Lucia Apicella, la "madre dei morti", ritrovò i cadaveri di 700 giovani soldati uccisi durante la Seconda guerra mondiale, dando loro degna sepoltura
Nel 1945 a Salerno, mentre la guerra è agli sgoccioli, emerge una storia di misericordia e di compassione destinata a fare scalpore e a riempire le prime pagine dei giornali italiani e stranieri. È la pagina scritta da mamma Lucia, al secolo Lucia Pisapia, coniugata Apicella. Dal 1943 questa donna, nel silenzio dei riflettori, aveva deciso di dedicare la sua vita al recupero e alla sepoltura di oltre 700 salme e centinaia di effetti personali. Un’opera umile e tenace compiuta a Cava de’ Tirreni quando i tedeschi della divisione “Hermann Göring” si stavano ritirando lasciando morte e distruzione mentre dall’alto i B24 americani bombardavano senza sosta le colonne tedesche.
Mamma Lucia aveva visto sfilare e morire decine di ragazzi ed era convinta che l’unica ad uscire sconfitta da ogni guerra era l’umanità. Lo scrittore e sceneggiatore Giuseppe Marotta nella raccolta Le Madri descrisse così il coraggio di questa donna: «Un che di ibrido era in lei. Colpivano la sua indubbia umiltà e il suo taciuto ma probabile orgoglio, la sua disinvoltura e la sua modestia, la sua innocenza di popolana e non so che giudizio, che talento di signora! Come è acuta e lucida la sua ingenuità! Come è schietta, disadorna, ma rigorosa e vagamente strategica, la sua maniera di allineare i fatti! Come, senza parere, con estrema naturalezza, la narratrice è sempre al centro del racconto! Respinge brusca ogni timido intervento del marito: per un secondo i suoi tratti s’induriscono, è un’ombra fulminea, ma un’ombra sulla sua lunga mansuetudine».
In mamma Lucia il pensiero di quei giovani abbandonati ai bordi delle strade è costante a tal punto che una notte sogna una radura con otto croci divelte accanto alle quali otto soldati la supplicano di restituire i loro resti mortali alle proprie madri che non li hanno visti tornare dalla guerra.
Lucia, che aveva concluso il suo percorso di terziaria francescana il 4 ottobre 1942, presso il convento dei frati cappuccini di Cava de’ Tirreni, si mette all’opera con il chiodo fisso di rendere omaggio ai morti insepolti. La voce si sparge e i suoi concittadini le riportano notizie di affioramenti dal terreno di elmetti, stivali, tessuti di divise logorate da vento e pioggia, come pure l’emergere, tra le pietre dei sentieri e tra l’erba secca, di resti umani.
Mamma Lucia non si dà pace. «Quel sogno non mi dava tregua – avrà modo di spiegare ai giornalisti –. Allora indirizzai una lettera al comando alleato che diceva così: avete ormai vinto, l’odio è terminato ed io vi scrivo come una semplice mamma. Permettetemi di sistemare i cadaveri perduti«. La risposta del Comando alleato, però, non fu positiva. La competenza per seppellire i cadaveri era del municipio di Cava de’ Tirreni. Mamma Lucia non demorde scongiura il primo cittadino di Cava e tramite esso il Prefetto di Salerno ottenendo l’assenso con l’assegnazione di due becchini. Ma dopo pochi giorni i due impiegati comunali rifiutarono l’incarico ritenendolo troppo pericoloso per via delle mine ancora sepolte e per il timore di contrarre qualche infezione.
Siamo al 16 luglio del 1946 e nonostante le difficoltà “la madre dei morti”, come la soprannominarono in tanti, va avanti nella sua personale e solitaria azione umanitaria. Lucia raccoglie e ricompone anche i resti di caduti anglo-americani, marocchini o polacchi, perché lei non guarda a differenza di divise o di bandiere. Mentre a Cava de’ Tirreni, mamma Lucia è l’unica a esumare le salme dei soldati, per l’intera nazione si dovette attendere la legge 9 gennaio 1951, n. 204 perché si provvedesse al censimento e sistemazione delle salme dei militari e dei civili deceduti in quel terribile periodo di guerra.
Un’attività che viene ben presto “scoperta” dalla stampa locale e poi dai giornalisti delle grandi testate e dei quotidiani e periodici tedeschi. “Il Mattino”, “L’Osservatore Romano” e “Il Corriere della Sera” raccontarono questa storia di vicinanza e prossimità che fa subito il giro del mondo. Lo stesso Papa Pio XII viene a conoscenza di quanto sta accadendo a Cava de’ Tirreni e dona a mamma Lucia una preziosa medaglia d’argento mentre nel settembre del 1951, in occasione dell’incontro con i genitori di Joseph Wagner, un caporale tedesco caduto sul campo di battaglia e ritrovato in un dirupo di montagna, viene conferita a mamma Lucia la Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca. Radio Stoccarda trasmette un servizio in cui viene sottolineato che «un popolo che ha saputo dare al mondo una mamma Lucia merita tutto il nostro amore, tutta la nostra gratitudine e tutto l’onore di cui siamo capaci». Nel 1959 Lucia Apicella riceve dal Presidente della Repubblica l’onorificenza di Commendatore della Repubblica Italiana e la città di Salerno la proclama cittadina onoraria.
Mamma Lucia morirà a 95 anni nel 1982, ma per tutta la sua vita non smetterà di trasmettere ai giovani che l’amore non ha confini e che la pietà non si ferma davanti alle ideologie. Appresa la notizia l’allora Presidente Sandro Pertini scrive al primo cittadino di Cava de’ Tirreni: «La scomparsa di mamma Lucia colpisce dolorosamente quanti riconoscono nell’amore e nella solidarietà valori fondamentali per l’edificazione dell’uomo».