venerdì 5 maggio 2017
Il pallavolista della “Nazionale dei fenomeni” ritorna sul palco per uno spettacolo sulla storia delle Olimpiadi
Zorzi, schiacciate teatrali
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«Il mio nome è Zorkos e sono venuto qui a Olimpia per raccontarvi la mia storia e quella di una generazione di fenomeni che vinse tutto... o quasi», tuona la voce narrante della pièce teatrale l'Avventuroso viaggio a Olimpia. Zorkos, il protagonista maschile, con Beazia (Beatrice Visibelli) «maga e attrice» dello spettacolo, è davvero un epigono della "generazione dei fenomeni", quella della pallavolo italiana anni '90, il gigante (209 centimetri di altezza), il miglior opposto azzurro di sempre, Andrea Zorzi.

L'eterno ragazzo della leva pallavolistica del 1965 è uno degli eroi della "Nazionale del secolo", guidata dal filosofo del volley libertango, il ct argentino Julio Velasco, con cui vinse tutto, tranne l'oro olimpico (tabù azzurro). Ma in compenso "Zorro", veneto di Noale, ma cresciuto a casa e chiesa a Torreselle, «dove facevo il chierichetto nella parrocchia di don Marco», quando a 33 anni ha chiuso con la pallavolo e ha visto che la sua bacheca personale era piena zeppa di coppe e primati ha pensato che non era il caso di continuare a veder schiacciare un pallone da una fredda panchina di coach. Così è andato al di là della rete. Prima la sfida del commentatore televisivo (per Sky), poi reporter su un camper per Tracce di sport (viaggio per la Rai in venti regioni italiane) e infine dopo quello per il volley ha scoperto dentro di sé il sacro fuoco per il teatro.

«Ho iniziato occupandomi degli aspetti tecnici per gli spettacoli di danza di mia moglie Giulia Staccioli che avevo conosciuto nel 1988 alle Olimpiadi di Seul dove anche lei gareggiava, come ginnasta. Giulia, a 24 anni chiuse la carriera agonistica, andò in America e lì coronò il suo sogno di ballerina nei "Momix". Un'esperienza unica che di ritorno in Italia, nel 1995, gli ha permesso di fondare la sua compagnia, la Kataklò Athletic Dance Theatre». Atletismo, danza e teatro, ora si fondono in Avventuroso viaggio a Olimpia, ma prima c'è stato l'incontro fondamentale con lo scrittore Nicola Zavagli e sua moglie, l'attrice e ormai compagna di palcoscenico, Beatrice Visibelli. «A Nicola e Beatrice raccontai dei miei inizi, della mia infanzia di ragazzino timido e introverso con il complesso dell'altezza e della scelta salvifica della pallavolo, in quanto la Silvellese, la squadra in cui sono cresciuto, era la più vicina a casa mia. E poi dell'ingresso nel grande volley a Parma, la gioia per le tante vittorie in Nazionale e dell'amarezza dopo sconfitte indelebili, come quelle olimpiche di Barcellona '92 e Atlanta '96. Nicola e Beatrice mi ascoltavano incuriositi e poi sempre più affascinati mi dissero convinti che poteva diventare un vero e proprio spettacolo teatrale».

È così che "Zorro" con la Compagnia Teatri d'Imbarco è approdato al debutto con La leggenda del pallavolista volante. Uno spettacolo che ha toccato quota 120 repliche andando in scena nei teatri, nei palazzetti e nelle scuole di tutta Italia. «Recito la parte di me stesso in quella che Zavagli ripete spesso "in teatro, è l'unica biografia raccontata dal protagonista che io conosca". Con il pubblico ogni volta si crea un corto circuito molto interessante, specie con i ragazzi. Nel loro immaginario la mia squadra, quella della "generazione di fenomeni" la vedono come la preistoria, un po' come quando mio padre mi parlava di Coppi e Bartali e mi apparivano come delle sbiadite figurine in bianco e nero. Ma all'improvviso i ragazzi si accendono, ed è quando si identificano pienamente nelle paure, nelle insicurezze adolescenziali di un Forrest Gump come il sottoscritto che serviva Messa, brufoloso, troppo alto, con il naso troppo grosso e che fino a vent'anni non aveva ancora la ragazza. Ma quell'adolescente dentro di sé coltivava il sogno di volare alto, e quando è cresciuto ha lottato, si è impegnato e finalmente ha realizzato il suo sogno». Il sogno della più bella pallavolo vista su questo pianeta alla fine del millennio scorso.

