venerdì 16 aprile 2010
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Quello tra Raimondo Vianello e il direttore di Raisport, Massimo De Luca, è stato qualcosa di più che un semplice connubio professionale al servizio dello sport in tv, ma un rapporto «da lord a lord». Quattordici anni, dal 1992 al 2006, di collaborazione sulle reti Mediaset a Pressing, prima nella formula “Campionato” e poi quella speciale “Champions League”, scambiandosi amichevolmente i ruoli di conduttore e opinionista. Nel giorno in cui il Raimondo nazionale non c’è più, l’attuale conduttore della Domenica Sportiva, nel rispetto dell’inesauribile vena ironica del suo ex compagno di avventure, preferisce ricordarlo per le innumerevoli circostanze in cui l’ha fatto sorridere e divertire di gusto. «Una cosa, seria, però va detta subito, perché a volte a Raimondo dispiaceva quando non veniva ricordata: e cioè che con Pressing lui era stato il primo e vero artefice della “sdrammatizzazione” del calcio in tv». Una verità storica e inconfutabile, quella dell’«ultimo grande di una generazione di fuoriclasse», sottolinea De Luca.Per me è stata una scuola straordinaria quella con Vianello. Con lui ho appreso l’importanza del mestiere dell’uomo di spettacolo che aveva trasferito con garbo, ironia e disincanto nelle domeniche, spesso eccessivamente turbolente, del pallone. Mi ha insegnato i “tempi scenici” dell’attore completo, il valore del parlato al momento giusto e anche l’importanza preziosa dei silenzi». Alle nascenti telerisse delle trasmissioni dedicate al calcio, Vianello contrapponeva la più civile e raffinata commedia dell’arte. «Come in ogni forma di spettacolo in cui si è cimentato, anche a Pressing era riuscito a trovare la “spalla” che cambiava ad ogni turno, mentre più o meno fissi erano i “bersagli” e cioè noi. Io, Maurizio Pistocchi che sfotteva per le sue moviole e la valletta Antonella Elia, per la quale aveva ideato il sondaggio popolare: “La Elia c’è o ci fa?”». Colpi di teatro, scherzi in diretta e superbo gioco delle parti. «Una volta feci una grande sfuriata durante l’intervallo pubblicitario e mentre ero ancora in preda ai fumi rabbiosi, all’improvviso si accende la luce rossa della diretta e devo dare la parola a Raimondo... E lui, ancora spiazzato da quel mio improvviso inalberamento, comincia quasi a piangere dal ridere: non riusciva a trattenersi. Così ho dovuto far passare qualche minuto prima che potesse intervenire nuovamente...». Momenti esilaranti e una nostalgia che cede sempre il passo al sorriso. «Raimondo oltre ad essere molto competente su ogni disciplina sportiva, si vantava anche delle sue prestazioni nelle partitelle del sabato, disputate fino a poco tempo fa con un manipolo di “eroi” sul campetto di Milano 2. Si sentiva un “centravanti di peso”, diceva lui, e con il tempo un “regista da fermo”, lo sfottevamo noi. Ne parlava anche con gli ospiti in trasmissione. Il suo giocatore preferito era Roberto Baggio che ebbe come ospite in una delle sue rarissime apparizioni televisive. Amava gli allenatori sanguigni: Mazzone e il primo Trapattoni. È rimasto storico l’altro sondaggio: “Cosa sta facendo Capello?”, quando gli piazzò una telecamera di fronte la panchina che lo riprendeva mentre si sbracciava come un ossesso. Geniale». Il genio di Raimondo, De Luca lo porterà sempre con sé, lo custodirà in una foto che li ritrae insieme. E rigirandola tra le mani, gli scappa un altro sorriso: «Non ho avuto mai il coraggio di chiedergli se me l’autografava, perché sapevo che con quel pizzico di cinismo che gli era proprio, mi avrebbe subito risposto: “Ma perché, pensi che muoio presto?”...».
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