lunedì 21 marzo 2022
Venti anni fa una maestra di Afragola discusse con i suoi bambini il tema della guerra e della pace con i testi di grandi autori. Le domande e le risposte emerse allora sono le stesse di oggi
Gli studenti della scuola Alvaro Gobetti di Torino in un coro di protesta contro la guerra e per la pace in Ucraina, l'11 marzo scorso

Gli studenti della scuola Alvaro Gobetti di Torino in un coro di protesta contro la guerra e per la pace in Ucraina, l'11 marzo scorso - Ansa/Tino Romano

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Maria Montessori ci ha insegnato che la politica può solo evitare le guerre, ottenere che i conflitti tra i popoli si risolvano attraverso negoziati piuttosto che attraverso la violenza, ma non può costruire la pace. La pace è dunque un complesso problema pedagogico, un tema da affrontare, spesso, a scuola non legandola solo all’ultima ora. Un giorno del 2003, in una classe di Afragola, in provincia di Napoli, nell’Istituto comprensivo chiamato proprio “Europa Unita”, una maestra lesse ai bambini alcuni testi sulla pace e sulla guerra, iniziando da Brecht e finendo con il maestro Lodi.
Scelse innanzitutto questi pochi versi del grande drammaturgo tedesco: "Generale, il tuo bombardiere è potente / spiana un bosco e sfracella cento uomini / ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista". A quelle parole, Francesco, di dieci anni, disse: "La guerra la fanno solo gli uomini" e Arianna: "Le armi senza le persone non sanno sparare". Intervenne poi Delia, della stessa classe, dicendo ai suoi compagni: "Gli uomini costruiscono le armi proprio con l’intenzione di uccidere". In quel momento, la maestra, che ora non c’è più, (autorevole studiosa del tema "Filosofia e bambini", fra le fondatrici di Amica Sofia, oltre che autrice di La metafisica dei bambini paragonata a quella degli adulti, Morlacchi editore), Pina Montesarchio, chiese a uno dei suoi alunni di portarle sulla cattedra un "etto di pace", di stringerlo bene fra le mani altrimenti va a terra e si rompe. I bambini ridono divertiti e l'insegnante: "Ma se la pace non è un oggetto che si può portare via in una mano, allora cos'è?".
La domanda, di grande attualità in queste ore, discussa già dai presocratici a Kant, riporta alla mente una scena di una volontaria ungherese, Edith, sul confine ucraino, che legge Rodari in russo ai bambini (russofoni) scappati, con le loro madri e nonne, della aree costiere del Mar Nero. La scelta non è casuale, perché, come ben noto, la grande popolarità di Gianni Rodari sembra geograficamente sconfinata e non ci stupisce ritrovarlo qui, dinanzi a scene di guerra e di fuga dall’Ucraina. Importante, per inciso, ricordare che il suo primo grande successo, all'estero, fu proprio nei paesi dell'Unione Sovietica, che vivevano l’illusione dell’uguaglianza e della pace. Negli anni '60, il suo noto personaggio, Cipollino, era più famoso, in Russia, di Topolino. A Est le sue prime traduzioni risalgono al ‘53, quando i libri furono pubblicati in Bulgaria, e, poco dopo, nell’Unione Sovietica.

Torniamo a quella classe di Afragola. La maestra lesse una filastrocca che finiva dicendo: "Ci sono cose da non fare mai / né di giorno né di notte, né per mare né per terra/ ad esempio, la guerra". La maestra Pina prese poi un altro libro, I ragazzi della via Pal, raccontando che qui i ragazzini si fingono componenti di un esercito, in cui l’unico soldato semplice, l’ultimo “in grado”, è anche il più piccolo anagraficamente. Nemecsek, questo il suo nome, è un ragazzo piccolo, biondo, esile e ubbidiente, che nutre moltissima ammirazione nei confronti di Boka, considerato, nel gruppo, al pari di un generale. Nemecsek svolge ogni compito gli venga assegnato dai ragazzi più grandi, nella speranza di poter salire di livello nella gerarchia del gruppo. "Un elogio della guerra, secondo voi?", chiese la maestra ai suoi bambini? "O un fraintendimento della storia?"

La Montesarchio, con quella domanda, posta in maniera semplice alla classe dinanzi al difficile tema della guerra, intendeva dire che il Novecento ha espulso erroneamente questo romanzo, che invece aveva l’intento di raccontare il tramonto di una grandezza e l'alba di una follia. Molnar, spesso proposto come facile lettura per ragazzi, ha tentato di descrivere, quasi come in un gioco di strada, quello che un gioco non è: la guerra. Ha descritto anche un’Europa devastata fra le due guerre, mentre stava per esplodere la doppia dittatura del nazismo e del comunismo. Si consumava, in quegli stessi giorni, l'orrore antisemita e Molnar, come sappiamo, era un autore ebreo.

E poi fra le letture di quella mattina del 2003, arrivò Mario Lodi, amico e collega della maestra Montesarchio. Lesse un passo della Costituzione e i bambini. "I bambini di oggi non sembrano molto diversi da quelli di un tempo […] I bambini di oggi hanno ancora voglia di giocare, necessità di affetto, anche fantasia. Ma c’è una cosa che essi sanno e si portano dentro, che i loro genitori e i loro nonni, quando erano bambini, non avevano e non sapevano. Una cosa triste come un’ombra: essi sanno che l’uomo, con la sua intelligenza, ha inventato una quantità di macchine utili, ma nello stesso tempo ha prodotto armi che possono distruggere la vita sul pianeta. Essi sanno che il mondo è diviso e che su ogni parte stanno puntati missili pronti a partire, carichi di bombe. Sanno che in pochi minuti la terra può essere distrutta e gli uomini morire. E loro, i bambini, non avere il diritto di vivere la loro vita".

Andrea aggiunse a quella lettura una sua riflessione: "Maestra, questo è il paradosso della pace e della guerra. Non possono vivere insieme, perché il giorno in cui la guerra arriva, la pace muore. Non si sopportano proprio". Ovviamente queste parole sono necessarie quanto attuali in queste ore, infatti, in occasione del centenario dedicato a Mario Lodi, il 24 Marzo si tenterà nel corso di un webinar di rispondere a questa domanda: “Quali suggerimenti possiamo ricavare dall’esperienza di Mario Lodi per i ragazzi che frequentano la scuola nel 2022”?

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