mercoledì 2 ottobre 2013
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Se il mercato del libro è in recessione ormai da alcuni anni, il dato del 2012 si avvicina alla categoria «bagno di sangue»: – 14% delle vendite rispetto all’anno precedente con un ritorno secco ai valori del 2008. La nota in parte consolante, visti i tempi, è che l’editoria cattolica limita le perdite, facendo registrare sempre nel 2012 un – 4%. Questo è quanto emerge dalla ricerca promossa da Uelci (Unione editori e librai italiani) in collaborazione con Cec (Consorzio editoria cattolica) ed Ediser, la società di servizi dell’Associazione Italiana Editori, ricerca che viene presentata oggi a Milano. Una maggiore solidità degli editori cattolici rispetto ai rovesci del mercato, quindi, ma che non concede sonni tranquilli. La situazione infatti è oltremodo fluida, parlare di rendite di posizione è ormai fuori dal tempo. Anche qui basta un dato, che spiega Gianni Cappelletto presidente Uelci: «La parte preponderante delle pubblicazioni religiose provengono ancora dagli editori cattolici che mantengono negli ultimi anni il 13% del mercato globale», di contro si registra «un’entrata irruente degli editori laici che erano all’1,5% nel 2008 risalendo al 4,5% nel 2012. Con questi indici si può ipotizzare una loro presenza dell’8% nel 2015». Oltre la crisi c’è insomma la concorrenza sempre più decisa di chi cerca di lucrare in un ambito fino a non molti anni fa lasciato a case editrici di matrice confessionale. Del resto il bacino del mercato librario in Italia, è risaputo, è piuttosto chiuso: la torta è sempre quella, ognuno cerca di rubare una fetta al vicino. «Secondo i dati Istat del 2012 – continua Cappelletto – solo il 46% degli italiani legge almeno un libro all’anno». Ovvero oltre la metà della popolazione non legge nemmeno un libro in 12 mesi. «Il mercato si è sempre appoggiato ai lettori forti, la fascia che legge almeno 12 libri all’anno, che è il 6,3% della popolazione, una percentuale inferiore a quella di altri Paesi europei confrontabili con l’Italia. La crisi del 2012 è stata pesante perché per la prima volta da molto tempo proprio questo zoccolo duro di lettori, che non ha modificato le proprie abitudini nel corso delle altre crisi, ha comprato meno libri». C’è chi potrebbe pensare che un indebolimento della filiera cattolica, se il suo posto fosse progressivamente preso da quella laica, non farebbe una grande differenza per l’utente finale. A parte il fatto che l’editoria cattolica italiana, con la sua ricchezza di offerta e di editori, è un patrimonio culturale, un unicum o quasi in Europa, e merita di essere salvaguardata di per sé, la differenza per l’utente finale la si coglie nei titoli. Se gli interessi dell’editoria laica si dilatano, questo avviene infatti nella cosiddetta «area riflessiva» (il 45% del totale), cioè storia del cristianesimo e storia delle religioni, con una spiccata attenzione al mondo orientale. In crescita anche l’area «spiritualità», al 25%. Si tratta dell’area più light, in grado di intercettare un pubblico generalista in quanto a fede e orientamento etico. Colpisce, per esempio, come la produzione di libri religiosi indirizzati alla famiglia sia appannaggio al 100% di case editrici cattoliche. Senza di loro, non vi sarebbe pressoché nulla sul mercato. Tra i tanti fronti aperti, quello su cui ci si interroga maggiormente da anni è l’impatto dell’online sul mercato librario. Il dato presentato dalla ricerca Uelci parla di un incremento sensibile: da un 3,8% di libri religiosi acquistati tramite internet nel 2011 a un 11,5% nel primo quadrimestre del 2013. La crescita è notevole, ma i contorni del fenomeno restano incerti, soprattutto perché il gigante del settore, Amazon, non mette a disposizione i suoi numeri. Di fronte a ciò Enzo Pagani, vicepresidente Uelci, parla di «preoccupazioni molto forti» per la catena distributiva religiosa: «Le librerie, soprattutto indipendenti, chiudono ma anche le catene non navigano in mari tranquilli. Se nel mercato generale la chiusura di librerie indipendenti vede una successiva occupazione di librerie di catena, che di fatto aumentano la superficie di offerta editoriale, la stessa cosa non accade nel settore religioso. Alla fine a risentirne sono anche gli editori cattolici che perdono un canale distributivo che non ha ancora delle alternative mature rispetto alle librerie». Da tempo si dice che è venuto il momento di unire le forze e Pagani è d’accordo: «Così come la distribuzione cattolica per le librerie si è arricchita di un nuovo soggetto, Proliber, che ha fuso tre soggetti distributivi: Dehoniane, Messaggero e Elledici, così anche nel mondo delle librerie indipendenti e di catena sarebbe opportuno abbattere barriere che nascono dalle storie passate». Intanto si lotta, mese per mese. I prezzi della produzione religiosa sono in media più bassi del 4 o 5% rispetto al mercato generale, il prezzo si abbassa di un ulteriore 13% valutando il prezzo medio del venduto. Anche questo ha permesso di limitare i danni. «Dopo due anni di gravi perdite viviamo sul filo della sussistenza» chiosa Cappelletto. Se non altro, in questo 2013 che si è aperto con tinte fosche, il cambio di pontificato ha dato una boccata di ossigeno a molti editori e librai: è papa Bergoglio ovviamente il campione di vendite e il suo richiamo costante, «Non lasciatevi rubare la speranza», vale in piccolo anche per il settore della carta stampata e rilegata…
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