giovedì 16 dicembre 2010
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La chiamano Rejection line. Letteralmente è "il telefono del rifiuto". La prima linea telefonica pensata per respingere gli indesiderati senza alcun coinvolgimento personale. È nata a New York e si è diffusa in quasi tutto il mondo anglosassone. L’idea originaria era quella di fornire le ragazze di uno strumento efficace per rifiutare gli approcci indesiderati. Qualcuno ti chiede il telefono, tu gli dai quello della Rejection line e il malcapitato si sente rispondere da una voce gentile che «sfortunatamente la persona che le ha dato questo numero non intende parlare con lei. Questo è un rifiuto ufficiale». E ce ne sono anche di più evoluti, che consentono a chi chiama di scegliere fra alcune variabili di risposta, del tipo: «Se preme "1" potrà ascoltare le parole di conforto di un nostro esperto; se preme "2" ascolterà una triste poesia sull’abbandono; se vuole aggrapparsi a qualche irrealistica speranza prema "3"». Si tratta di un esempio fra i tanti raccolti da Adriano Zamperini, docente di Psicologia sociale presso l’Università di Padova, nel volume L’ostracismo. Essere esclusi, respinti e ignorati, edito da Einaudi. Un articolato percorso nelle maniere antiche e soprattutto moderne che gli esseri umani utilizzano per allontanare e isolare i loro simili. «Metodi che nell’epoca del virtuale si moltiplicano e assumono connotati disumanizzanti».In effetti la linea del rifiuto è il paradigma della disumanizzazione dei rapporti umani.«E mette a nudo la schizofrenia della nostra epoca. Da una parte abbiamo una cultura che esalta l’Io a dismisura nel mito del self made man. Dall’altra abbiamo sviluppato una fitta rete di interconnessioni. Il nostro Io si muove in una logica possessiva, in un delirio di autoaffermazione, ma tutti i giorni è costretto a fare i conti con gli altri. Se gli altri ci servono, bene. Ma se avanzano pretese e creano problemi...».Allora gli facciamo dare il benservito dal telefono.«Senza renderci conto che utilizziamo un supporto culturale che sottolinea il nostro analfabetismo relazionale. Uno strumento che ha il solo scopo di continuare a tenere a galla il nostro Io».E la convivenza, il costruire insieme?«Vengono erosi da questa logica mercantile dei rapporti umani, che poi è un grande inganno». Ci fa credere quello che non può essere?«Ci pone in un meccanismo perverso. Per imporre il nostro Io ci scontriamo con altri Io che non si lasciano ostracizzare. Allora sgomitiamo, usiamo la forza. Al posto di forme di convivenza utilizziamo forme di esclusione. La nostra società è sempre più diffidente poiché abbiamo impoverito quel patrimonio di fiducia nei rapporti umani che è condizione essenziale per vivere bene e progredire. Senza la fiducia negli altri e degli altri non possiamo affermare noi stessi se non con la violenza. Spesso scordiamo che concedendo qualcosa, invece di impoverirci ci arricchiamo grazie a quello che altri concedono a noi».La violenza dell’ostracismo, la violenza di chi reagisce...«E il violento viene giustamente condannato, senza però che nessuno si preoccupi di capire. Ma la violenza ha sempre una sua ragione, solo che a indagarla si mettono in discussione i modi della convivenza, le nostre tante inciviltà. Allora si preferisce evitare». Una forma di autodistruzione.«Succede quando i principi mercantili vogliono disciplinare i rapporti umani. Internet è l’esempio classico. È uno strumento positivo, ma diventa deleterio se viene utilizzato, come spesso accade, come metro del successo personale. Chi ha tanti contatti ha tanto successo. Allora l’amicizia viene traviata. I contatti, cioè gli altri, diventano una merce che si può scambiare, che si può possedere come le figurine di un album, al solo scopo di quantificare il successo. È lo svilimento dei rapporti umani».Del resto, questa non è l’epoca dei single?«Ecco un altro inganno. L’enfasi che viene posta sullo stare soli dei cosiddetti single è una falsità. Sono persone che si sono costruite un modo altro di stare con gli altri, per il loro beneficio, per il desiderio di affermare il loro Io attraverso la maggiore visibilità. La solitudine vera nasce dalla percezione di essere posti ai margini, di essere ignorati».Più sono visibile, meno sono solo?«Così ci viene fatto credere. La visibilità come forma di autorealizzazione. Che poi è la logica dei reality. Ci sono migliaia di persone che fanno la fila per i cast, migliaia di mamme che portano i loro piccoli alle selezioni per la pubblicità. È una logica di mercificazione. La vita è un prodotto e vogliamo che sia notato e comprato».E il pudore?«In questo contesto è un difetto, un deficit di socialità. Il problema è che diamo ancora poca importanza ai cambiamenti prodotti dalla tecnologia intesa come un prolungamento dell’identità della persona. Continuiamo a distinguere il reale dal virtuale, ma ormai il virtuale è realtà. Si moltiplicano i casi di ragazzi che stanno male perché vengono esclusi o ostracizzati da un sito internet. E se quello che accade nella rete fa male, vuol dire che è reale».Quali sono le forme di ostracismo?«Il non vedere gli altri; il cacciare fisicamente gli altri; l’esclusione degli altri su base sociale». Il caso più attuale di esclusione su base sociale?«Intorno all’aspetto fisico si concentrano molte forme di esclusione. Tutti gli handicap sono ostracizzati, ma gli obesi sono fra le persone più ostracizzate, perché rappresentano una scorrettezza rispetto agli imperativi dei richiami sessuali. Anche la classe medica li colpevolizza. Molti rinunciano a curarsi per non sentirsi umiliati dai medici. Soffrono una vera crisi di identità. Su internet si trovano gruppi di tutti i tipi, ma quelli di obesi sono rari».
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