sabato 8 ottobre 2016
Il presidente di Special Olympics: «Lo sport oltre le barriere»
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Quando nella sala del Sinodo Timothy Shriver si avvicina alla poltrona papale, spontaneamente comincia a scherzare con l’uditorio: «Qualcuno mi faccia una fotografia perché non mi ricapiterà di sedermi sulla sedia del Papa». Il presidente di Special Olympics, l’organizzazione che favorisce attraverso lo sport la crescita personale, l’autonomia e la piena integrazione delle persone con disabilità intellettiva, è in Vaticano per partecipare alla prima conferenza mondiale su sport e fede. «È stato un onore prendere la parola in una occasione così importante. L’ho fatto con piacere per raccontare il potere dello sport nella risoluzione dei problemi quotidiani. Gli atleti di Special Olympics sono dei concorrenti coraggiosi che hanno deciso di uscire dal mondo selvaggio per mostrarsi. Loro hanno sperimentato nello sport la conoscenza cosmica di Dio». Sul palco Shriven è accompagnato da Loretta Claiborne, in passato «una persona esclusa che attraverso lo sport si è riscattata», oggi il testimonial del progetto Ispirazione di Special Olympics. Parole, gesti e anche oggetti. Come una fune, simbolo della storia di Aron, bambino epilettico del Malawi che nel suo villaggio viveva da emarginato legato a un palo. Un giorno fu notato dai volontari di Special Olympics che gli diedero un pallone e lo fecero giocare a calcio: «Il trattamento subito da Aron – racconta Shriver al pubblico – è come quello riservato a migliaia di persone con disabilità intellettiva. Lui adesso va a scuola e gioca con gli amici, mentre noi andiamo avanti nel ricercare altri casi simili, affinché lo sport possa essere offerto a chi vive ai margini per riportarlo al centro». La storia di Shriver è riassunta in Pienamente vivi. La scoperta della cosa più importante, un bestseller americano da oltre venticinqumila copie, pubblicato ora in Italia dall’editore Itaca (pagine 314, euro 18,00). Il volume riassume l’appassionante avventura umana dell’autore. Proprio al movimento Special Olympics Shriver deve il segreto per sentirsi pienamente vivo. «L’ispirazione per scrivere il libro – spiega ad Avvenire il pedagogista, noto per le sue ricerche sull’educazione socio-emotiva – mi è ve- nuta vivendo accanto a persone stupende che mi hanno trasmesso la gioia di esistere. Ho deciso di mettere mano alla penna perché sono sicuro che con questo libro posso ispirare coloro che vivono da soli e hanno paura di uscire allo scoperto». Per il numero uno di Special Olympics «tutte le persone hanno abilità e disabilità, alcuni soffrono, altri no».  Cinquantasette anni, marito di Linda e padre di cinque figli, Shriver è cresciuto giocando con i bambini di “Camp Shriver”, il progetto rivoluzionario lanciato da sua madre per fornire ai giovani con disabilità intellettiva uno spazio in cui divertirsi e sentirsi partecipi. Questo progetto è spiegato nel corposo libro che muove dalla vicenda poco nota della zia di Shriver, Rosemary Kennedy – la cui disabilità intellettiva influenzò l’impegno politico e sociale della famiglia – svelando poi tratti inediti della storia dei Kennedy. Al centro di tutto c’è Special Olympics, l’organizzazione nata nel 1968 da una intuizione di Eunice Kennedy, la mamma di Shriver. Oggi l’ente è diffuso in 170 Paesi con circa 5 milioni di atleti, di cui oltre 16mila in Italia. «L’idea alla base dei nostri Giochi è semplice: far praticare gli sport olimpici ai disabili intellettivi, così da sfruttare lo sport per dare un’opportunità a chi è isolato. Il nostro motto è che ognuno deve avere un posto». Un domani, chissà, gli Special Olympics potrebbero essere accorpati ai Giochi olimpici e paralimpici. «Sarebbe fenomenale, sebbene molto difficile da tradurre in pratica». Intanto le attenzioni sono già sull’anno prossimo quando in Austria ci saranno i Giochi mondiali invernali Special Olympics: «Lo sport è un valore primario della nostra società perché è capace di cambiare il mondo. Quando si gareggia non conta la religione, la nazionalità, lo stato civile: tutti sono atleti. Quale altro strumento è capace di rimuovere le barriere e far scomparire le etichette? Un giorno si capirà l’importanza di questa prima conferenza mondiale. Mai prima d’ora il Papa, il segretario generale delle Nazioni Unite, il presidente del Cio e altri leader religiosi si erano seduti allo stesso tavolo. Lo sport è stato capace di metterli insieme».Nel libro Shriver cerca di dimostrare il valore essenziale della debolezza per scoprire noi stessi in un mondo ossessionato dall’eccellenza e dal controllo di sé. «La parola che mi è piaciuta di più in questi tre giorni di dibattito è inclusione. Penso che potremmo dirci felici quando saremo sicuri di non aver escluso nessuno». Ma qual è il sogno nel cassetto dell’autore di Pienamente vivi? «Un sogno molto ambizioso. Mi piacerebbe che tutte le scuole del mondo avessero un programma per gli atleti Special Olympics. Mai si comincia, ma si arriva. Mettiamoci in marcia».
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