
Peter Phillips alla testa dei Tallis Scholars
Parte da zero. Tabula rasa. «Perché non ci sono state precedenti interpretazioni di questo brano. Stiamo eseguendo una prima mondiale». E, dunque, c’è tutta l’emozione di far risuonare per la prima volta un brano scritto 437 anni fa. Peter Phillips con i suoi Tallis Scholars il 26 giugno a Cremona, nella chiesa di San Marcellino, proporrà la prima esecuzione mondiale della nuova edizione critica del Requiem di Giovanni Pierluigi da Palestrina. «Edizione della Missa pro defunctis cun quinque vocibus redatta a partire dal manoscritto del 1588 a cura di Riccardo Pintus» racconta il musicista britannico, riferimento mondiale per il canto polifonico, che nel 1973 ha fondato i Tallis. E che arriva a Cremona nel cartellone dell’edizione 2025 del Monteverdi festival «per celebrare i cinquecento anni della nascita di Palestrina». Autore che non manca mai sul leggio dei Tallis che, nel concerto cremonese del 26 giugno, accanto alla Missa pro defunctis, proporranno anche pagine del compositore “di casa”, ilLauda Jerusalem, il Laudate, pueri, Dominum, e laMissa a quattro voci di Monteverdi. Al centro ilRequiem di Palestrina. «Kyrie, Offertorium, Sanctus, Agnus Dei e un Libera me, Domine finale contenuto nel manoscritto delRequiem proveniente dall’archivio della Cappella Giulia. Una pagina contratti stilistici e strutturali che rendono questo Requiem – riflette Phillips – un’opera unica, sia a confronto con il repertorio funebre rinascimentale che con la produzione dello stesso autore».
Qual è, Peter Phillips, l’importanza della prima mondiale della nuova edizione critica del Requiem di Palestrina?
«Una prima mondiale di un grande compositore del passato è sempre potenzialmente un evento importante, ma questa ha una risonanza speciale. Le rielaborazioni complete della Messa da Requiem sono relativamente poche, indipendentemente dal periodo. E questa è l’unica a cinque voci di Palestrina. È particolarmente gratificante che questa prima sia stata possibile nell’anno dell’anniversario della nascita del compositore».
Quale dunque l’importanza di questo brano nel contesto della musica rinascimentale? E come si collega ad altre rielaborazioni musicali del Requiem?
«La Missa pro defunctis di Palestrina si collega ad altre rielaborazioni del Requiem perché si basa sulle melodie tradizionali del canto piano, che sono citate nella polifonia. Non solo, questa pagina è suddivisa in tutti i movimenti tradizionali, incluso il Libera me, Domine che chiude la Missa. Acquisisce ulteriore importanza perché è l’unica rielaborazione di grande portata che conosciamo di Palestrina».
Nel 2025 si celebrano i cinquecento anni della nascita di questo autore. Cosa ha rappresentato per la musica polifonica?
«Palestrina è stato il compositore polifonico più affermato del Rinascimento. E questo è un dato di fatto. Ma le sue pagine sono fondamentali per tutta la storia della musica, il suo stile si è affermato come modello da seguire per tutti, in tutta Europa. Basta ascoltarlo. Con i Tallis ce ne rendiamo conto ogni volta che abbiamo sul leggio una sua pagina».
A proposito, nel nome del gruppo che ha fondato nel 1973 un altro pilastro della polifonia, Thomas Tallis…
«Un altro musicista inafferrabile. Il suo mottetto Spem in alium, a quaranta voci, è uno dei vertici della musica, difficile tanto da eseguire che da comprendere per l’ascoltatore. E non basta una vita di studio per catturarne l’essenza. Mi chiedo spesso come fosse la vita alla Cappella Reale britannica quando Byrd e Tallis cantavano lì. Come erano le prove? Quale era il suono di quelle voci?».
Torniamo a Palestrina. Lei come affronta l’esecuzione del Requiem? Un approccio puramente musicale o l’elemento sacro è fondamentale per la sua lettura?
«Le parole della Messa da Requiem, che toccano tutti noi nel profondo e che raccontano un’esperienza curiale della vita, sono tra le più potenti che un compositore possa rivestire di musica. Non è necessario essere religiosi per contemplare la morte».
Quale spiritualità, allora, trova in questa musica?
«Palestrina ha sempre mantenuto una compostezza, qualcuno la definirebbe freddezza, alla superficie della sua musica. Ma sotto questa superficie l’ascoltatore può trovare la più commovente bellezza emotiva. Tale bellezza può essere difficile da percepire per noi che viviamo nell’epoca moderna, perché nella società di oggi qualsiasi dramma è spesso reso molto evidente, ci viene buttato in faccia su social e televisioni. Con la polifonia, con la musica di Palestrina, occorre fare un lavoro di scavo, lasciare che questo canto penetri in noi, entri in circolo. E allora la soddisfazione sarà grande».
Palestrina nasceva cinquecento anni fa, ma oggi cosa racconta al nostro mondo? Perché tornare a eseguirlo?
«Se guardo al pubblico che incontro in giro per il mondo mi accorgo che molte persone oggi sono stanche di essere costantemente provocate e sconvolte dall’arte. La musica di Palestrina ha la capacità di portarci fuori dai nostri mondi frenetici, in un luogo calmo, dove possiamo pensare con calma e lentezza. E di questo oggi abbiamo profondamente bisogno».
A Cremona si celebra Palestrina, ma anche Monteverdi, il compositore “di casa” che anche voi avete sul leggio. Che ruolo e che significato ha questo autore?
«Claudio Monteverdi fu il più grande seguace italiano di Palestrina, si formò a Cremona e ne aggiornò lo stile rinascimentale. Non solo, rappresentò l’alba del barocco in musica. Un pioniere anche lui. Da rimettere ogni volta al centro».
Il suo nome è indissolubilmente legato ai Tallis. Le generazioni di interpreti cambiano, ma lei rimane. Da dove nasce l’idea di questo ensemble?
«L’idea è nata dalla mia immaginazione quando ero adolescente. Mi sono innamorato di un suono vocale astratto ideale e, allo stesso tempo, della musica a cappella. Ho scoperto che si sposavano molto bene. E non ho smesso di inseguirlo. Oggi sono ancora qui che lo porto nel mondo insieme ai Tallis. Abbiamo cantato dappertutto, chiese e palazzi, persino in un giardino botanico a Fez, in Marocco dove abbiamo eseguito la Messa a quattro voci di Byrd sotto un enorme albero mentre alcuni facevano yoga sull’erba».
Come è stato il vostro percorso artistico? E come si è evoluto il vostro ruolo nel mondo della musica?
«Negli oltre cinquant’anni trascorsi dal nostro debutto nel mondo della musica c’è stata inevitabilmente una rivoluzione nel gusto. Interi concerti di polifonia rinascimentale erano molto rari nel 1973, ora invece sono all’ordine del giorno. Credo che come Tallis Scholars abbiamo avuto un ruolo in questa rivoluzione. E, naturalmente, ne siamo orgogliosi».
Un percorso che continua. Quali i vostri prossimi obiettivi?
«Quelli di sempre, scoprire ed eseguire la migliore musica rinascimentale che riusciamo a trovare, quella che nessuno ancora conosce, come il Requiem di Palestrina. Ma anche commissionare a compositori contemporanei brani polifonici che si adattino alla nostra vocalità».
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