sabato 10 agosto 2019
Le parole del capo dello Stato. Il 12 agosto 1944 nel paese appenninico i nazisti uccisero centinaia di persone inermi. La verità processuale è arrivata nel 2005 ma resta il segno della ferocia
Statua nell'ossario delle vittime dell'eccidio nazista a sant'Anna di Stazzema

Statua nell'ossario delle vittime dell'eccidio nazista a sant'Anna di Stazzema

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Così si è espresso in un messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: "Il 75° anniversario dell'atroce eccidio di Sant'Anna di Stazzema (Lucca) è giorno solenne di raccoglimento e di memoria. In quel terribile 12 agosto 1944 furono massacrate 560 persone inermi, tra queste 130 bambini: non dovrà mai essere dimenticato quanto è accaduto perché chi dimentica è più debole, più esposto ai pericoli che intolleranza, ostilità, violenza ripropongono". "Sono esemplari la tenacia e la forza morale con cui la comunità di Sant'Anna ha saputo tenere vivo il ricordo, trasmetterlo ai più giovani, trasformare quella ferita profonda in un impegno di ricostruzione, di convivenza, di sviluppo democratico. È questo lo spirito che ha animato l'Italia della Liberazione, della Costituzione, dell'affermazione dei diritti inviolabili. È lo spirito dei fondatori dell'unità europea", "di quei valori abbiamo sempre bisogno, oggi come allora".

Il 12 agosto 1944, 75 anni fa, con l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, sui monti versiliesi, si ebbe il primo degli episodi di feroce annientamento di interi paesi e dei loro abitanti che caratterizzarono l’arretramento delle truppe naziste attraverso l’Italia.

La strage di Sant’Anna, costata un numero di vite ancora oggi imprecisato, ma compreso tra le 400 e le 560 persone - molte delle quali, donne, anziani e bambini - ha posto gli storici nella necessità di indagare sui diversi profili operativi che ispirarono la logica del terrore di massa portata avanti dai soldati del Terzo Reich nel passaggio degli Appennini.

Se è indubbio che, in casi acclarati, Ss e Wehrmacht agissero con cieca bestialità, in atti di 'rappresaglia', per colpire anche la popolazione civile ritenuta responsabile di coprire i partigiani che attaccavano spezzoni di reparti germanici in transito, è però altrettanto vero che i nazisti non si fecero scrupoli di pianificare una spietata violenza preventiva, con stragi premeditate guidate da una volontà di annientamento della popolazione italiana.

La zona di Sant’Anna di Stazzema era presidiata, in quell’estate del 1944, dalla brigata garibaldina 'Gino Lombardi', comandata da Ottorino Balestri. Ma, pochi giorni prima che gli autori della strage risalissero i rilievi, provenienti da Pietrasanta, i partigiani avevano lasciato i monti dell’alta Versilia, per acquartierarsi a Camaiore. Il paesetto che i soldati tedeschi raggiunsero, con furia omicida, alle prime ore della mattina del 12 agosto, era dunque un grumo di frazioni abitate da circa 300 civili, quasi tutti contadini e minatori del luogo, ai quali si era aggiunto un numero indeterminato di sfollati, in fuga dalle località costiere colpite dai bombardamenti.

In un crescendo di follia, i carnefici radunarono la gente nelle case, nelle stalle, sterminandoli con raffiche di mitragliatrici e bombe a mano. Poi diedero fuoco agli edifici e alle stesse vittime. Il massacro più grande ebbe luogo sulla piazzetta antistante la chiesa, dove furono assassinate tra le 120 e le 140 persone. Le grida degli adulti si mescolarono al pianto dei bambini, prima che tutte quelle voci di dolore si spegnessero per sempre.

La responsabilità nei misfatti di Stazzema attribuita al II battaglione del 35° Ss-Panzergrenadier Regiment, guidato dal capitano austriaco Anton Galler, è uno dei punti fermi delle indagini, che si sono affidate, in modo pressoché esclusivo, alle testimonianze orali dei superstiti. Lo storico Carlo Gentile ha inquadrato l’eccidio di Sant’Anna entro una cornice ben precisa, quella della guerra di sterminio condotta da unità specializzate, addestrate ed 'esperte', di Ss e Wehrmacht, durante il loro passaggio verso il Nord della Penisola: «L’escalation della violenza ai danni della popolazione civile - afferma lo studioso toccò il suo picco tra l’estate e l’autunno del 1944 nella Toscana nordoccidentale e sull’Appennino tosco-emiliano a sudovest di Bologna. Fu soprattutto la 16ª Ss-Panzer-Grenadier-Division a lasciare sul proprio cammino una vera e propria scia di sangue che ne fa la divisione di gran lunga più violenta tra le unità di occupazione dislocate in Italia. Nel giro di poche settimane, tra i primi giorni di agosto e l’inizio di ottobre del 1944, le azioni di rappresaglia condotte dalle truppe costarono la vita ad almeno 2.200 civili» .

Grazie alle indagini svolte dagli organi della giustizia militare italiana, sia pure a distanza di molti decenni dai fatti, è stato possibile raggiungere un grado minimo di verità giudiziaria sulla gravità di quanto accaduto. L'impulso è venuto pure dalle inchieste giornalistiche del giornalista dell'Espresso Franco Giustolisi, scomparso nel 2014, che denunciò l'esistenza del cosiddetto "Armadio della vergogna" nel quale furono ritrovati numerosi dossier relativi ai crimini compiuti dai nazisti nel nostro Paese nel periodo bellico, tra i quali appunto la strage di S.Anna di Stazzema. Questo ha consentito, ai rari sopravvissuti, ai parenti delle vittime, e all’intera comunità di Sant’Anna di Stazzema di sentirsi meno abbandonata a se stessa nel difficile intento di elaborare il tragico lutto che ancora grava e turba le coscienze di sopravvissuti e discendenti. La ricostruzione degli avvenimenti, l’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato l’eccidio sono state possibili grazie al processo svoltosi al tribunale militare di La Spezia, conclusosi nel 2005 con la condanna all’ergastolo per dieci ex ufficiali e sottufficiali Ss colpevoli del massacro.

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