martedì 8 agosto 2023
Il martire austriaco, che scelse in coscienza di aderire al Vangelo rifiutando la chiamata alle armi. è più che mai simbolo di libertà umana e comprensione della gioia del Cristo risorto
Il beato Franz Jägerstätter

Il beato Franz Jägerstätter - archivio

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La figura su cui desidero portare l’attenzione è quella di un fedele laico, ma pure quella di un martire della Chiesa in un tempo, come il nostro, per il quale spesso papa Francesco ripete: i martiri, «come ho già detto tante volte, sono più numerosi nel nostro tempo che nei primi secoli. Oggi ci sono tanti martiri nella Chiesa, tanti, perché per confessare la fede cristiana sono cacciati via dalla società o vanno in carcere … Sono tanti… I martiri, a imitazione di Gesù e con la sua grazia, fanno diventare la violenza di chi rifiuta l’annuncio una occasione suprema di amore, che arriva fino al perdono dei propri aguzzini». Si tratta del beato Franz Jägerstätter fedele laico, sposato e padre di famiglia, martire. Le ultime parole da lui vergate nella lettera scritta alla moglie il 9 agosto 1943, poche ore prima dell’esecuzione della sua condanna a morte, avvenuta alle quattro del pomeriggio dello stesso giorno, furono: «Vi saluta prima del suo ultimo viaggio Vostro marito, figlio, padre, genero e cognato. Cuore di Gesù, Cuore di Maria e il cuore mio siano uniti in un cuore per tutta l’eternità».


Si potrebbe sistematizzare la vicenda terrena del beato Franz Jägerstätter in tre fasi: quella della sua infanzia e giovinezza, la fase del suo matrimonio con Franziska Schwaninger e, da ultimo, quella della sua chiamata alle armi con la sua morte a Brandeburgo. Sono tre tempi collegati da una maturazione progressiva, per gli inizi si potrebbe pure parlare di «conversione», e da una crescente consapevolezza cristiana che, dapprima serena e poi sempre più drammatica, sfocia nell’irrevocabile scelta finale.

Il nostro beato nacque il 20 maggio 1907 a St. Radegund, in Austria. Essendo figlio illegittimo, visse i suoi primi anni presso la nonna, poverissima (andava con una carriola a mendicare), ma molto religiosa. Quando però giunse all’età di dieci anni, la madre sposò Heinrich Jägerstätter, proveniente da famiglia molto agiata, che adottò il piccolo. La sua adolescenza ebbe, così, un contesto favorevole, anche per la sua istruzione religiosa. Tra il 1927 e il 1931 visse, per ragioni di lavoro, lontano da casa e sarà lo stesso Franz a ricordare negativamente questa fase della vita: «Oltre al bere e al fumo avevo dentro di me quasi tutte le passioni cattive». Non, dunque, un uomo di speranza, ma un uomo «disperato». Il suo, scriverà, era un «barcollare senza meta». In quel periodo il giovane Franz ebbe anche una relazione clandestina, da cui nacque pure una figlia. Non è chiaro perché egli non abbia sposato questa ragazza; riconobbe, tuttavia, la sua paternità naturale e pagò pure gli alimenti per la sua crescita. L’avrebbe anche adottata, ma la madre preferì averla con sé.

Questa situazione fu però l’evento che dispose il giovane a un cambiamento di vita; un ripensamento che ebbe la sua fase decisiva nel matrimonio, celebrato il 9 aprile 1936, con Francisca Schwanninger. Da questo matrimonio non soltanto nacquero tre figlie, ma anche una nuova vita. Exempla trahunt, recita, quasi parafrasando Cant 1,4, un detto latino, ma pure spiegando che laddove non bastano le parole e le esortazioni ha maggiore efficacia la testimonianza della vita. Ed effettivamente, l’esempio della moglie fu decisivo anche per Franz: da quel momento cominciò non soltanto a prediligere la lettura delle vite dei santi, ma pure maturò la volontà di diventare santo. Un segno di tale desiderio fu la comunione eucaristica quotidiana.

Presto, però, cominciò l’addensarsi delle nuvole oscure. Hitler e il nazismo, che dal 1933 avevano preso il potere in Germania, dal 10 aprile 1938 diedero pure atto all’annessione dell’Austria alla Germania. In tale contesto Franz ebbe un «sogno» - così egli lo chiamava - che lo turbò profondamente: la visione di un treno sul quale molti, soprattutto giovani, volevano salire mentre una voce gli gridò: «Questo treno conduce all’inferno»; quindi un rumore sordo, una luce abbagliante e poi nulla! Si svegliò di soprassalto e lo raccontò alla moglie. Pian piano maturò in lui la consapevolezza che quell’immagine alludesse al nazionalsocialismo, che s’insinuava violentemente nelle articolazioni della vita sociale e personale. Al contempo, anche sotto la spinta di alcune personali esperienze riguardo alle inenarrabili nefandezze compiute dai nazisti, maturava in lui la persuasione che non si potesse essere al contempo cattolico e nazionalsocialista. Questo lo condusse pure alla decisione di rifiutare il servizio militare con le armi a favore di quel regime, che riteneva nemico di Dio e responsabile di una guerra ingiusta. In tale consapevolezza e conseguente decisione Franz rimase fermo, nonostante le raccomandazioni e i consigli alla cautela, che gli giungevano da più parti (anche dal vescovo e dal parroco) e pur sapendo che la renitenza alla leva era punita dal regime con la pena di morte. E questa gli fu effettivamente inflitta, nonostante - così si legge esplicitamente nella sentenza - si ritenesse «il suo comportamento necessario secondo la sua coscienza e le sue convinzioni religiose».

Nei suoi ultimi scritti dichiara: «Scriverò solo qualche parola, così come essa mi esce dal cuore. Scrivo con le mani legate, ma è meglio così che se fosse incatenata la volontà … Né il carcere né le catene e neppure la morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la sua libera volontà. La potenza di Dio è invincibile … C’è sempre chi tenta di opprimerti la coscienza ricordandoti la sposa e i figli... Si può allora anche mentire perché abbiamo moglie e figli e per di più giustificarsi attraverso un giuramento? Cristo stesso non ha forse detto: “Chi ama la moglie, la madre e i figli più di me non è degno di me”? Per quale motivo preghiamo Dio e i sette doni dello Spirito santo, se dobbiamo comunque prestare in ogni caso cieca obbedienza? A che pro’ Dio ha fornito agli uomini un intelletto e una libera volontà se non ci è neppure concesso, come alcuni dicono, di giudicare se questa guerra che la Germania sta conducendo sia giusta o ingiusta? A cosa serve allora saper distinguere tra bene e male? … Se un nostro buon amico ci proponesse un lungo viaggio di piacere, naturalmente gratis e con trattamento di prima classe, cercheremmo di rimandarlo continuamente o addirittura lo terremmo in serbo per la vecchiaia? Non credo proprio. E cos’è dunque la morte: non si tratta anche in questo caso di un lungo viaggio che dovremo fare, anche se da questo non ritorneremo? Ma può esservi un momento più gioioso di quello nel quale ci accorgeremo di essere felicemente approdati sulle rive del paradiso?». Ritorna la spinta della speranza teologale.

La sua scelta, però, fu semplicemente una obiezione di coscienza? Una volta papa Francesco ha avvertito che ascoltare la propria coscienza «non significa seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace... Non è questo!». Ma cos’è, poi, la coscienza? Lo spiegato ancora il Papa: «La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio; è il luogo interiore della mia relazione con Lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere, e una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele».


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