venerdì 19 aprile 2013
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Affonda nel mito il toponimo del Vallo di Lauro, al confine tra l’Irpinia e la provincia di Napoli. La leggenda vuole che Ercole, dopo aver fondato Ercolano, sia venuto in queste terre, in una località detta Fregonia, e che gli abitanti del luogo l’avessero accolto con grande calore, agitando rami di alloro. Il Vallo è in effetti una terra antica, preservata da verdi rilievi che  ne segnano la fisionomia non solo orografica ma anche spirituale. Venendo da Nola, presso la torre di Marzano, d’improvviso il paesaggio muta:  i colori si fanno più intensi, la vegetazione si infittisce, il clima si distende. È come un cambiare di riferimenti interni, un migrare silenzioso di emozioni. Tutto è diverso. L’ambiente assume l’aspetto d’un territorio montano, anche nella struttura degli abitati e negli scorci naturalistici. Dove il silenzio è religioso e solenne. «Il Vallo è in posizione baricentrica rispetti ai principali centri campani – dice lo studioso Pasquale Colucci, presidente dell’Associazione Pro Lauro –. Per le sue risorse storico-culturali e naturalistiche potrebbe rientrare, come pausa distensiva, nei circuiti turistici che provengono dalla costa e dai principali siti archeologici della regione». Eppure quella di Lauro è valle poco conosciuta. «Perché è terra di confine – continua Colucci –. Storicamente  parte della Terra di Lavoro, rientrò nella provincia di Avellino con l’unità italiana. Da allora, anche per la poca avvedutezza della classe politica, è restata eccentrica rispetto ai grandi interessi turistico – culturali della regione». Un’antica nobiltà ha segnato il territorio, che ha il suo centro in Lauro, di probabile fondazione romana, nota per essere la città natale di uno dei più leggendari esploratori italiani, Umberto Nobile, a cui è dedicato un museo nel cinquecentesco Palazzo Pignatelli. Lauro è paese delizioso. Lo si percorre a piedi serenamente, partendo dall’arco seicentesco di Fellino, costeggiando il complesso di san Filippo Neri, antica scuderia, sostando nella piazza Lancellotti, progettata dall’architetto Francesco Venezia, anch’egli di Lauro: quasi una pista di lancio per lo sguardo che approda alle imponenti strutture del castello. Dalla piazza principale, a cui si giunge in pochi minuti costeggiando la Collegiata di Santa Maria Maddalena, oggi sala per conferenze e concerti, e la bella edicola della Madonna della Libera, è possibile ammirare il Convento di Sant’Angelo, appollaiato in alto su di uno sperone di roccia. Ma Lauro è soprattutto il castello, di origine longobardo-normanna. Imponente, di proprietà dei Lancellotti dal 1632, ha ampi cortili, due bei giardini e aristocratiche sale, come quella d’armi, con una ricca collezione di lance, picarde, picasce, alemanni e sciabole, recante sul fondo un grande dipinto che documenta il vasto incendio che interessò, spiega la dott.ssa Valeria Giuliana, la struttura e parte del borgo, l’attuale rione Terra, appiccato dall’esercito francese nel 1799, per sedare una rivolta di Sanfedisti. I paesi del Vallo sono sette; oltre a Lauro, Marzano, Pago, Domicella, Taurano, Moschiano e Quindici, noto quest’ultimo assieme a Sarno, per i tragici eventi alluvionali che interessarono nel maggio del 1998 i centri abitati alle pendici del monte Pizzo d’Alvano. Proprio a Quindici è uno dei più bei monumenti della valle, la chiesa seicentesca di Santa Maria delle Grazie, con annesso museo. Ma l’intero territorio è disseminato di chiese e cappelle, oltre che di santuari, collocati in alto: il Santuario dell’Abbondanza a Marzano, quello della Madonna dell’Arco a Taurano, della Madonna della Carità  a Moschiano, nel cui territorio è anche la Cappella di Santa Cristina, San Teodoro a Quindici, edificato sul sito di un’antica villa romana, Madonna della Neve in località Casapiano. Un itinerario di fede che testimonia un’antica pietà popolare, che integra quello dei monumenti più noti, come il convento francescano di San Giovanni del Palco e soprattutto la Chiesa dell’Assunta di Pernosano, oggetto di un recente restauro, probabilmente fondata su di una preesistenza romana, e attestata su due livelli, il superiore seicentesco, l’inferiore altomedievale, risalente al nono, decimo secolo, in cui sono stati rinvenuti affreschi di grande interesse storico-artistico, come quello raffigurante  tre vescovi nolani: Felice, Paolino e Massimo. In località san Giovanni è una villa di età imperiale, con ambienti termali e un elegante ninfeo decorato. La natura è splendida. Ai vigneti d’un tempo si sono avvicendati gli uliveti che circondano come un arco protettivo i centri abitati. Poi sono gli ampi noccioleti e più in alto , verso sud, i boschi di leccio e di castagno. La tradizione di questa essenza, con cui si producono le botti per il vino, è antichissima: un’essenza che qui ha un carattere più dolce, singolarmente, e dona al nettare un inimitabile, morbidissimo gusto.
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