che passi): «Da quanto vedo non è bruciato nulla di pericoloso». Il cronista trasale e rimane in silenzio. L’ingegnere si accorge di una telecamera e chiede di non essere ripreso. Passano cinque minuti: «Già sento i bronchi stretti e un peso sul petto. Ci vorrebbe la mascherina...», sussurra. Così adesso è impossibile starsene zitti: «Ma come, non aveva appena detto lei che "non è bruciato nulla di pericoloso"?!».L’Eurocompost (azienda che nacque grazie anche a fondi europei) avrebbe dovuto disidratare biomasse organiche, poi si scoprì che trattava rifiuti e nel 2009, dopo proteste anche accese dei cittadini, venne chiusa e fallì. Avvenire due mesi e mezzo fa aveva raccontato quest’ennesima potenziale tragedia della "Terra dei roghi" attraverso un videoreportage che il 26 giugno mettemmo on line sul nostro sito («Un’altra "bomba" abbandonata. Orta di Atella: peperoni, pomodori e rifiuti tossici»).Le strutture erano state abbandonate, anzi dimenticate. Vi rubarono tutto: non resta più niente, neppure recinzione, porte, finestre. E via via, poi, vi sversarono anche di tutto. Già stracolma di materiali pericolosi (come acidi e solventi nella palazzina che ospitava gli uffici), alle pareti dei suoi capannoni campeggiavano cartelli beffardi: «È obbligatorio proteggere le vie respiratorie». Tranne uno, anche quei cartelli sono stati sciolti dalle fiamme. Perché ai capannoni hanno appiccato il fuoco. E la puzza nauseabonda non è soltanto di bruciato.Qui i giochi vanno facendosi più pesanti: da una parte c’è la voglia di "cancellare" col fuoco quante più prove si possa e dall’altra il gran desiderio della camorra d’infilare le mani nell’enorme barattolo di marmellata delle bonifiche. Del resto, negli uffici dell’Eurocompost erano già stati bruciati documenti a quintali, chissà per quale motivo. Nelle ultime settimane hanno anche fatto sparire la targa che testimoniava come «l’investimento agevolato presso questa unità produttiva» venne «confinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale» (documenti bruciati e targa che si vedono nitidamente nel nostro videoreportage).Così ieri mattina «ci sono dei giornalisti all’Eurocompost», vengono a sapere in Comune. E dieci minuti dopo ecco un paio d’auto della Municipale, con due o tre uomini compreso un ufficiale, ed ecco l’ingegnere, che qui non s’era mai visto prima, venire a fare il "sopralluogo" dopo l’incendio.Nel grande capannone è bruciato tutto, i Vigili del fuoco hanno passato ore a combattere le fiamme prima di domarle, mentre una colonna di fumo nero e oleoso si vedeva a chilometri di distanza, mentre ceneri tossiche ricadevano lentamente in un raggio di centinaia e centinaia di metri sopra pomodori, peperoni e melanzane (che arriveranno sulle tavole di mezza Italia) e la puzza raggiungeva le cittadine vicine.L’ufficiale apre il portabagagli dell’auto di servizio. Tira fuori un nastro bianco e rosso, un pennarello rosso, qualche foglio di carta e una bomboletta di vernice spray (rossa). Ed ecco la messa in sicurezza del sito: qualche decina di metri di nastro, la scritta a mano col pennarello sul foglio «Polizia municipale. Pericolo non avvicinarsi!». Ma il meglio arriva tra poco, quando l’ufficiale prende la bomboletta e su tre muri della Eurocompost scrive «Vietato entrare. Zona contaminata». Ma come? Contaminata? E da cosa, se «non è bruciato nulla di pericoloso»?Poche ore e il foglio (che era stato fissato al nastro bianco e rosso anche con gambi attorcigliati di foglie...) s’è già quasi strappato. Il Comune per primo, ma con ogni istituzione locale, sapeva dell’Eurocompost e denunce di cittadini e di loro comitati ce n’erano da anni. Nessuno ha fatto alcunché. Né alcunché verrà fatto neanche adesso.La risposta dal Comune è la solita, un disco rotto: «Non ci sono soldi». Fioccheranno allora altre inutili (e mai rispettate) ordinanze e si riaccenderanno rimpalli di responsabilità, sarà rinnovata la richiesta al curatore fallimentare dell’Eurocompost di bonificare il sito e arriverà la risposta che non c’è un centesimo per farlo, verrà sprecato tutto quanto il tempo possibile fra le carte bollate. Stavolta però i cittadini di Orta sembrano non poterne più: sono scesi sul piede di guerra, denunceranno il Comune e chiederanno l’analisi dei materiali bruciati in quel capannone. Idea, quest’ultima, che in quattro anni non è stranamente mai venuta al Comune nemmeno per conoscere cosa c’è (c’era) lì dentro...A proposito, sempre dal Comune ci tengono a sottolineare e ripetere quanto sia «difficile intervenire» in quel sito «perché è una proprietà privata»: come dire che potremmo tranquillamente mettere testate nucleari nel nostro giardino, una proprietà privata, che poi sarebbe difficile intervenire...