venerdì 23 giugno 2023
Inaugurata 50 anni, è in continua evoluzione. Dalle 950 iniziali ora custodisce oltre 9mila opere. Una porta lasciata aperta allo scambio e alla comprensione, all’ascolto e al dialogo
Paolo VI inaugura la Collezione di arte religiosa moderna dei Musei Vaticani, il 23 giugno 1973. Accanto a lui monsignor Macchi e monsignor Fallani

Paolo VI inaugura la Collezione di arte religiosa moderna dei Musei Vaticani, il 23 giugno 1973. Accanto a lui monsignor Macchi e monsignor Fallani - Fotografia Pontificia Giordani - Musei Vaticani

COMMENTA E CONDIVIDI

Ancora oggi si percepiscono meraviglia e stupore in quanti, visitatori e amanti dell’arte, scoprono dell’esistenza di una Collezione di Arte Moderna e Contemporanea all’interno dei Musei Vaticani, uno dei luoghi emblematici dell’arte dei secoli passati. Eppure la più giovane raccolta dei Musei del Papa compie oggi 50 anni: il 23 giugno 1973, nella simbolica cornice della Cappella Sistina, Paolo VI ha inaugurato la nuova “Collezione d’Arte Religiosa Moderna”, da lui stesso ideata, voluta e promossa. Un progetto audace e visionario, avviato nove anni prima quando, il 7 maggio 1964 papa Montini chiede al mondo dell’arte, riunito sempre in Cappella Sistina, di “tornare amici”, di rinsaldare e rivitalizzare il legame che ha unito Chiesa e Arte.

Un legame speciale, unico e insostituibile perché, scandisce Paolo VI, «Noi abbiamo bisogno di voi» per rendere comprensibile e «commovente» il mondo dello spirito. L’arte può dire il dolore e la gioia, la fragilità e la speranza, può afferrare l’Oltre e l’Altrove, oltrepassando spesso le intenzioni del suo autore. Perché gli artisti sono “profeti” e “poeti”: sanno guardare oltre il visibile; sanno dire, con forme e parole, ciò che hanno afferrato con il cuore, la mente e l’anima. La Chiesa dal canto suo deve coltivare la curiosità e la dedizione per la cultura contemporanea e i suoi linguaggi, fatti di straordinarie potenzialità e intuizioni, opacità e ritrosie, specchi della complessità dell’uomo e del suo sguardo sul mondo e sulla vita.

Non si tratta di speculazioni filosofiche: a partire dal 1964 Paolo VI avvia una straordinaria organizzazione, coordinata dal suo Segretario personale, Pasquale Macchi, insieme a Giovanni Fallani e Ennio Francia, che porta alla costituzione del primo nucleo di 950 opere, entrate come collezione privata del pontefice. Ma il progetto ha una portata ben più ampia. Il 23 giugno 1973, con una cerimonia solenne, la nuova Collezione viene affidata alle cure dei Musei Vaticani, non solo per essere “custodita” ma ampliata, trasformata, incrementata.

Non un punto di arrivo, dunque, ma il segno concreto e tangibile, per volontà del Capo della Chiesa Cattolica, di una porta lasciata aperta allo scambio e alla comprensione, all’ascolto e al dialogo. Compito impegnativo ma ineludibile per una istituzione museale di cui Paolo VI tratteggia i caratteri fondanti la sua missione: il museo è un luogo aperto, un dispositivo dinamico, in costante dialogo con le domande, i dubbi, le trasformazioni della società. Volerlo immaginare come un luogo immobile, nel quale il passato rimane imbalsamato in una visione granitica, è un errore e un’utopia. Esplode con forza la domanda retorica: «La Chiesa avrebbe solo musei, gelosi custodi del lavoro degli antichi artisti, solo perciò superbi e magnifici cimiteri, da offrire alla nostra ammirazione e alla nostra imitazione? La Chiesa s’è fermata alla storia ormai spenta dei tempi trascorsi?». Essere custodi della memoria e delle tradizioni è possibile solo se si concede fiducia all’arte di ogni tempo di avere la «capacità prodigiosa (ecco la meraviglia che andiamo cercando!) di esprimere, oltre l’umano autentico, il religioso, il divino, il cristiano».

Il pontefice sembra voler sottolineare topograficamente il ruolo cruciale affidato all’arte contemporanea: la Collezione viene collocata negli ambienti, che ancora occupa e che sono vincolati alla sua esposizione, posti tra le Stanze di Raffaello e la Cappella Sistina, cuore storico e simbolico dei Musei. In questi 50 anni, studi e ricerche, convegni, pubblicazioni scientifiche, restauri, esposizioni, rapporti con artisti, eredi e istituzioni hanno trasformato il nucleo originario.

Oggi la Collezione conserva oltre 9.000 opere tra pitture, sculture, opere su carta, video arte, installazioni, fotografia, modelli architettonici, libri d’artista, vetrate, mosaici. Un incremento che ha cercato di rispondere al mandato di Paolo VI, ribadito nel 1999 da Giovanni Paolo II e nel 2009 da Benedetto XVI – e di cui proprio questa mattina attendiamo una direzione dalla viva voce di papa Francesco – di essere parte attiva nel dibattito, sempre più partecipato, intorno al tema dell’arte sacra.

Ugualmente cruciale, nell’ottica di un luogo universale come sono i Musei Vaticani, è il legame tra la cultura contemporanea e il concetto di “tradizione”. La storia e il passato sono elementi vivi, capaci di mettere in contatto le generazioni, nell’azione costante, critica e attiva, del presente per stimolare nuove condizioni del conoscere, dell’immaginare e dell’essere. È per questo, che tra le varie iniziative con cui si celebra questo importante anniversario, abbiamo pensato di “contaminare” dieci settori dei Musei con altrettante opere della Collezione: affinché la loro presenza, meditata con cura ma inattesa e perturbante, possa generare domande, stupore, interesse, nuove conoscenze. Sono ancora alti e robusti gli argini che spesso rallentano o deviano queste aperture: la più giovane raccolta dei Musei Vaticani richiede energie, competenza, esperienza, apertura e immaginazione, per poter essere parte attiva e ricettiva della costante ricerca dell’arte di svelare, oltre la sua umanità, il miracolo del sacro, la possibilità di accedere al mistero.

*Curatore Collezione Arte Moderna e Contemporanea


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: