venerdì 30 maggio 2025
L'autrice di "Qui solo per poco" racconta il suo debito intellettuale verso la poetessa e religiosa gerolamina del Seicento
La scrittrice María Ospina Pizano, nelle librerie con “Qui solo per poco” (Edicola Edizioni)

La scrittrice María Ospina Pizano, nelle librerie con “Qui solo per poco” (Edicola Edizioni) - Diego Lafuente

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Da oggi al 2 giugno torna “La grande invasione”, il festival della lettura che da tredici anni invade Ivrea mettendo al centro la passione per la lettura. Negli anni il festival curato da Marco Cassini e Gianmario Pilo ha gemmato due sedi parallele: nel 2024 Aosta e da quest’anno Chieri, alle porte di Torino, con oltre 150 incontri in tre città. Pubblichiamo qui un estratto del discorso pronunciato da María Ospina Pizano durante la cerimonia del premio Sor Juana Inés de la Cruz, assegnato al suo romanzo Qui solo poco, pubblicato in Italia da Edicola Edizioni (traduzione di Amaranta Sbardella). Lunedì 2 giugno la scrittrice colombiana sarà ospite del festival della Grande invasione a Ivrea; mercoledì 4 giugno della Libreria del Golem di Torino e giovedì 5 di Tempo Ritrovato Libri di Milano.

«Nelle foreste di montagna dove sono cresciuta “nulla si vede senza riflettere, nulla si ascolta senza considerare”, per usare le parole di sor Juana» Nella famosa lettera che sor Juana Inés de la Cruz inviò nel 1691 al suo confessore, il vescovo di Puebla, la scrittrice difende brillantemente il suo vigoroso lavoro intellettuale in un periodo in cui gli uomini di Chiesa cominciavano a criticarla per aver scritto di teologia, scienza, filosofia ed estetica, per aver intrecciato versi e opere teatrali, per aver riflettuto proprio sulla misoginia che cercava di ridurla al silenzio. In quella meravigliosa lettera, Sor Juana rivendica il diritto delle donne a ricevere un’istruzione e a istruire, difende la possibilità di dissentire dagli uomini che ostentano potere e si inserisce in una vasta genealogia di donne che hanno partecipato alla vita pubblica e intellettuale del mondo attraverso la politica, la filosofia, la poesia, l’istruzione, la teologia e l’arte, dall’antichità ai giorni nostri. Forse però l’aspetto più originale e trasgressivo della lettera è il modo in cui sor Juana insiste sul fatto che, pur volendo mettere a tacere le donne, pur volendo dipingerle come irrazionali o viziose o deboli di intelletto, pur cercando di proibire loro di scrivere, di escluderle dalle università o di relegarle a casa o alla preghiera, non sarà mai possibile privare nessuna di quello che lei chiama “il desiderio di sapere”. Consapevole che la Chiesa sta per decretare il suo silenzio, sor Juana spiega che, anche senza libri in mano e senza accesso alla penna, la riflessione profonda e paziente – che per lei è intimamente legata all’esercizio del desiderio – non si fermerà mai, poiché eccede il territorio della lettera e gli spazi in cui si esercita il potere. Sor Juana annuncia così al suo confessore che rifletterà sempre, con o senza la sua venerata biblioteca, con o senza penna, perché tutto ciò che incontra lungo il suo cammino quotidiano è materia fertile, territorio abbagliante in cui nascono le domande e le idee più profonde sul mondo. Alla vigilia della censura fatale, sor Juana annuncia con aria di sfida che «nulla si vede senza riflessione, nulla si ascolta senza considerazione, nemmeno nelle cose più minute e materiali» e lascia intendere che finché sarà in vita, in cucina o nel cortile del convento o in qualsiasi altro posto, continuerà sempre a riflettere e a fare filosofia. Mettendo in discussione l’idea che la sfera intellettuale istituzionalizzata sia l’unico spazio del pensiero, mettendo in dubbio quella dimensione che per tanto tempo (e ancora oggi) molti hanno voluto delimitare come luogo di alleanze e dialogo maschile, sor Juana suggerisce che i vincoli che emergono dalle gerarchie tradizionali del patriarcato, sebbene potenti e dannosi, saranno sempre insufficienti. Il desiderio e la possibilità di riflessione che emergono dall’esperienza vitale e quotidiana del corpo, dai nostri cammini lungo i sentieri, non potranno mai essere domati. Il pensiero ribolle, cresce e si diffonde, come le radici degli alberi, nonostante la misoginia, con o senza accesso agli spazi del potere dove ancora oggi c’è la tendenza a censurare pensieri profondi e parole insolite. Mia nonna, mia madre e diversi cani mi hanno insegnato fin dall’infanzia ciò che sor Juana ha poi intrecciato in modo così bello nella sua lettera, quando l’ho letta da adulta. Nelle foreste di montagna dove sono cresciuta, nell’altopiano Cundiboyacense delle Ande orientali della Colombia, nella regione di Simijaca di Cundinamarca, dove si trova il mio cuore, foreste che ancora frequento nel mio pellegrinaggio da migrante, «nulla si vede senza riflettere, nulla si ascolta senza considerare », per usare le parole di sor Juana. È in questa terra di alberi, campi di mais e appezzamenti di terreno che ho vissuto con i cani e ho imparato ad ascoltare uccelli e insetti, viti e muschi, licheni e fogliame, e le storie delle persone che lì coltivano, filano e allevano bestiame. È stato lungo questi sentieri che il romanzo Qui solo per poco [Edicola Edizioni, ndr] ha lentamente preso forma. Raccontare i cambiamenti a cui sottoponiamo o che volontariamente attuano gli animali non umani, sarebbe stato impossibile senza gli anni di vagabondaggio lungo sentieri rurali e stretti passaggi in molte di quelle montagne, senza il vagabondaggio che mi deriva dall’essere nata in una famiglia di camminatrici, esploratrici di sentieri antichissimi, che mi hanno insegnato che da quei pendii andini e al cospetto di altri esseri viventi, era urgente scrutare il mondo. Quel viaggio attraverso foreste e paludi precede e al tempo stesso è la base delle idee, come direbbe Henry David Thoreau, come ha espresso Arguedas in un altro modo e come mi ha insegnato anche mia nonna. María Negroni sostiene che ascoltare altri rumori sia la forza motrice implicita della scrittura. Per me, questi altri rumori sono le voci di esseri diversi dagli umani, di foglie, pioggia e vento, e sono più che semplici rumori. Sono odori, suoni e movimenti di un mondo abitato da numerose specie. Questo libro è un tentativo, anche se limitato, imperfetto e pieno di paradossi, di abbassare il volume delle voci umane e delle loro fantasie di dominio sul mondo, affinché altre possano risuonare nello spazio sempre insufficiente ma comunque ampio della pagina scritta. Nella pausa del viaggio, ho cercato nella finzione un territorio ospitale quanto la foresta, da cui interrogarmi su come sia la vita sovrana di esseri non umani, che ci guardano da altre altezze e da altre ontologie di spazio e tempo. Per affrontare quel mistero e riconoscere i nostri limiti nel comprenderlo.

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