venerdì 28 febbraio 2025
II 28 febbraio 2005 moriva a Firenze uno dei più grandi autori del Novecento italiano. “Opus florentinum” e la “Via Crucis” (voluta da papa Giovanni Paolo II) i vertici del suo teatro in versi
Mario Luzi (1914-2005), poeta, drammaturgo e critico letterario

Mario Luzi (1914-2005), poeta, drammaturgo e critico letterario

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Il 28 febbraio del 2005 moriva a Firenze Mario Luzi, poeta tra i più grandi del Novecento italiano. I funerali furono celebrati in Duomo dal cardinale Ennio Antonelli alla presenza, tra gli altri, dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Docente universitario e senatore a vita, percorse varie tappe della cultura e della poesia italiana, a cominciare dagli anni Trenta fino alla fine del secolo in un incrocio di correnti letterarie e di gusti che sopravvissero all’ermetismo, al verismo, all’avanguardia e oltre. E si direbbe, inoltre, che la sua poesia si sia identificata con Firenze, o per essere più precisi, con l’asse Siena-Firenze, come madre e matrice della sua poesia. «Siena, ebbe a scrivere il poeta, la vedo un po’ come la mandorla, come forma di perfezione conclusiva del visibile e del sensibile, Firenze è la città “duale”, la città “partita” di Dante». E in effetti queste due città- con quanto esse contengono in fatto storico, culturale e religioso- sono state alla base della sua poesia fin da quando sedeva ai tavoli delle Giubbe Rosse, in piazza della Repubblica a Firenze.

A volere rievocare l’opera del poeta fiorentino ci sarebbe tanto da scrivere. Mi sembra comunque opportuno soffermarmi soltanto su due opere poetico-teatrali scritte negli ultimi anni di vita e rappresentate a Roma e Firenze; quel teatro in versi che caratterizzò altre opere precedenti dello stesso autore e di altri dei decenni passati; quel tipo di teatro che prima va letto, digerito, compreso e poi va ascoltato sulla scena come una sorta di continuazione della lettura personale; quel tipo di teatro, nel caso dei due testi luziani, che è religioso, cioè alto, esigente, distaccato dalla banalità. I due testi sono La Via Crucis e Opus florentinum. Il primo “pregato” nel venerdi Santo del 1999 a Roma, al Colosseo, il secondo rappresentato dentro il Duomo Santa Maria del Fiore di Firenze il 26 settembre 2002 (un anno dopo avrebbe rappresentato a Palermo la sua ultima opera teatrale Il fiore del dolore su don Pino Puglisi )

La Via Crucis gli venne commissionata da Giovanni Paolo II, come segno di stima e di ammirazione e ad un tempo come certezza che quel poeta, sulle rive del’Arno, avrebbe dato voce alla sofferenza di Gesù e dell’uomo. E tale fu quel Monologo spirituale di Gesù sofferente dall’orto degli ulivi alla deposizione. «Restai a rimuginare e ad ascoltare mentalmente quella affannosa parlata del Cristo che intanto stava prendendo il via nell’intimo del mio convincimento. In un ininterrotto monologo Gesù nella tribolazione della via crucis avrebbe confidato al Padre la sua angoscia e i suoi pensieri dibattuti tra il divino e l’umano….e il Testo- scrive ancora Luzi nella Presentazione- si andò sviluppando nella modalità della mia versificazione teatrale». Segue le tradizionali 14 stazioni ed è come se ci fosse solo la Voce di Gesù condannato, flagellato, coronato di spine nella sua Pienezza umana e divina.

Opus florentinum è un’opera più complessa, in cui storia, arte e drammi personali si incrociano nel testo luziano. Ripercorre la vicenda della costruzione del Duomo Santa Maria del Fiore, sul finire del secolo XIII, in anni in cui, si dice, che lo stesso Dante ancora giovane, stava seduto nei pressi del duomo a vedere giorno dopo giorno la costruzione che prendeva forma solenne. «Fui risucchiato- scrive Luzi- da questa macchina spirituale e materiale sempre attiva e immaginai di ascoltare un dialogo tra due operai nel cantiere sotto la cupola brunelleschiana in costruzione».

Da questa prima idea nasce il teatro in versi di Luzi, che a suo modo è una costruzione poetica e mistica, passando dalla parlata degli operai, dei mercanti, delle monache fino alla sintesi grandiosa della voce della stessa Santa Maria del Fiore come madre di tutte le chiese: «È la mia voce ora che ascoltate,/ sono Santa Maria del Fiore/ ... Io chiesa madre di tutte le altre/ li guardo entrare e uscire dalle mie porte i figli dei figli/ di coloro che mi fecero visite e preghiere/ padri di altri che che saranno nei secoli, lo spero/ i miei fedeli: vorrei che gli ultimi fossero dell’anima i più esperti/ i più degni del cielo… L’anima di Firenze si risveglia/ e si riconosce in me, riprende/ fierezza dalla mia presenza...Sono Santa Maria del Fiore». Forse in questo anniversario non sarebbe male riproporre alcuni passaggi di tale testo, bello, grandioso , solenne e molto significativo.

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