sabato 20 aprile 2024
Torna a parlare il presidente dell’Assoallenatori che gli ultimi 4 mesi del 2023 li aveva trascorsi in ospedale, al Santo Spirito di Roma e ora sogna di tornare nella sua "seconda casa" a Coverciano
Renzo Ulivieri, 83 anni, presidente dell'Assoallenatori è pronto a tornare al Centro Tecnico Federale di Coverciano

Renzo Ulivieri, 83 anni, presidente dell'Assoallenatori è pronto a tornare al Centro Tecnico Federale di Coverciano - IMAGOECONOMICA

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Gli ultimi quattro mesi del 2023, Renzo Ulivieri, il decano degli allenatori, nonché presidente dell’Aiac (Associazione italiana allenatori calcio), ha fatto come Robert De Niro in C’era una volta in America, è andato a letto presto, tutte le sere. Colpa di un problema grave all’intestino.« I medici non se lo spiegano ancora cosa mi sia realmente accaduto », dice Ulivieri dalla casa di San Miniato (Pisa) dove sta terminando la riabilitazione dopo quel lungo ricovero d’urgenza all’ospedale Santo Spirito di Roma. Un blackout con il mondo, anche quello del pallone, che lo ha tenuto lontano dalla sua seconda casa: il Centro Federale di Coverciano. « Dopo due mesi in cui non riuscivo neanche a parlare, la prima telefonata a cui ricordo di aver risposto con un filino di voce, dopo quella di mia figlia Valentina, è stata quella di Luca Perdomi , il segretario dell’Assoallenatori ». Ricorda con piacere “Renzaccio il Rosso”, l’uomo che in panchina si presentava con il cappotto blu di lana anche a giugno. Il mister di lungo corso che arringava i suoi giocatori parlandogli di Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani, «un libro che consiglio ancora oggi agli aspiranti allenatori». Lezioni di calcio e di vita pronunciate con quel timbro benignesco del Cioni Mario come quando nello spogliatoio e in sala stampa parlava di «cooperativa del gol» e di «Sms in campo, intesa come società di mutuo soccorso». Parla con voce ritrovata, come lo spirito del “Guevara” di sempre. « Ho perso 14 chili e tanta massa muscolare, ma faccio fisioterapia tutti i giorni, sto recuperando, un passetto alla volta. Spero di essere come i gatti di avere sette vite. Tra una ventina di giorni potrei “schierarmi”. Conto finalmente di farmi accompagnare in auto a Coverciano », sorride mentre riavvolge il nastro dei cattivi pensieri che gli hanno fatto compagnia nei giorni bui vissuti in quella camera d’ospedale. « Non ho mai avuto paura della morte ma a un certo punto me la sono sentita addosso, marcava stretto, a uomo. Il mio fisico non rispondeva più, così ci sono stati giorni in cui per la prima volta ho dovuto fare i conti con la paura di non farcela...

Come si è smarcato dal peggiore degli avversari?

Ho ricominciato a pensare e mi sono detto: Renzo, alla fine sei arrivato a 83 anni, hai vissuto discretamente, non ti sei arricchito ma hai guadagnato il giusto facendo sempre quello che ti piaceva e soprattutto senza essere mai costretto a fare quello che non ti garbava. Perciò, se dovesse finire qui ora potresti anche dire: sei stato un uomo fortunato.

Riflessioni di un agnostico che riflettendo sulla fine magari ha trovato delle risposte dalla fede?

Mi sono fatto un’idea francescana della fine, ho cominciato a trattarla come “sorella morte”. Poi riprendendo un po’ fiato ho pensato alle persone care e all’ipotesi di dover lasciare per sempre questo mondo. Ma la cosa non mi garbava molto, così come mi infastidiva l’idea di non poter più fare la vita di prima. Allora, cervello e gambe si sono rimesse a girare dalla parte della speranza, che adesso è quella di ricominciare presto lì dove ho lasciato…

Dicono che la malattia a volte sia anche un’opportunità per rimettersi in gioco.

È vero, ciò che non ti uccide ti fortifica. Ho recuperato tanti pezzi del passato e ho capito una cosa importante: una vita frenetica come la nostra non permette di fermarsi mai, ma bisogna trovare il tempo e il modo per “soffermarsi”. Dedicare qualche momento in più a noi stessi per poi poter essere più utili anche agli altri.

