Gabry Ponte: «Con “Tutta l'Italia” porto a Eurovision il mio messaggio di pace»
Il dj italiano più ascoltato al mondo rappresenterà San Marino a Basilea: «Che la musica riesca a unire nei momenti in cui ci sono delle tensioni è ancora più importante». Il 28 giugno sarà a San

La rinascita internazionale dell'italo dance riparte da San Marino, con un biglietto per l'Eurovision di Basilea. Gabry Ponte si è aggiudicato sabato scorso la vittoria del San Marino Song Contest con il tormentone Tutta l’Italia, già sigla dell’ultimo Festival di Sanremo, e salirà sul palco dell'edizione svizzera dell'Esc come rappresentante della repubblica del Titano, potendo dunque contare potenzialmente anche sul voto degli italiani che potranno votare per San Marino il prossimo 13 maggio nella prima semifinale. Il Premio della Critica a San Marino, invece, è stato assegnato al cantautore Pierdavide Carone per la sua delicatissima Mi vuoi sposare?.
Gabry Ponte, torinese, 52 anni e da 25 sulla breccia come dj e producer. Già membro degli egli Eiffel 65, con i quali ha venduto oltre dieci milioni di dischi nel mondo, oggi su Spotify come ascolti è il primo dj italiano al mondo e il terzo artista italiano al mondo con oltre 3 miliardi di stream globali e oltre 18 milioni di ascoltatori mensili. Dopo Eurovision lo aspetta il grande appuntamento live fissato per il 28 giugno, dove sarà il primo dj della storia a far ballare San Siro. Lo abbiamo incontrato, molto emozionato, sabato sera nel Teatro di Dogana di San Marino. “Sono 25 anni che faccio questo lavoro fantastico e credo che il giorno in cui salirò su un palco senza essere emozionato, sarà l'ultimo giorno in cui salirò su un palco” ci confessa.
Gabry Ponte, insieme a Lucio Corsi lei porterà il tricolore in mondovisione a Eurovision.
Lucio Corsi mi piace tantissimo, il suo era il mio pezzo preferito del Festival di Sanremo, l’ho detto in tempi non sospetti. Mi piace che ci sia lui a rappresentare l’Italia all’Eurovision perché la tradizione cantautorale italiana è uno degli elementi più rappresentativi della nostra cultura musicale.
Come è nata "Tutta l’Italia", ormai diventato un secondo inno nazionale?
La canzone è nata in studio insieme a due amici autori, molto talentuosi, che sono Edwin Roberts e Andrea Bonomo. Io a giugno farò il mio primo concerto a San Siro e ci siamo proprio visualizzati l'immagine di uno stadio pieno di tutta l'Italia, che salta e che balla questa musica dance. Poi la canzone è nata in maniera abbastanza spontanea nel giro di due ore. Carlo Conti è stato uno dei primi sostenitori del pezzo, lo ringrazio perché lo ha adottato come sigla per il Festival e lo ha fatto entrare nelle case di tutti gli italiani. Avevamo cercato una soluzione per portarlo in gara a Sanremo, ma non si è trovata dato che io non canto e che il regolamento non lo permetteva. Comunque ho sentito una ondata di affetto enorme e sono grato per tutto questo.
Un brano dance contaminato con alcuni elementi folk della cultura italiana, dalla fisarmonica alla tarantella.
La musica definisce un po' la cultura e l'identità di un popolo, da sempre. Quindi mi piace molto contaminare la musica dance, che poi peraltro si presta tantissimo, più di qualsiasi altro genere musicale, a essere contaminata con il folklore. L'Italia ha una tradizione folkloristica enorme, quindi abbiamo preso questa volta un po' di pizzica, un po' di tarantella e ci siamo divertiti molto.
