Mamma degli azzurri sì, certo, ma per qualcuno direi forse anche la nonna". Mabel la Divina non è stata solo la più grande giocatrice di pallacanestro italiana, una delle migliori sintesi di questa splendida metafora con la quale si calpesta il parquet, anelando a sfiorare il cielo. Mabel Liliana Bocchi è anche una donna che ha imparato la grande dote dell'autoironia. E come un pezzo dei Pink Floyd, come un libro di Steinbeck, ogni volta che lo ascolti o lo leggi, ti racconta sempre qualcosa. Per esempio, che nel basket come nella vita, la somma non sempre fa il totale, anzi. Mamma Mabel, per così dire, non è proprio che ami molto il karma di un modo di fare sport, compresa la Nazionale di Pianigiani, nel quale ci si affida ai pistoleri solitari per risolvere i problemi e per vincere. E c'entra solo in modo tangenziale l'ennesimo flop di una generazione molto muscolosa, molto talentuosa e molto selfie, ma anche molto povera di trofei, anche perché sembra il ritratto di altre discipline e di altri campioni con un grande futuro alle spalle. "Ai miei tempi non c'era nemmeno il fax, figurarsi cosa posso dire di questi ragazzi e dei social. Non sarebbero un problema, se uno non vivesse in funzione di quello che viene pubblicato e viene detto su di lui. Quando vai in campo non dovresti pensare a queste cose. Ma più in generale, sono d'accordo con chi dice che a basket si gioca in cinque e che, anche se individualmente i nostri giocatori sono molto forti, non si può dare carta bianca a quelli che giocano nella Nba. Pianigiani se ne sta zitto e gli fa fare tutto quello che vogliono, mi riferisco in particolare a Belinelli che avrà pure un grande talento e ha vinto la gara da 3 all'All Star Game, ma non significa proprio nulla. E' in grado di farti vincere le partite, ma anche di fartele perdere, perché gioca solo contro tutti e mi fa ripensare al primo Europeo di Pianigiani in panchina, allucinante". Il basket giocato e le vicende azzurre rievocano la sua epopea, quando il mondo era ancora diviso a metà, tra buoni e cattivi. Un lungo Muro di mezzo e di là, oltre Berlino Est, c'era una donna di 213 centimetri, col 58 di piede, ma di animo garbato e gentile. La sua amica Uliana Semeonova. "Ai mondiali in Colombia, nel 1975, ero in lizza per diventare Mvp della manifestazione. Prima della partita gli ho chiesto di darmi una mano, visto che dovevo marcarla, tanto la gara era segnata. Contro le russe non c'era storia, per noi. Uliana fu incredibile: per tutto l'incontro non fece nemmeno un tiro, lei che poteva segnare quando voleva. Non si avvicinava al nostro canestro. Fingeva di impappinarsi col pallone e in questo modo mi fece fare un figurone". Mabel, la Divina, vinse infatti il titolo di miglior giocatrice, l'Italia arrivò ai piedi del podio nella scontatissima vittoria delle russe. Si parlavano in latino, lei e Uliana, e anche per questo Mabel in fondo può essere la mamma di giovani colleghi che comunicano tramite Facebook. Il mondo è cambiato e la ruota ha girato parecchie volte, ma lei è uscita dal giro da un pezzo. "Perché una come me non ha un ruolo nel movimento? Parliamoci chiaro: il presidente Petrucci mi vuole molto bene, siamo ottimi amici. Ma io sono una rompicoglioni da sempre, fin dai tempi in cui da sindacalista nella squadra femminile fui sospesa un paio di volte dalla Federazione. E' che io soprattutto non accetto prevaricazioni e non accetto compromessi di nessun tipo, motivo per cui pur essendo membro della Hall of fame, alla prossima riunione mi dimetterò, viste certe situazioni in cui mi sono trovata. Lo so che nel mondo va di moda questo tipo di scalata, ma a me non interessa. L'unica scalata a cui tengo è quella al cielo, per potermi presentarmi nel migliore dei modi al Padreterno e per potermi sentir dire sei stata una brava persona". Il suo essere "di sinistra, molto di sinistra" non le impedisce di avere una visione molto più ampia delle cose, anche perché certe cose le ha sempre sostenute. Come per esempio l'amore e l'impegno per gli animali, in particolare i cani: "Sono nata e cresciuta in una famiglia che li teneva e non potrei vivere senza, adesso ne ho due e un gatto. Fino a pochi mesi fa ero impegnata ad aiutare una struttura di Seregno, materialmente facevo proprio i lavori di pulizia nel