mercoledì 6 gennaio 2016
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La tonaca è sempre quella («Hanno provato a darmene una nuova, l’ho indossata il primo giorno di riprese, poi l’ho appesa in camerino e ho usato quella vecchia») ma, soprattutto, è sempre quello lo sguardo. Gli occhi intensi e rassicuranti di Terence Hill che, nei panni di don Matteo, da più di quindici anni conquista milioni di spettatori. Da domani, in prima serata, il prete investigatore più amato della televisione torna su Rai 1 con la decima stagione: ventisei nuovi episodi (per tredici prime serate) che avranno come protagonisti i volti già amati dal pubblico (in primis, oltre a Terence Hill, anche Nino Frassica e Simone Montedoro) ma anche nuovi ingressi che, spiega Hill, «hanno il compito di mantenere fresca la serie. Portano una ventata di aria nuova in una serie che, tutto sommato, deve rimanere comunque la stessa da tanti anni». Tra i volti nuovi ecco arrivare a Spoleto (è qui che si svolgono le riprese ed è ambientata la serie) Gualtiero Ferri, il nuovo pubblico ministero (interpretato da Dario Cassini); la sua fidanzata Margherita (Sara Zanier, dall’animo sognatore decisamente diverso da quello di Ferri); Sabrina Esposito (Dalila Pasquariello, nei panni di una giovane detenuta in regime di semilibertà che arriva nella canonica di don Matteo). Le loro vicende, tra commissariato e canonica, si intrecceranno con quelle del maresciallo Cecchini, del capitano Tommasi ma anche di Lia (Nadir Caselli), Tomàs (Andres Gil), Laura (Laura Glavan) e, naturalmente, della perpetua un po’ bisbetica Natalina e del sacrestano bonaccione Pippo (Francesco Scali). Nonostante i risultati Auditel da capogiro collezionati negli anni (persino alla terza o quarta replica), Terence Hill non vuole sentire pronunciare la parola “successo”. O, meglio, non ama sentir parlare di Don Matteo come di un suo successo personale: «Per queste nuove puntate alla fiction stanno lavorando duecento persone, se non ci fossero loro dove andrei? Non possiamo nasconderci la verità: in queste cose da soli non si riesce a fare niente. Perciò, più che di successo, preferisco parlare di un evento televisivo andato bene per merito di tutti». Sarà anche merito di tutti ma è innegabile che è il personaggio di don Matteo ad essere entrato maggiormente nel cuore della gente. Basta prendersi la briga di andare sul set in un giorno qualunque durante le riprese e vedere quante persone cercano un contatto, anche solo un saluto o una stretta di mano, con Terence Hill. Che nei primi anni, racconta sorridendo, si è spesso sentito trattato come fosse davvero un sacerdote. Più d’uno ha detto che don Matteo è il parroco che tutti vorremmo incontrare: «Lo lascio dire alla gente. Non essendo un prete, non voglio entrare in quella dimensione». Forse è anche per questo che quando, più di quindici anni fa, gli hanno proposto di interpretarlo, ha preferito non lasciarsi influenzare da modelli di alcun genere: «Mi sono rifiutato di imitare chiunque, usando magari movimenti un po’ stereotipati. A don Matteo ho voluto regalare una presenza atletica e movimentata ». Che a qualcuno forse ricorderà, magari da lontano, uno dei personaggi più celebri di Terence Hill, Trinità: «Inizialmente avevo cancellato il mio passato e preso le distanze da Trinità per evitare che qualcuno potesse dire: cosa ci fa un cowboy vestito da prete?  Poi, d’accordo con gli sceneggiatori, l’ho recuperato e, devo ammettere, mi sono sentito più a mio agio, ho acquistato una maggiore gioia nell’interpretarlo».  Come sempre, anche nelle nuove puntate don Matteo si troverà ad affrontare nelle sue indagini temi di scottante attualità (si va dalla dipendenza dal gioco ai maltrattamenti in famiglia, dagli extracomunitari ai pirati della strada) ma il suo compito sarà, soprattutto, quello di curare le anime ferite di vittime e colpevoli. E, forse, è proprio questa la chiave del successo della fiction: « Don Matteo dimostra che la vita è bella nonostante tutto quello che può accadere. E, soprattutto, che c’è sempre una via di uscita». Parole che poco tempo fa, sul set, hanno fatto dire ad una signora che assisteva alle riprese: «Con quello sguardo sereno e con quelle parole sembra quasi papa Francesco». Terence Hill sorride, anche perché non ha mai nascosto la sua ammirazione per il pontefice: «Papa Francesco mi piace perché ha un linguaggio semplice, le sue parole rendono la vita di Cristo, passatemi il termine, più terrena. In questo modo, la gente si sente più vicina al cristianesimo e alla rivoluzione cristiana. E prova gioia, entusiasmo». Lui stesso ammette di essersi «riavvicinato al cristianesimo quando vivevo in America grazie a questo tipo di entusiasmo che lì c’è già da tanto tempo. Mi ricordo una volta, a Santa Monica, una chiesa in cui la gente stava in fila per molto tempo per poter entrare e partecipare alla Messa, dove per abitudine si canta e si balla. Credo che il modo migliore per avvicinare la gente sia la gioia e non le bastonate. Dire cosa bisogna fare piuttosto che quello che non si deve fare, proprio come fa papa Francesco».  In America, nel suo Massachusetts, Terence Hill tornerà per un po’ alla fine delle riprese di Don Matteo che, nonostante la messa in onda, proseguiranno fino alla fine di febbraio. Quello sarà l’inizio del suo anno sabbatico. Chi sperava, dopo don Matteo, di rivederlo presto nei panni di Pietro, la guardia forestale di Un passo dal cielo, rimarrà deluso: «La fiction probabilmente si farà ma con un altro attore. Io ho bisogno di prendermi un po’ di riposo, serie lunghe come queste comportano ogni volta dieci mesi intensissimi di lavoro durante i quali non c’è tempo per nient’altro. Ho chiesto alla produzione un periodo sabbatico perché ho lasciato indietro tante cose che, ora, ho intenzione di recuperare. Voglio avere tempo per la mia famiglia, per riequilibrarmi e, anche, pensare a quello che voglio fare nel futuro. Perché, diciamo la verità, non posso certo fare questo tipo di fiction in eterno».
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