Shai, la stella dei Thunder: famiglia, bimbi fragili e canestri

Gilgeous-Alexander ha trascinato Oklahoma in finale. Cresciuto nelle scuole cattoliche, la medaglia ai piccoli in ospedale, il legame con la moglie: «Mio figlio mi ricorda ciò che conta nella vita
June 4, 2025
Shai, la stella dei Thunder: famiglia, bimbi fragili e canestri
Reuters | Shai Gilgeous-Alexander, fuoriclasse canadese degli Oklahoma City Thunder
Il nome completo sarebbe Shaivonte Aician Gilgeous- Alexander. Trentadue lettere, il nome più “lungo” oggi in Nba. Sebbene stia marchiando il campionato dei sogni statunitense con una sigla breve, l’acronimo “SGA”. Lunga però è stata la gavetta del giocatore che sta facendo sognare Oklahoma City trascinando i Thunder in finale contro gli Indiana Pacers. Un epilogo inatteso, tra due squadre che non hanno mai conquistato l’anello. Ma ancora più sorprendente è stato l’exploit di Shai su cui nessuno era pronto a scommettere. Canadese di Toronto, 26 anni, fisico non da gigante dei parquet (alto 198 centimetri), in Nba non è arrivato certo con le fanfare e le sponsorizzazioni mediatiche. Solo undicesima scelta al draft, scaricato subito da Charlotte che aveva puntato su di lui. Lo stesso hanno fatto i Clippers che lo hanno scambiato senza esitazione per avere Paul George. Mai al centro del gossip o di polemiche, Shai è finito così a Oklahoma, quartultima franchigia Nba per valore di mercato. Eppure lavorando sodo si è caricato da subito la squadra sulle spalle.
La storia dei Thunder è recente. Sono nati solo nel 2008 raccogliendo l’eredità degli iconici Seattle SuperSonics, che un titolo Nba lo vinsero nel 1979 e furono grandi protagonisti degli anni Novanta con Shawn Kemp e Gary Payton. Il trasferimento fu legato al progetto di risollevamento finanziario e morale di Oklahoma City dopo lo sconvolgente attentato del 1995. Il nome SuperSonics, così come i colori e il logo, furono lasciati alla città di Seattle in vista di un possibile ritorno nella Nba (pare vicino). La nuova franchigia fu invece ribattezzata Thunder (“tuono”, in italiano) in riferimento alla posizione di Oklahoma nella Tornado Alley, la zona centrale degli Stati Uniti dove si sviluppano il maggior numero di tempeste e tornado. Di fatto però la squadra è riuscita a centrare la finale Nba solo una volta, nel 2012, (sconfitta poi dai Miami Heat di LeBron James).
Con l’arrivo di Gilgeous-Alexander è tornata stabilmente ai vertici raggiungendo quest’anno l’ultimo atto con una cavalcata incredibile. Il fuoriclasse canadese è stato protagonista di una stagione regolare mostruosa: 72 partite consecutive sopra quota 20 punti realizzati, record in epoca moderna, superato perfino il grande Michael Jordan. A lui è andato il premio di Mvp, miglior giocatore della regular season, che per il settimo anno di fila è stato assegnato a un cestista nato fuori dai confini degli Stati Uniti: nel 2019 l’ultima vittoria a stelle e strisce con James Harden, poi due volte al greco Gianni Antetokounmpo, tre volte al serbo Nikola Jokic e una al cittadino americano ma camerunense di nascita Joel Embiid. Gilgeous-Alexander è il secondo canadese di sempre dopo Steve Nash ad aver vinto l’ambito riconoscimento.
Ma “SGA” ha regalato al Canada anche la prima medaglia in assoluto ai Mondiali (la prima in assoluto a un torneo internazionale dopo le Olimpiadi estive del 1936): il bronzo del 2023 vinto proprio contro gli Usa. Un risultato storico celebrato al ritorno in patria in maniera insolita: una serie di incontri con un’associazione che sostiene anche economicamente e che si preoccupa di aiutare i bambini negli ospedali e le loro famiglie. «La prima medaglia mondiale nella nostra storia – disse – l’ho voluta portare alle persone più importanti del mio Paese, quelle che ogni giorno mi trasmettono gioia, felicità, speranza». Con i più piccoli del resto ha un rapporto speciale: «Sono stato bambino anch’io e sono cresciuto sognando l’autografo di Kobe Bryant. Per questo cerco di rendere felici tutti i miei fan».
Così come non ha mai dimenticato le scuole cattoliche in cui è cresciuto: la Regina Mundi Catholic Elementary School e la St. Thomas More Catholic Secondary School, entrambe ad Hamilton, città dell’Ontario. Un affetto e un ricordo ricambiato anche sui social dai due istituti scolastici. Dwayne Washington, insegnante alla St. Thomas More, ha detto: « Ho conosciuto Shai durante l’estate in terza media. Venne nella nostra palestra per un provino. Lo portò sua madre. All’epoca era piccolissimo. Probabilmente il ragazzo più piccolo di tutta la palestra. Tutti gli altri cercavano di schiacciare o fare movimenti folli. Lui aveva un foglio su cui scriveva gli esercizi in un angolo della palestra… ».
Dedizione, umiltà, condivisione. Per celebrare il premio di Mvp ha fatto un regalo a ciascuno dei suoi compagni (perfino un orologio Rolex da quasi 17mila dollari): «Senza di loro non avrei vinto niente», ha spiegato. Ma il ringraziamento più toccante è stato quello per la moglie Hailey Summers: «Grazie per tutto quello che sei per me e per nostro figlio Ares – ha detto - Sei stata la prima persona a mostrarmi che cosa significa davvero l’amore e il sacrificio. E non vedo l’ora di passare il resto di questo viaggio della vita con te. Non sarei l’uomo che sono, il giocatore e il padre che sono, senza di te. Grazie per tutto questo». Dopotutto se c’è un momento che lo riempie di gioia a fine partita è prendere in braccio il piccolo Ares di un anno: «La cosa migliore di quel momento è che lui non ha idea di cosa stia succedendo: è semplicemente felice di vedermi… Nella vita si rimane intrappolati in così tante cose che in realtà non contano. Mio figlio mi ricorda invece ogni giorno tutto ciò che conta davvero nella vita».

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