martedì 27 settembre 2016
​Oggi il capitano della Roma fa 40 anni Parla il suo idolo di gioventù: «Francesco lo incontrai a 15 anni Bastò la prima partita assieme per capire che era di un altro pianeta».
Il Principe Giannini racconta Re Totti
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Prima dell’ottavo Re, Francesco Totti, alla Roma c’è stato il Principe, Giuseppe Giannini. “Peppe il bello”, idolo della Curva Sud e soprattutto delle ragazzine degli anni ’80-’90 che nella cameretta accanto al poster di Simon Le Bon appendevano quello di Giannini, e in tante sognavano di sposare il Principe giallorosso al pari del cantante dei Duran Duran. Ma la Roma, a un certo punto ha fatto la stupida con lui. Alle idi di marzo del 1994, dopo tredici anni da protagonista assoluto, il n. “10” venne apostrofato dall’allora presidente Franco Sensi come «indegno di indossare la maglia della Roma». Il tutto per aver sbagliato il rigore del pareggio nel derby con la Lazio. «Mi fece molto male all’epoca, ma poi ho capito che quella era una frase detta a caldo quando un presidente esterna l’amarezza del primo tifoso. Ci siamo parlati tempo dopo, e comunque io non serbo rancore per nessuno, figurarsi per uno come Franco Sensi che ha fatto le fortune della Roma». Quella maglia il Principe l’ha indossata «con amore» per 318 partite realizzando 49 gol. Tra le pagine scure non ha mai dimenticato che «ho perso la finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool all’Olimpico (30 maggio 1984) e lo scudetto dell’86, all’ultima giornata, con il Lecce già retrocesso in B». Ma poi ci sono quelle chiare: «L’onore di aver giocato con delle “bandiere” romaniste, come Agostino Di Bartolomei e Bruno Conti». E dulcis in fundo, l’aver svezzato e poi abdicato la corona principesca al futuro capitano- sovrano. Il “Pupone” Francesco Totti che oggi festeggia i suoi 40 anni, dei quali 27 (comprese le giovanili) vissuti alla Roma affrontando 605 battaglie in campo con 250 gol segnati. Principe Giannini, a quando risale il suo primo incontro con Re Totti? «La prima volta che abbiamo giocato assieme a Trigoria Francesco avrà avuto 15 anni e io ventisette. C’è voluto un secondo per capire che quel ragazzino fosse di un altro pianeta. Aveva colpi geniali e una faccia tosta tipica di tutti i talenti, con in più quella romanità sbruffona e un po’ irriverente che nel tempo è stato capace di gestire al meglio. Aiutato anche da un ottimo staff e da uno splendido ambiente famigliare è riuscito a rimanere sempre con i piedi per terra. E questo è stato uno dei punti di forza che gli ha permesso di durare così a lungo». Altri punti di forza che ne hanno fatto un fuoriclasse? «La freddezza. Tranne qualche raro episodio sopra le righe, tipo lo sputo a Poulsen agli Europei del 2004 o il “calcetto” sul sedere a Balotelli, Totti è uno che in campo fa cose eccezionali senza far trasparire emozione, ma semmai regalando emozioni alla gente. Nella vita è un generoso, un ragazzo simpatico e disponibile, con la battuta sempre pronta. È un attore naturale, se un giorno si dovesse stufare del calcio il cinema è un campo in cui si è già allenato e potrebbe dire la sua anche a Cinecittà». Quando si allenava con lei è vero che spesso è dovuto intervenire per riportarlo sulla retta via? «Io ho solo cercato di “educare” il comportamento di un ragazzo che aveva bisogno di crescere, magari sbagliando il meno possibile. Ma i suoi erano peccatucci di gioventù, tipo quando a 18 anni si era messo in testa di comprarsi la Golf. Mi telefonò allarmata mamma Fiorella che mi pregava: “Peppe parlaci tu con Francesco che “vole fa na’ pazzia...”