martedì 31 marzo 2015
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Non solo email. La chiocciola, icona planetaria della nostra società, va ben al di là degli indirizzi di posta elettronica, che l’hanno resa celebre. Il Moma (Museum of Modern Art) di New York, l’ha elevata a opera d’arte e l’ha fatta entrare fra le sue collezioni. Nel mondo si è conquistata nomignoli che dicono come questa preposizione sia considerata quasi un’amica di famiglia: in Russia la chiamano cagnolino, in Grecia paperottolo, in Germania scimmia, in Israele strudel,in Giappone vortice. E soprattutto può essere ritenuta a tutti gli effetti una lettera dell’alfabeto: nelle tastiere dei computer lo è già, ma ciò che conta è il suo uso al pari di ogni altro carattere tradizionale. Un esempio? In italiano ci sono il genere maschile e quello femminile, non il neutro. «Ma proprio la chiocciola ha quasi introdotto il neutro nella nostra lingua », spiega Massimo Arcangeli, docente di linguistica all’Università di Cagliari e direttore dell’Osservatorio della lingua italiana Zanichelli. Così, invece di scrivere “Caro/a amico/a”, si ricorre alla formula Car@ amic@ che «consente di rivolgersi contemporaneamente a persone di sesso maschile e femminile», afferma lo studioso. Al logogramma che unisce le generazioni Arcangeli dedica una “storia confidenziale” col volume Biografia di una chiocciola (Castelvecchi; pagina 116; euro 16,50). Allora professore, la @ è davvero una lettera da imparare come tutte le altre fin dalle elementari? «Di fatto, sì. E il segreto del suo successo sta nell’uso molteplice che se ne può fare. Pensiamo al vezzo di scrivere Inter@Juve per indicare una sfida calcistica. Con questa locuzione si intende affermare che l’Inter si recherà a casa della Juve. Del resto è questa la funzione della chiocciola anche nella posta elettronica: digitare marcorossi@azzurro.it significa comunicare che Marco Rossi trova “casa” nello spazio virtuale azzurro.it. Poi la chiocciola è impiegata per neutralizzare le offese. Se scrivo sul web una malaparola, ci sono software “censori” che la bloccano e non consentono che un post o un commento finisca online. Quando sostituisco alcune lettere con la chiocciola, permettendo comunque che il vocabolo possa essere compreso da chi legge, aggiro i filtri e riesco nell’intento di vedere pubblicato il termine». Come possiamo descrivere la @? È davvero la fusione di più lettere? «La nascita della chiocciola è avvolta dal mistero. C’è chi sostiene che vada ricollegata alla preposizione latina ade che sia scaturita dallo svolazzo della “d” accanto alla “a” negli antichi manoscritti. Altri, come Giorgio Stabile, la legano a quell’unità di peso e capacità che in spagnolo si chiama arroba. Sta di fatto che la @ ci appare essenzialmente come una “a” dentro la “o”». E il segno trova accoglienza anche nei testi religiosi. «All’interno di un codice miniato custodito nella Biblioteca Vaticana compare una @ come prima lettera della parola Amen. Il documento del XIV secolo è una versione in bulgaro dell’opera bizantina di Costantino Manasse che narra eventi compresi fra la creazione del mondo e la morte dell’imperatore Niceforo III Botaniate». La chiocciola ha affascinato Leonardo da Vinci. «Esatto. È presente in un suo scritto, anche se è maiuscola la “a” ospitata nella “o”. Il simbolo si sarebbe, poi, trasformato nel logo del movimento anarchico. Ma nel testo del genio toscano non ha risvolti politici. Anzi, siccome Leonardo era appassionato di giochi enigmistici, quella “A” nella “O” rappresenta probabilmente un rebus la cui soluzione è la parola “anello”». Insomma chi crede che la @ abbia pochi decenni di vita ha preso un abbaglio. «Il segno risale almeno al tardo Medio Evo quando veniva impiegato dai mercanti per individuare il prezzo unitario. Piaceva anche perché era associato a un labirinto o a una spirale. Perciò ha oltre cinque secoli alle spalle. Le tracce più remote si hanno in Spagna, ma la lettera attraversa presto il Mediterraneo. E raggiunge anche l’Italia, come testimonia un documento firmato dal re Giovanni II d’Aragona che ho rintracciato nell’Archivio di Stato di Cagliari». Poi diventa la “a” commerciale che troviamo nelle macchine per scrivere. «E sarà proprio questa la progenitrice dell’emblema delle email. La “a” commerciale stava per at a price of (al prezzo di). A sinistra del simbolo compariva la quantità della merce e a destra il prezzo unitario: ad esempio 5gal@$10, ossia 5 galloni a 10 dollari ciascuno. La “a” commerciale non ha avuto la stessa fortuna della chiocciola informatica. Ed era rimasta abbandonata sulla tastiera di una telescrivente in cui l’ingegnere statunitense Ray Tomlinson la recuperò nel 1971 per inviare la prima email. La sua scelta si sarebbe rivelata davvero azzeccata: perché la chiocciola è, al tempo stesso, un segno antico e moderno». La «particella» ha acceso la fantasia di interi popoli per darle un nome. «In inglese la dizione ufficiale è at. In realtà non ha nulla di anonimo questa preposizione. In italiano abbiamo adottato l’appellativo chiocciola. E nelle diverse lingue si ricorre ad animali, piante, cibi o minerali per chiamarla. C’è anche chi, come uno storico dell’arte inglese, suggerisce di attribuirle l’impegnativo nome di “orecchio di Van Gogh”. Tutto ciò fa capire come la @ sia ormai di casa nelle famiglie dei cinque continenti. Quando ci affidiamo a un soprannome, vuol dire che intendiamo evidenziare un legame affettivo. Ed è quello che davvero abbiamo con la chiocciolina».
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