mercoledì 30 gennaio 2019
La vittoria agli Open d’Australia juniores ha consacrato il talento del 16enne di Carrara elogiato anche da Djokovic e paragonato ai grandi del circuito. Ma lui: «la parte più dura deve venire»
La nuova promessa del tennis italiano, Lorenzo Musetti, 17 anni a marzo, dopo aver vinto gli ultimi Australian Open juniores, primo azzurro nella storia / Ansa

La nuova promessa del tennis italiano, Lorenzo Musetti, 17 anni a marzo, dopo aver vinto gli ultimi Australian Open juniores, primo azzurro nella storia / Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Vi sono vittorie che ti fanno sentire grande, ma quelle Lorenzo Musetti ancora non le conosce. La sua, costruita un colpo alla volta, edificata per buona parte sulla forza di volontà dopo un primo set che gli aveva lasciato un bel po’ di macerie intorno, appartiene a un altro tipo di vittorie, che sì, ti fanno sentire “più grande”, ma solo nel senso dell’età. Una vittoria adulta, per un ragazzo che non ha ancora l’età della patente. A Djokovic, che qualche ora più tardi avrebbe mostrato al mondo la parte più oscura di Nadal, incapace perfino di ribellarsi al dominio di un avversario (la prima volta, in sedici anni di carriera), è piaciuto proprio quell’aspetto del nostro ragazzo, la forza di volontà che nel tennis passa come forza mentale. Glielo ha detto, e Lorenzo si è fatto di porpora, ma non ha rifiutato il complimento. «Se lo dici tu, che sei il maestro della forza, allora sono a posto». E forse, in quelle due ore di tennis, nella finale degli Australian Open juniores, Lorenzo adulto lo è diventato davvero. In anticipo sul tennis e sulla carta d’identità, che lo vuole ancora sedicenne, seppure a un passo dai 17. Li compirà il 3 marzo. Non è più un bimbo, Lorenzo, per il tennis è ormai ufficiale. La beata adolescenza carrarese, fra il mare e le rocce di un lembo di terra baciato dalle divinità, è finita. L’antro della nonna, quello scantinato che il padre, Francesco, liberò per disegnare una rete sul muro e permettergli di infuriare per ore su di esso, con una racchettina e una palla, resterà un luogo di ricordi. Non saranno più “da ragazzino” neanche i prossimi impegni, che lo porteranno a misurarsi nei primi tornei professionistici, contro avversari che giocano tutti al modo di Emilio Nava, l’avversario americano affrontato nel match decisivo a Melbourne, e tutti sembrano avercela a morte con le povere palline, che bistrattano e tiranneggiano. Non lo saranno le scelte che si troverà a prendere, se davvero avrà voglia di continuare a fare il tennista. E lui di voglia ne ha ancora tanta, perché ha capito in fretta che cosa serve, in questo mestiere, e quali siano le strade da percorrere. «Ho lavorato duramente per vincere questo titolo», racconta, «dopo la sconfitta in finale agli Us Open, lo scorso settembre, ho avuto davanti ai miei occhi solo questa finale e questo riscatto. E ora che ce l’ho fatta, so che la parte più dura deve ancora arrivare». Regole apprese da Simone Tartarini, maestro più che coach, ma anche lui disposto a fare il salto di qualità, proprio come il suo allievo, e inventarsi una seconda carriera. Dieci anni assieme, finora. Glielo consegnò il padre al Circolo Tennis La Spezia, Lorenzo aveva otto anni. «Pensava che il figlio avesse delle qualità da tirar fuori, e cercava qualcuno che lo crescesse senza pressioni, fra tennis e divertimento. Condividevo quel punto di vista e accettai. Procediamo ancora a piccoli passi e sì, facciamo in modo che un pizzico di divertimento non manchi mai durante gli allenamenti». Lorenzo gli chiede di continuare con lui per sempre, e Simone finirà per accettare, almeno fino a quando capirà che una sua parola, un suo consiglio, riusciranno a sbrogliare le carte e spegnere le angosce che il tennis porta con sé.

Ma Lorenzo ha anche altri al suo fianco, e non è detto che una parte delle attuali presenze non si trasformino nel suo team, in tempi futuri. Si allena d’estate a La Spezia, d’inverno invece sui campi della federazione a Tirrenia, e in questo caso Tartarini ha al suo fianco gente di provata esperienza come Volandri e Rianna. Non solo… Lorenzo ha libero accesso anche alle strutture di Mouratoglou (Serena Williams, Stefanos Tsitsipas), che l’ha inserito in un club di ragazzi molto forti, cui dare l’occasione di borse di studio e di spazi per allenarsi. Su tutto, ha imposto la sua mano l’azienda di abbigliamento più nota in campo tennistico, che lo ha rivestito di tutto punto. Trattamento da Top Class, come si vede, ma a futura memoria… In realtà, il tennis, quello vero, deve ancora cominciare. Lo accompagneranno i giudizi già molto alti - forse troppo alti - che il mondo del tennis ha espresso sulle sue doti tennistiche. E con essi, Lorenzo Musetti dovrà misurarsi davvero come un adulto.

Lo paragonano a Federer, addirittura. È il suo idolo. Manifesto in camera e una speranza, «quella che un giorno Roger mi chiami per tirare due palle insieme... L’ho fatto sapere in giro, spero che la mia richiesta gli arrivi». Ma i paragoni sono un’altra cosa e Lorenzo lo sa. Sì, c’è quel rovescio a una mano, e forse, ancora più equiparabile, quel modo di giocare a tutto campo che a Lorenzo viene spontaneo, e anche in finale gli ha permesso di contrattaccare la potenza di Nava e ribaltare il primo set. Qualità indubbie. Rafforzate dall’amicizia con l’altro italiano che in questi Open si è mostrato all’altezza, Giulio Zeppieri, mancino e giocatore capace di esercitare grande pressione da fondo campo, molto “nadaliano” a suo modo. Si sono affrontati in semifinale, ora sono numero 2 e numero 15 della classifica mondiale juniores. Molti dicono che quel ranking conti poco, o niente. Molti numeri uno da bimbi non sono poi diventati campioni. È vero… Ma statene certi, tutti i campioni, da bimbi, sono stati giocatori forti.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: