lunedì 28 ottobre 2019
La capitale francese celebra il genio di Vinci in chiusura del cinquecentenario. Più che una mostra, quella aperta al Louvre sembra il set di un kolossal: atteso mezzo milione di visitatori
Leonardo da Vinci, "Sant'Anna, la Vergine e il Bambino"

Leonardo da Vinci, "Sant'Anna, la Vergine e il Bambino" - René-Gabriel Ojéda

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Più che una mostra, quella che ha aperto nei giorni scorsi a Parigi sembra il set di un kolossal: dieci anni di lavoro per pianificare e organizzare la rassegna su Leonardo da Vinci al Louvre per il cinquecentenario della morte dell'artista, fino al prossimo 24 febbraio. Ben 162 opere provenienti dai principali musei europei e americani, ma soprattutto un'affluenza prevista di oltre 500mila visitatori: la mostra più visitata del Louvre, quella su Delacroix dello scorso anno, ne totalizzò 540mila. Già 220mila i biglietti venduti, per la gioia dei tour operator: chi vuole recarsi a vedere Léonard de Vinci, scritto proprio così alla francese, deve effettuare obbligatoriamente la prenotazione online al sito del museo, scegliendo prima la data.

Ma soprattutto sono stati i continui colpi di scena a rendere questo evento quasi un thriller, a partire dalla contestata vicenda del prestito dell'Uomo Vitruviano dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, terminata nei giorni scorsi con la concessione alla mostra del fragile disegno, negato in un primo momento dal Tar del Veneto. Tanto che alla fine persino la Gioconda passa quasi in secondo piano, separata dal percorso che si snoda nel piano sotterraneo. Le luci della ribalta non sono tanto per Monna Lisa – che non è più in mezzo ai Rubens (coi quali in effetti aveva poco a che fare), ma è visibile ora nella Sala des États, rinnovata per l'occasione con pareti blu scuro e circondata da capolavori della scuola veneta –, ma per La belle ferronière, la misteriosa dama dall'identità
ancora dibattuta – forse Cecilia Gallerani, forse Lucrezia Crivelli – il cui ritratto campeggia su centinaia di manifesti tappezzati per tutta la città e sul catalogo della mostra. Quello che doveva essere il vero protagonista di questa mostra-kolossal, il celebre Salvator Mundi, è stato annunciato e poi smentito. Del contestato dipinto reso noto una decina d'anni fa, esposto a Londra nel 2011 per essere poi venduto all'asta esattamente due anni fa per 410 milioni di dollari, cifra record salita a 450 milioni con i diritti d'asta – che lo rendono il quadro più costoso della storia – ancora nessuna traccia. «Non ci è stata data una risposta definitiva dal proprietario», si sono limitati a dire i curatori Vincent Delieuvin e Louis Frank, responsabili rispettivamente dei dipartimenti di Pittura e di Stampe e Disegni del museo parigino. In mostra è presente la versione Ganay attribuita in passato da Carlo Pedretti allo stesso Leonardo e qui data alla bottega.

Il percorso è comunque ricco di confronti e ben delineato nelle varie fasi della sua carriera. Si incomincia con la prima sezione, dal titolo evocativo "Ombre, luci e rilievo", dove troneggia il colossale bronzo di Andrea Verrocchio, L'incredulità di san Tommaso, in origine sulla facciata della chiesa di Orsanmichele e già protagonista della recente mostra sul maestro di Leonardo al Bargello: intorno sono esposti i disegni del suo allievo più geniale raffiguranti particolari di panneggi. Non a caso la sezione successiva, "Libertà", evoca il periodo successivo all'alunnato presso la bottega del Verrocchio e l'inizio di una carriera di successo, che lo porterà a Milano nel 1482 alla corte di Ludovico il Moro per quella che resterà la fase più feconda della sua attività, durata fino all'arrivo dei francesi allo scorcio del nuovo secolo, quando inizierà un periodo errabondo che lo porterà in varie città italiane, fino alla scomparsa nel castello di Amboise, ormai anziano, nel 1519. I capolavori sono tanti e in grado di accontentare i visitatori più esigenti: d'altronde il Louvre ha la fortuna di possedere il maggior numero di dipinti, come la già citata Belle ferronière, il San
Giovanni Battista
, la prima versione della Vergine delle rocce e Sant'Anna con la Vergine e il Bambino che chiude il percorso. E laddove non è stato possibile ottenere i prestiti, si è ricorso a delle riflettografie in grado comunque di mostrare la sua straordinaria abilità tecnica, come quella dell'Annunciazione degli Uffizi, il cui restauro è terminato pochi anni fa e che per motivi conservativi non è stata richiesta. A queste opere si aggiunge un nutrito corpus di disegni che da soli basterebbero per una mostra, come gli studi di teste per la Battaglia di Anghiari e prestiti come il Musico dall'Ambrosiana di Milano, il San Gerolamo dai Musei Vaticani o la Scapigliata dalla Galleria nazionale di Parma, esposta vicina agli Studi per la testa di Leda e alla versione dipinta dai suoi allievi della Leda con il cigno dagli Uffizi. Proprio lo spazio riservato alla scuola è il più sacrificato, ma a Giovanni Antonio Boltraffio e Marco d'Oggiono è comunque riservata la galleria di ritratti di santi: una sfilata di sette ritratti che mostrano il loro debito nei confronti di un maestro inarrivabile.




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