Nonostante la musica allegra, il testo è dolceamaro, si parla anche dei difetti di questo Paese e delle monetine tirate a Craxi…
Scrivendo questo pezzo ci siamo proprio divertiti a trovare delle immagini anche un po' contraddittorie, a volte, che sono quelle con cui ci guarda anche chi non è italiano, ma lo facciamo, appunto, in chiave ironica. L'ironia è la chiave di tutto, non bisogna dimenticarsi che soprattutto questo genere di musica è fatto per far divertire la gente, quindi non bisogna prendersi troppo sul serio. Neanche nel caso del brano di Tommy Cash Espresso macchiato. In Tutta l’Italia non ci sono riferimenti di natura politica, la citazione che dice lei è ad una delle figure che è stata molto rappresentativa nella nostra storia. Ci abbiamo messo dentro anche la Gioconda scherzando su fatto che sta a Parigi. Una radiografia dal nostro punto di vista, ma cercando sempre di portare allegria e positività.
Come si riesce ad affermare, in un panorama musicale globale così competitivo, la musica italiana?
Ci sono un sacco di esempi di musica italiana rappresentativi a livello internazionale, partendo da Modugno. Nel mio mondo in particolare ci sono stati tanti casi, la musica dance è un genere musicale molto propenso ad essere esportato, perché prevalentemente è cantato in inglese e perché è un linguaggio universale per ritrovarsi e ballare nei festival. La musica è anche condivisione, è connessione. Con gli Eiffel 65 nei primi anni 2000 con Blue abbiamo avuto una hit mondiale, abbiamo avuto la fortuna di potere girare il mondo, come tanti altri dj e produttori italiani.
Negli ultimi due anni lei si è esibito oltre 150 volte in 13 Paesi facendo ballare 1.500.000 persone. Lei andrà a Eurovision in un momento in cui sull’Europa e sul mondo soffiano venti di guerra. Come si sente?
Credo che proprio in questo momento la funzione della musica sia molto importante. La musica è prima di tutto cercare di dimenticare i nostri problemi e cercare, con le emozioni che la musica crea, un’ancora felice anche quando le cose non vanno bene. Che la musica riesca a unire proprio nei momenti in cui a livello socio politico ci sono delle tensioni è ancora più importante. Speriamo che questa Eurovision porti un ulteriore messaggio di pace.
Quattro anni fa lei ha subito un’operazione al cuore e le è nata una bambina. Come ha affrontato quel periodo?
L’operazione che ho affrontato, per un difetto congenito, era delicata, ero agitato ma abbastanza tranquillo perché sapevo di essere in buone mani. Ringrazio tantissimo il medico delle Molinette di Torino che mi ha operato e tutto lo staff, sono stati bravissimi. Quando mi sono operato la mia compagna era incinta, però ho voluto fare subito l’operazione per togliermi questo peso. Poi la nascita di una figlia è sempre una cosa meravigliosa, soprattutto perché è la mia prima figlia. Ha quasi 4 anni, mentre lavoro viene, ascolta quello che faccio e si mette a ballare. E’ bellissimo.
Lei farà ballare anche San Siro. Era anomalo che in Italia non si desse uno spazio così grande ai dj?
La "club culture" come movimento è molto meno forte e radicata in Italia rispetto ad altri Paesi tipo l’Olanda dove ci sono dj che da diversi anni fanno eventi molto grossi. In Italia ho festeggiato l’anno scorso al Forum di Assago i 25 anni di carriera e ci sono diverse generazioni che riesco a unire durante i miei concerti. Quindi abbiamo deciso di alzare l’asticella con San Siro, c’è una strada tutta nuova da tracciare. Ho deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo, siamo quasi sold out quindi sarà un bell’evento.
Lei è molto lontano dall’idea di sregolatezza associata al mondo della disco.
Questo mondo viene associato allo sballo, ma in realtà è un cliché, lo sballo è una nicchia di questo mondo. Nelle serate più underground succede, ma nelle serate “mainstream” come dove sono io in realtà l’ambiente è molto pulito. Io vedo ragazzi che si divertono, che hanno voglia di cantare e di ballare. Io metto su la musica. Sono una persona positiva e si sente in quello che faccio. Sono astemio e non mi sono mai drogato. Vengo da una famiglia di farmacisti, anche se io ho studiato fisica e ho sempre sognato di fare il dj. Avevamo una farmacia storica a Torino, mio nonno era presidente dell’Ordine dei Farmacisti, e mio padre mi ha fatto grandi discorsi sui pericoli delle sostanze. E per questo mestiere serve lucidità.
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