canile, ma adesso la mia schiena non me lo permette più. Continuo a cercare ogni giorno adozioni e persone disposte a occuparsi dei tanti cani trattati male e abbandonati, non potete capire quanta gente cattiva e che brutta umanità c'è in giro". Lei che, confessa, ha scoperto di aver scelto uno schema non proprio adatto, sulla lavagna della vita: "Forse ingenuamente, ho sempre applicato alla vita le regole delle sport, dove se non ti alleni bene e non ti impegni, non giochi o perdi. Ecco, sono sempre stata convinta della meritocrazia come concetto, ma mi pare che ormai sia completamente sparito da questo mondo. Perlomeno dall'Italia. Per questo mi sento sempre meno in sintonia con la gente e sono anni che esco molto raramente. Mi ritrovo molto più con le comunità primitive, diciamo così, come i Maori o i Masai, ma anche con i buddisti orientali, che non conoscono il culto del denaro, la cattiveria, il razzismo". Nei suoi tanti viaggi verso altri continenti e altri mondi, la sua Africa, nel senso letterale del termine visto che l'ha vissuta almeno una quindicina di volte, le ha tracciato una consapevolezza che riguarda noi e gli altri, anche nell'emergenza di questi tempi di immigrazione. "Per me è un fatto personale, una cosa che mi tocca nel profondo. Parliamo di gente disperata che mette tutta la propria vita in un sacchetto di cellophane e con quello attraversa il mare, o almeno ci prova. E tra di noi italiani che abbiamo invaso il mondo con la pizza e con la mafia, oltre che con tanti lavoratori, ci sono persone che istigano all'odio e all'intolleranza. D'altronde mentre si cerca di unire gli stati e affrontare le cose insieme, c'è gente che nello stesso tempo vogliono dividere le regioni. Invece io penso che i ricchi debbano aiutare i più poveri". Mabel che ha ripreso a comporre e dipingere bassorilievi, "sono già arrivata al quarto, avevo smesso nel '97 dopo la malattia di mio padre", perché le vocazioni di una donna sono tante e in fondo il basket è stata solo una di esse. E che adesso affronta i pregiudizi come un tempo affrontava e batteva le avversarie: "Mi capita di andare al parco col cane e quando si avvicina alla fontana per bere, trovo gente, anche molto distinta, che mi dice non lo faccia bere lì che si si lavano i piedi gli immigrati. Questo è puro razzismo e con questo mondo io non c'azzecco nulla. Infatti sto preparando la fuga insieme a mio marito, vogliamo andarcene da questo paese". Barcellona o Canarie, o chissà, si vedrà. Molto lontano dai tempi belli del Geas Sesto San Giovanni e della carriera, quando era un'icona nazionale, lei e Sara Simeoni erano le nostre donne mondiali. Un grande romanzo ancora aperto: "Avevo e ho dei solidi principi in cui credere e per cui battermi, credevo molto nelle idee, nelle ideologie e nelle responsabilità delle persone. Negli anni '70, quando giocavo e studiavo a Milano, partecipavo alle occupazioni delle scuole. Ma anche dopo, quando ho fatto l'assessore allo Sport a Sesto San Giovanni, dove ho giocato una vita, ma mi sono dimessa dopo due anni e mezzo, molto delusa, anzi vergognandomi perché stavo facendo tutto al contrario dei miei principi". Mabel che resta Divina perché c'è anche un'etica che va oltre l'estetica, "se non fossi stata carina e gradevole col cavolo che mi avrebbero apprezzata così, basta guardare altre colleghe altrettanto brave ma magari meno appariscenti". Predestinata allo sport e ad eccellere, come quando quasi per sbaglio, in età da adolescente, fece un travolgente record italiano nel salto in alto, travolgente nel senso che ha travolto il materassino, l'asticella e la giuria: "Ho staccato lontano e saltavo di traverso, alla meglio, non certo con la tecnica migliore, mi ricordo che cadendo mi sono tirata dietro tutto, anche l'ombrellone che è finito sui giudici, ma feci il record. Così, senza allenarmi mai, senza preparazione specifica". Predestinata in una famiglia di predestinati, col fratello Norberto che fin da ragazzino eccelle nel bridge, è stato per dieci anni il miglior giocatore italiano e sta nel Gotha mondiale. "Giocava anche lui a basket, ai tempi dell'Onestà, era anche molto bravo al tiro, ma faceva solo quello, non difendeva mai. Però è sempre stato un genio", e detto da una sorella Divina, non è affatto male come complimento.