Agorà

La musica. Le 5 canzoni indimenticabili di Franco Battiato

Massimo Iondini martedì 18 maggio 2021

L’era del cinghiale bianco (1979)
È l’inizio della sua svolta pop, dopo quasi un decennio di sperimentazione elettronica. Battiato trova qui la sintesi di un cammino musicale che non aveva fino ad allora incontrato il riscontro del pubblico grazie al sodalizio con il compositore Giusto Pio, di estrazione classica. L’album è aperto dalla title track con quell’imperioso e indimenticabile refrain di violino. Il testo echeggia miti antichi e lontani ed è subito un manifesto della poetica di Battiato.


Centro di gravità permanente (1981)
Una hit assoluta a rappresentare l’album dei record, “La voce del padrone” uscito nell’ottobre del 1981 ma esploso oltre sei mesi dopo diventando una sorta di colonna sonora della primavera-estate. Qui l’apparente nonsense testuale di Battiato tocca la vetta tra contrabbandieri macedoni e gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming. Il brano e l’intero album costituiscono un vertice di sintesi tra testi, melodie e armonizzazioni anche grazie all’eccellente lavoro del team di musicisti e delle registrazioni negli studi di Alberto Radius.


E ti vengo a cercare (1988)
Capolavoro del 1988 contenuto nell’album “Fisiognomica”, diadema di perle assolute. Tra amore terreno e proiezione ultraterrena, sintesi insuperabile di intensità emotiva e di elevazione spirituale. Battiato gioca su più livelli, tra passione e ricerca di emancipazione dall’incubo della dimensione terrestre e carnale. La cantò davanti a papa Giovanni Paolo II in Vaticano e in un istante di emozione e di “rapimento mistico” si interruppe commosso.


Povera Patria (1991)
Un brano intriso di passione civile, tra rassegnazione e inevitabile speranza. È la prima e forse anche l’ultima canzone di Battiato totalmente politica (se si eccettua “Inneres Auge”, del 2009, l’estate delle escort e delle relative polemiche). Battiato sembra presagire ciò che succederà l’anno successivo con le stragi di Capaci e di Via D’Amelio, dolendosi tra commozione e indignazione di una politica e di un’etica civile sopraffatte dall’affarismo, dalla corruzione e dalla violenza. Non cambierà, canta nel finale per giungere però in extremis a un accorato e speranzoso: vedrai che cambierà.


La cura (1996)
Culmine della sua poetica musicale. Un brano che è entrato sottopelle nel cuore e nell’anima di un vasto pubblico. Ma si va oltre il sentimento popolare di “E ti vengo a cercare”, qui si percepisce, tra terra e cielo, la quintessenza dell’amore di Dio e della sua cura del cuore del Creato: noi esseri umani. Chiamati a tendere a curarci tra di noi, così come il Signore ci cura.