Il volley giocato dai fenomeni: Lucchetta, Cantagalli, Bracci, Gardini, Giani, Tofoli, Masciarelli, Martinelli, Anastasi... «Un gruppo di amici veri, fuori e dentro il campo, che sono venuti a vedermi in teatro e si sono emozionati, a cominciare da Julio Velasco che ha apprezzato molto il lavoro che ho fatto. Per noi che siamo cresciuti con Julio è stato un onore ma anche un grande onere lavorare con il più preparato, il più colto e sensibile dei ct». Applausi, risate, ma c'è anche chi ha pianto. «Andrea Giani, il "Giangio" che è il mio fratello minore, quando nello spettacolo ho rivelato delle sue stupidate giovanili pensavo che non mi avrebbe più rivolto la parola¿ E invece, al teatro di Busseto è salito sul palco e mi ha abbracciato, commosso ma felice perché quella era la sua storia». Una storia di uomini olimpici che prosegue nel "secondo atto", di una possibile trilogia, che è l'Avventuroso viaggio a Olimpia in cui Zorzi da ex debuttante si consacra teatrante "classico". «Questa volta porto il pubblico nella Grecia del IV secolo avanti Cristo in cui arriva Zorkos che a Olimpia lancia il suo grido di battaglia: "Voglio vincere un medaglia olimpica". E allora Beazia che rappresenta un po' tutto l'universo visto e incontrato nella sua vita di atleta gli risponde: "Ma non hanno mica ancora inventato gli sport di squadra". Così Zorkos si iscrive alla gara degli opliti...».

I ballerini di Kataklò, in scena diventano anche l'elmo e lo scudo di Zorkos che trascina lo spettatore nel clima della tregua olimpica che poneva fine alle guerre tra Atene e Sparta. Gli fa incontrare e rileggere la filosofia di Platone e Aristotele, entra nel Ginnasio per «scoprire il valore fondante della paideia: l'educazione dei giovani greci forgiata sulla fusione tra l'allenamento costante del corpo con lo sport e lo studio per rafforzare la mente e le capacità intellettuali». Il meraviglioso mondo di Zorkos è quello esistito fino al 393 avanti Cristo, anno dell'ultima Olimpiade dell'era antica. «Il mio viaggio ripercorre anche quegli ultimi 150 anni di storia dei Giochi che ricordano un po' i nostri tempi moderni in cui anche lo sport si è macchiato della corruzione... Racconto anche dell'unica volta in cui la cadenza quadriennale delle Olimpiadi venne interrotta. Fu quando Nerone voleva iscriversi a tutte le gare e riuscì a partecipare alla corsa delle quadrighe. L'imperatore romano si presentò con un carro trainato da dieci cavalli, finì fuori pista, ma i giudici gli assegnarono lo stesso la vittoria, in quanto ben ripagati da una "tangente" incassata pari a 250 mila dracme. Una fortuna, ma anche il maggior scandalo di corruzione dei Giochi dell'antichità. L'anno dopo questo episodio Nerone incendiò Roma e si tolse la vita¿E il suo nome venne cancellato giustamente anche dalla lista dei vincitori olimpici».

Si accalora nel racconto Zorkos vestito completamente di nero, come Beatia, e i due si muovono in una scenografia scarna, fatta di qualche bastone che all'occorrenza si trasforma in colonna di un tempio o nel giavellotto da scagliare. Il pubblico ascolta in religioso silenzio ed è un pubblico nuovo, rapito, e che a sua volta rapisce Zorzi. «Quando giocavo a pallavolo, nei momenti di difficoltà restringevo l'orizzonte del mio sguardo, pensavo solo a colpire la palla e intorno a me non avvertivo più la presenza del pubblico del palazzetto. In teatro ho imparato ad ascoltare il silenzio del pubblico. Ora so riconoscere quando quel silenzio vuole comunicarmi il consenso e la tensione si scioglie con una risata. Poi, quando scatta l'applauso finale, beh lo considero come quell'oro olimpico che non è mai arrivato, ma che almeno qui su questo palco posso mettermelo al collo. E ringraziare ancora una volta il pubblico, la pallavolo, lo sport, per ciò che sono stato e per l'attore che sono diventato».

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