. La rassicurai che in fondo era un desiderio normale quello della macchina. Se ci ripenso mi viene da ridere, oggi a 18 anni certi calciatori girano in Ferrari. Una Golf, tutta lì la pazzia del giovane Totti». Il vero ottavo Re di Roma ha detto di aver letto un solo libro in vita sua, “Il piccolo principe” e di aver avuto un solo idolo in campo, il Principe Giannini.. «Questa cosa quando l’ho saputa mi ha fatto un enorme piacere perché Francesco lo disse in un momento in cui ci eravamo un po’ allontanati... C’erano stati degli equivoci che poi abbiamo chiarito. Essere l’idolo del più grande numero “10” che abbiamo avuto è una cosa che mi ripaga anche di qualche amarezza ricevuta in carriera». “Il più grande n. 10” lo dice spinto da profondo spirito romanista... «No, lo dico per esperienza vissuta con la Roma e con la Nazionale. Ho giocato con grandi numeri “10” come Roberto Baggio che è un amico ma lo metto uno spanna sotto a Totti per tecnica, classe e carisma. La Roma quel poco che ha vinto lo ha vinto per quel tanto che c’ha messo Francesco». Principe e Re uniti anche per l’eterna fedeltà alla maglia giallorossa. «Per me Boniperti stravedeva e offrì 21 miliardi di vecchie lire al presidente Dino Viola per portarmi alla Juventus. Tornassi indietro? Rifarei la stessa scelta d’amore verso la Roma. Per Francesco è stata la stessa cosa quando il Real Madrid gli promise ponti d’oro... Lui dice che non si è mosso da Roma per pigrizia. Certo, se ci fosse andato oggi saremmo qui a parlare di un altro Cristiano Ronaldo o di uno Zidane romano collezionista di “Palloni d’oro”. Almeno lui rispetto a me ha vinto uno scudetto e soprattutto un Mondiale, quello del ’90 che io ho sfiorato e perso, in Italia. Ma la storia non la puoi cambiare, specie quando hai dato retta al sentimento e alla passione verso una squadra e una città». Una città che lo adora, ma che lo ha reso “prigioniero”: Totti non può neanche fare una passeggiata con la sua famiglia per il centro di Roma. «Lo so - sorride - , manderebbe in tilt la circolazione. Ma questo succedeva anche a me. Quando ero fidanzato arrivavo in moto, toglievo il casco ed entravo a razzo in qualche negozio del centro avendo preso prima tutte le precauzioni. Quando alla domenica perdevamo, difficilmente uscivo il lunedì. E tutto questo lo si faceva per rispetto verso tifosi. Ecco un altro aspetto che ci unisce da sempre: il rispetto totale per la tifoseria romanista». I tifosi, ma anche la “Regina” Ilary Blasi, contestano a mister Spalletti di non saper gestire il capitano... «A Torino lo ha fatto giocare tutta la partita e la Roma ha perso. In altre circostanze, come in Champions con il Porto, l’ha tenuto in panchina e la Roma è stata eliminata. Gestire un campione è difficile, se poi questo è un monumento vivente come Totti a tratti può diventare una missione impossibile». I romanisti vi ameranno per sempre, mentre le varie società che si sono susseguite hanno dimenticato tutte le bandiere giallorosse: Rocca, Di Bartolomei, Bruno Conti, Giannini... È un rischio che corre anche Totti? «Una “bandiera” spesso per la nuova società può risultare troppo ingombrante. A noi è andata male, a Francesco non succederà niente di tutto questo. Primo perché il legame che ha stretto in tutti questi anni con la gente è qualcosa di unico e indelebile. E poi lui rispetto a me è stato lungimirante, si è tutelato, ha preso accordi per il futuro con il presidente Pallotta. Egoisticamente spero che quanto prima possa intraprendere la carriera da dirigente, magari potrei rientrare alla Roma anch’io...». L’augurio dal Principe al Re per il suo 40° compleanno. «Auguro a Francesco di togliersi ancora qualche soddisfazione in campo, ma soprattutto di conservare sempre dentro di sé quello spirito puro del ragazzino che ho conosciuto tanto tempo fa a Trigoria». 
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