sabato 15 aprile 2017
L’argento olimpico insieme a Paolo Nicolai «un’impresa costruita nella normalità, la stessa che mi ha aiutato nella lotta contro il tumore. Il successo? Va bene se aiuta questo sport»
Daniele Lupo alle olimpiadi di Rio de Janeiro (Ansa)

Daniele Lupo alle olimpiadi di Rio de Janeiro (Ansa)

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«La mia vita è cambiata? Quasi per niente. Faccio sempre le stesse cose: mi alleno, esco, vado al cinema». Sorride Daniele Lupo da Fregene, a pochi chilometri da Roma, 26 anni da compiere a maggio. Lui e Paolo Nicolai, classe 1988, da Ortona, in provincia di Chieti, sei mesi fa sono stati due degli eroi azzurri alle Olimpiadi di Rio 2016, conquistando la medaglia d’argento nel torneo di beach volley maschile, la prima nella storia di questa disciplina per l’Italia. Un podio che ha portato il presidente del Coni Giovanni Malagò a consegnare a “Danielino”, 193 centimetri di altezza, il Tricolore per la cerimonia di chiusura dei Giochi e che ha dato tanta popolarità ai due azzurri. «Non ero abituato a che la gente mi riconoscesse e mi fermasse per strada per un selfie – racconta Lupo – ma sono felice soprattutto perché mi fa capire che abbiamo fatto qualcosa di grande per il nostro sport, avvicinando tanta gente al beach».

Qualcosa di grande che Daniele e Paolo hanno costruito nel tempo, passo dopo passo. «Non eravamo favoriti a Rio – spiega il ragazzo di Fregene – ma comunque venivamo dai quarti di finale di Londra 2012 e da quattro anni con due titoli europei, nel 2014 e nel 2016 e tanti piazzamenti nel World Tour». Un quadriennio fondamentale per Daniele, beacher nato («Non ho mai giocato in palestra, ho amato fin da bambino la sabbia e la spiaggia, forse perché sono uno spirito libero » racconta), sul campo e fuori. «Nel 2013 – ricorda Lupo – mi sono arruolato insieme a Paolo nell’Aeronautica militare [la stessa arma degli altri azzurri a Rio Ranghieri-Carambula ndr]. Mi avevano avvicinato alcuni dirigenti subito dopo Londra e c’era stato subito feeling, ho partecipato al bando e sono entrato nel gruppo sportivo, in quella che per me è una seconda famiglia».

Un sostegno che è stato importante soprattutto nella primavera del 2015, quando durante un controllo per un problema al ginocchio a Daniele viene scoperto un tumore, operato immediatamente. «In quelle settimane – racconta il ragazzo di mamma kazaka e papà italiano – non ce l’avrei fatta senza la mia fidanzata, la mia famiglia, gli amici, gli allenatori, l’Arma e a Paolo» . Sì, proprio l’ex promessa della pallavolo indoor come palleggiatore, figlio di Rino Nicolai, appassionato di volley e medico della Pallavolo Impavida Ortona, squadra di A2.

«Nel 2015 Paolo mi ha aspettato – racconta Danielino – tra infortuni, l’operazione, la riabilitazione io mi ero allenato poco, avevo una forma abbastanza precaria e lui ha avuto pazienza. Gli ho detto grazie tante volte, soprattutto dopo le medaglie del 2016 » . Un grande feeling tra i due giocatori nato subito e cresciuto nel tempo e negli anni. «I partner sul campo sono come le donne – dice divertito Lupo – ci sono quelle di cui capisci presto che non vanno bene, altri con cui ti intendi alla perfezione e per tanto tempo. Così è successo a me con Paolo. Io e lui – prosegue – ci completiamo bene, sia perché lui è un po’ più tranquillo di me sia perché entrambi siamo capaci, nel tanto tempo che passiamo insieme, di concederci i nostri spazi».

Un’intesa che si è vista molto bene a Rio nella splendida cornice del Maracanãzinho, in un’Olimpiade cominciata a rilento per gli azzurri. «Abbiamo fatto come la Roma in questa stagione – spiega sorridendo Lupo, tifoso giallorosso mentre Paolo Nicolai invece è interista – ci abbiamo messo un po’ di tempo a carburare, però poi siamo andati avanti sempre in crescendo». Un cambio di marcia che secondo Daniele è arrivato in un match apparentemente senza significato. «Contro gli americani Dalhausser e Lucena, nell’ultima partita del girone – spiega – non avevamo nulla da guadagnare, nulla da perdere e abbiamo giocato come sapevamo, divertendoci e a mente sgombra». Un nuovo approccio che dopo lo spareggio con la coppia polacca («L’abbiamo giocato alle undici di sera, al freddo e in un campo secondario» ricorda Lupo) ha portato gli azzurri alla finalissima per l’oro battendo negli ottavi tra gli altri anche l’altra coppia italiana Ranghieri-Carambula.

«Rimpianti sull’ultima partita? Nessuno – dice riflettendoci Danielino – forse avremmo potuto giocarci meglio quel primo set dove eravamo stati davanti, ma poi Alison-Bruno, davvero due fenomeni del beach, ci hanno sorpassato e si sono dimostrati più forti di noi». Un oro sfiorato che non ha appagato, anzi, la coppia italiana. I due azzurri sono tornati in campo a fine 2016 al PalaYamamay di Busto Arsizio per l’Unet Beach Volleyball Indoor Challenge e hanno iniziato un anno, il 2017, debuttando a inizio febbraio nel World Tour con un buon quinto posto a Fort Lauderdale negli Stati Uniti. «Oltre alla stagione dei tornei – racconta il giocatore romano che di fatto non ha mai smesso di allenarsi – puntiamo molto soprattutto sui Mondiali di Vienna in programma tra la fine di luglio e l’inizio di agosto». Tanti impegni, tante partite, in giro per il mondo ma con la stessa voglia di sempre. « Cosa mi spinge ogni giorno sulla sabbia? – conclude Daniele Lupo che a inizio aprile insieme a Nicolai ha ricevuto una Menzione d’Onore al Premio Internazionale Edoardo Mangiarotti – La passione, il piacere di giocare e il desiderio di migliorarmi costantemente». Lo stesso amore che ha portato Danielino e Paolo all’argento olimpico e a tenere svegli milioni di italiani per seguire le loro imprese.

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