Intanto ha ripreso a leggere, a guardare la televisione e anche le partite di calcio.

Ho fatto un po’ di recupero con la lettura, perché, la televisione, tranne un po’ di Rai3 e La7 fo fatica a seguirla. Mi sembra che ci sia un pensiero unico, anche abbastanza pericoloso, politicamente parlando.

Eccolo, è tornato il Renzaccio pasionario di sinistra...

Confesso che la telefonata che più mi ha ridato energia è stata quella di una “compagna” di San Miniato che abbiamo candidato a sindaco. Si è fatta una lista di sinistra, “Filo Rosso”, e alle riunioni alla Casa del Popolo non sono potuto andare ma ho accettato di candidarmi anch’io per il consiglio comunale. Ora a giugno staremo a vedere come andranno queste elezioni…

Solo allora sapremo se il popolo di San Miniato sta a ncora con “Renzo il Rosso”, mentre quello del calcio non l’ha mai abbandonato.

Ho sentito tanto affetto intorno e mi sono anche un po’ meravigliato, mi sembrava fin troppo il bene che mi hanno testimoniato in tanti. Ma magari è giusto così, perché in fondo nei rapporti umani io mi sono sempre impegnato parecchio. Ho litigato tanto in Aiac e qualcuno ha detto: « Facciamo alla svelta, che se rientra Ulivieri qui finisce la democrazia». - Sorride - Era una battuta, se prima mi volevano bene adesso sento che me ne vogliono di più.

I presidenti invece non vogliono tanto bene ai suoi allenatori: continuano a cacciarli ogni settimana, in A come in B, per non parlare della Lega Pro.

Lo so. Il problema è che sono aumentate le tensioni. I social hanno completato l’opera di destabilizzazione anche del calcio. Hanno alzato la pressione a livelli incredibili e questa va a colpire sempre la parte più debole della filiera, l’allenatore.

Massimo Moratti ha detto a Daniele Dallera del Corriere della Sera che «l’allenatore è il mestiere più difficile del mondo». Conferma?

Non lo so se è il mestiere più difficile del mondo, l’operaio a 1.500 euro al mese di sicuro penso che non sia d’accordo... Allenare è una professione che si è complicata di molto, perché adesso un tecnico ha una rosa di 25-30 giocatori e ognuno di loro è un’azienda a sé stante dentro a una società di calcio che spesso è pure quotata in Borsa. Bisogna avere un ventaglio di conoscenze che non si possono limitare mica al “moduli-no” e quindi non è mai facile gestir bene un gruppo, perché come dicono i giovani è “tanta roba”.

Anche Mourinho non ha retto il peso di “tanta roba” ed è stato esonerato dalla Roma che ha trovato “mister futuro”, Daniele De Rossi.

La prima partita che ho visto in tv ai primi segnali di ripresa è stata proprio la sua Roma e l’ho rivista anche ieri sera, che partita con il Milan! Daniele mi è venuto anche a trovare quando stavo male, non è un ragazzo d’oro, di più, e la Roma fa bene a tenerselo stretto.

C’è un altro romano doc, il testaccino sor, anzi “sir” Claudio Ranieri che al Cagliari fa magie. È lui l’allenatore “modello”?

Di allenatori modello ce ne sono diversi, Ranieri in più possiede la cifra della signorilità. Credo di averlo raccontato anche al Corso a Coverciano. Trent’anni fa lui allenava la Fiorentina in B e aveva uno squadrone con tanto di Batistuta, io allenavo un Vicenza neopromosso dalla C che prima della trasferta a Firenze aveva perso 5-1 in casa con il Bari, e sembrerà assurdo, ma immeritatamente. Allora, prima di entrare in campo al Franchi dico ai miei ragazzi: giochiamo chiusi altrimenti ne pigliano 5 anche oggi. Puntuali andiamo sotto di un gol nel primo tempo, ma al quarto d’ora della ripresa si pareggia: gol da calcio d’angolo, 1-1. Io fo tra me e me, troppo presto. All’85’ vedo la mia squadra in ginocchio, Batistuta che sbuca da tutte le parti e tira come un cecchino con la mitraglia. Eravamo cotti. Allora mi viene un colpo di genio…

Sarebbe a dire?

