Giochi silenziosi, i sogni d'oro dell'azzurro Masetti
Ai Giochi olimpici per atleti sordi di Tokyo il milanese si presenta da campione in carica nel giavellotto e punta al bis: «Lo sport mi ha dato tanto»

«È un grandissimo onore, perché in quel momento non solo rappresenteremo l’Italia, ma tutti gli atleti che saranno presenti, quelli che non sono riusciti a qualificarsi e tutto il nostro movimento».
È emozionato ed orgoglioso Matteo Masetti, 29 anni, milanese di Villa Cortese, scelto dalla Fssi, la Federazione sport sordi Italia, insieme alla pallavolista Ilaria Galbusera, come portabandiera azzurro alle Deaflympics, le Olimpiadi per atleti sordi in programma a Tokyo dal 15 al 26 novembre. «Non me l’aspettavo - spiega il giavellottista, vice campione del mondo in carica- è la prima volta che i portabandiera sono due e sinceramente non sapevo quali fossero i criteri di scelta da parte della Fssi. È stato difficile non dirlo a nessuno, perché lo sapevo da febbraio».
In Giappone Matteo, tesserato per l’Atletica Lecco Colombo Costruzioni, cercherà la conferma dell’oro conquistato alle Deaflympics 2022 in Brasile. «Mi aspetto una gara tirata e spero divertente - racconta Masetti - ultimamente siamo quasi sempre io e lo svedese Theodor Thor a giocarci la vittoria. Cercherò di concentrarmi prima di tutto sulla mia prestazione e poi si vedrà». Un atleta di livello internazionale, quello che si allena a Busto Arsizio, che ai massimi livelli dello sport per sordi ci è arrivato attraverso un percorso particolare. «Fin da bambino ho sempre praticato sport - ricorda - non mi ricordo neanche quanti ne ho provati, dal tiro con l’arco alla pallavolo fino all’atletica, ma mi stufavo presto». «Un anno mi sono iscritto a calcio nella squadra del mio paese - aggiunge - solo che giocavo poco. Ero ingrassato, così con i miei genitori abbiamo deciso di tornare all’atletica che avevo provato con gli amici alle elementari, così per gioco».
Al secondo tentativo l’amore di Matteo per l’atletica sboccia. «Non volevo correre - spiega divertito il campione europeo 2019 - così ho provato i lanci: disco, peso, giavellotto e mi sono piaciuti». Per diverse stagioni l’azzurro, che fin da bambino utilizza un impianto cocleare per sentire, ha gareggiato con gli atleti udenti. «Nel 2017 - ricorda il 29enne - parlando con un giavellottista di Livorno in una competizione per udenti ho scoperto l’esistenza dello sport per sordi. Ho preso contatti con la Federazione ed è iniziato tutto». Dopo pochi mesi Matteo era in pedana alle Deaflympics di Samsun 2017 in Turchia, classificandosi sesto per poi cominciare la sua scalata ai vertici mondiali. Titolo europeo nel 2019 e due secondi posti, nella rassegna continentale nel 2023 e ai Mondiali 2024.
In mezzo l’oro ai Giochi 2022. «In Brasile non ci ero arrivato da favorito, anzi - ricorda Matteo - mi ero infortunato poche settimane prima e con lo staff della Nazionale era stata una corsa contro il tempo per presentarmi in buone condizioni. La gara era cominciata con qualche difficoltà con un lancio uscito male, poi le misure del mio avversario (il polacco Rozumczyk) mi hanno dato una frustata e ho vinto la gara».
Un titolo olimpico, frutto del lavoro quotidiano di Masetti. «Tra periodo invernale, dove non ci sono gare e quello dove competiamo - spiega l’atleta lombardo- la media è di cinque allenamenti alla settimana. Quello che cambia sono i carichi». Un cammino che Matteo ha intrapreso parallelamente al suo percorso di studi. «Sono laureato in scienze motorie all’Università Cattolica di Milano - racconta - e a dicembre, dopo Tokyo prenderò la magistrale. Avevo cominciato con due anni di scienze infermieristiche ma i ritmi erano incompatibili con quelli di un atleta. Ammetto che in alcuni momenti ho dovuto dare priorità all’atletica, magari dando qualche esame in meno per sessione, ma poi mi sono sempre messo alla pari». Un percorso doppio che ha formato Masetti sotto molti aspetti. «Lo sport ti insegna a essere metodico e organizzato - dice il portabandiera azzurro - se tu hai quell’approccio nello sport lo avrai anche nella vita, anche perché le dinamiche sono molto simili». «In più - continua Matteo - fare sport ti aiuta nelle relazioni sociali, perché le persone sorde tendono a relazionarsi soprattutto tra di loro, anche se io, per la mia storia, avendo gareggiato fino a 21 anni con gli udenti, sono un po’ un’eccezione». Tante ragioni per cui Masetti consiglierebbe ai ragazzi e alle ragazze sorde di fare sport. «Non hai nulla da perdere e tutto da guadagnare - dice - innanzitutto ti fa bene, sia al corpo che alla mente, ti aiuta a farti nuovi amici e ti presenta tante occasioni di crescita. Poi se ti distingui potrai viaggiare e fare cose che non hai mai fatto prima».
La carriera del giavellottista è coincisa con un momento di espansione dello sport per sordi in Italia, favorita dal grande lavoro della Federazione, che tra l’altro ha costruito il Centro Federale di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia), dove gli atleti come Matteo si possono allenare nelle migliori condizioni possibili. «A livello di numeri - spiega il lombardo - siamo in ripresa dopo il Covid. Il dato confortante è che arrivano sempre più atleti giovanissimi, ragazzi e ragazze di 16-17 anni che vogliono provare». «In più la scelta del Gruppo Sportivo Fiamme Oro di arruolare un atleta sordo (lo sciatore alpino Luca Loranzi, ndr) - aggiunge - spero possa aiutare a fare conoscere i nostri atleti e il nostro movimento, oltre a spingere altri gruppi sportivi ad ammetterli». Ai giovani, udenti e non, Matteo vorrebbe trasmettere quello che ha imparato durante la sua carriera. «Al campo in cui mi alleno - racconta il giavellottista - a volte vengono degli atleti della Fisdir, con disabilità intellettiva e relazionale e io sto lì con loro, gli faccio vedere le cose, li consiglio. In più sono stato nominato referente per il giavellotto della Fidal per il Comitato Regionale della Lombardia. È un bel riconoscimento essere stato scelto dalla Federazione, vuol dire che qualcosa di buono l’ho fatto». Il futuro di Matteo però è ancora in pedana. «Oltre a confermarmi a Tokyo - conclude l’atleta di Villa Cortese - spero di avvicinare il primato del mondo che con il lavoro è alla mia portata».
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