Mi faccio buttare fuori per perdere tempo. Entro in campo, 10 metri niente, 15 metri niente. Fo 20 metri e finalmente l’arbitro mi espelle. Piano piano esco e passo davanti alla panchina di Ranieri che mi aspettavo mi insultasse per quella melina furbesca, invece mi spiazza dicendomi: «Complimenti, vi siete difesi benissimo». Io lo guardo negli occhi, oh non era ironico, era un apprezzamento in pieno fairplay, da quel signore vero che hanno imparato a conoscere bene anche lassù a Leicester, dove se non c’hanno pensato ancora gli devono fare un monumento.

Se rivince la Champions con il Real anche a Madrid faranno un monumento a Carlo Ancelotti. Ha ribattuto Pep Guardiola e questo cosa ci dice?

Che Guardiola è uno che ha imparato da Mazzone e da tanti altri, ma continua a studiare, come fanno tutti i più bravi. Ancelotti conferma che i nostri allenatori sono sempre i più bravi di tutti. Merito della nostra-Scuola di Coverciano e poi dei tirocini che fanno con i club di Serie A, B e C. Chi sa allenare in questi campionati può andare a testa alta ovunque.

Discorso che in questo momento calza perfettamente per Thiago Motta che sta riscrivendo la storia del Bologna che fu di Ulivieri.

Siamo di fronte a un tecnico che pratica certamente il calcio del futuro. Thiago Motta ha preso qualcosa da Gian Piero Gasperini e il resto ce l’ha messo di suo. Fa parte della categoria ex grandi calciatori che non è mai sinonimo di grande allenatore , ma nel caso di Thiago parliamo di un predestinato a fare grandi cose.

Simone Inzaghi all’Inter pare un altro destinato a fare grandi cose anche sul lungo periodo.

Possibile, ma per esperienza dico che la lunghezza di una carriera di un allenatore più che i successi la determina il come si sa reagire agli insuccessi. Alcuni allenatori bravi al primo esonero si sono persi . Nessuno considera la difficoltà di quando un tecnico viene cacciato e deve andare a casa a dirlo alla moglie, poi ai figlioli, agli amici... Quelli sono i momenti in cui viene fuori la forza dell’uomo e la resistenza dell’autostima che determinerà le sue scelte future.

Roberto Mancini che lei ha allenato da ragazzino alla Samp, si sarà pentito di aver scelto di fare il ct dell’Arabia Saudita? Non lo so. A caldo mi era riuscito difficile comprendere la sua decisione di allenare gli arabi, poi ci sono arrivato e credo di aver capito il perché Roberto è lì...

Il ct Luciano Spalletti può fare il bis ai prossimi Europei?

A me e Luciano ci divide solo una collina, tanto distano le nostre case. Appena torno a Coverciano spero che sia lì e non in giro per lavoro così lo riabbraccio. Non so se farà il bis perché deve fare i conti con il materiale tecnico che ha a disposizione, però ho visto una Nazionale che lo segue e che spero abbia capito quei messaggi che ha lanciato. Spalletti parla di onore, «onorate la maglia», parla di concentrazione, «meno playstation e più studio». Luciano è uno che studia tanto, ed è per questo che va in profondità e sa che ogni ragazzo, ogni azzurro è un mondo a sé che va esplorato e capito.

A lei Ulivieri la Nazionale non glie l’hanno mai affidata, ma in compenso ha allenato la Nir, quella dei Religiosi...

Se è per questo ho allenato anche la Nazionale dei Carabinieri e siccome non mi hanno arrestato poi c’ho riprovato anche con i preti. Si andò a fare un torneo anche a Fatima. Convertito? No, però, specie dopo quest’ultima brutta esperienza, sono sempre più convinto che chi ha la fede è un uomo fortunato. Io invece dovrò difendermi anche il giorno del giudizio universale. Quando Lui mi farà notare di non essere stato un uomo di fede, io sarò costretto a chiedergli: ma scusa Signore, perché a me la fede non l’hai data?

È una domanda che tornando a Roma per i controlli medici potrebbe fare al Suo rappresentante in terra, papa Francesco. Che sant’uomo ragazzi. Papa Francesco è l’unico leader mondiale, purtroppo inascoltato. Se tanti governanti stessero a sentire quello che dice il Papa forse la smetterebbero di fare la guerra... Io lo ascolto sempre, ed è anche per questo che adesso sto meglio.

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