venerdì 11 novembre 2022
Si citano sempre Colosseo o San Pietro. Ma esiste una Città “perduta” dove arrivano i pellegrini diretti a Gerusalemme: una mostra ne rilegge la consistenza
“Testa virile (san Luca evangelista)”, mosaico, XIII secolo

“Testa virile (san Luca evangelista)”, mosaico, XIII secolo - Musei Vaticani

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Quando si pensa a Roma, la prima cosa che viene in mente è il Colosseo e la grandezza dell’Impero. Se poi ci si riflette ancora un po’, nella nostra testa, spunta San Pietro con il “cuppolone” di Michelangelo. Se riflettiamo ulteriormente, è ancora San Pietro ad affiorare nei nostri pensieri, ma questa volta, con il Colonnato di Bernini. In tutto questo rincorrersi di suggestioni e di ricordi, però, manca un punto centrale, quello della Roma nel Medio Evo. Questo perché l’idea medievale ci rimanda subito ad altre mete, quali, per esempio, la bellissima Siena – “la Pompei medievale” come è spesso chiamata –, oppure, le altrettanto affascinanti Venezia, Firenze e la Milano del duomo monumentale, costruito in stile gotico. Alla città sul Tevere non pensa mai nessuno. Eppure, durante il Medio Evo (o “Medievo”, come vogliono taluni storici), qui arrivavano pellegrini a frotte per andare a toccare la grande pigna che stava sotto l’edicola al centro del pronao di San Pietro, dove si pregava per lucrare indulgenze. Allora, proprio da qui, da quelle preghiere e da quello sfiorare devoto dei pellegrini, prende le mosse la bella mostra aperta da poco a Palazzo Braschi: Roma medievale. Il volto perduto della città (fino al 5 febbraio). Curata da Anna Maria D’Achille e Marina Righetti – due eccellenze negli studi dell’arte medievale non solo in Italia – l’esposizione vuole ricostruire, con oltre 160 opere, la realtà di una capitale europea che, per la sua condizione di sede papale, aveva un respiro universale. Certo, i pellegrini che attraversavano la via Francigena per arrivare in Vaticano, passando da Monte Mario, non vedevano la basilica attuale, ma quella che era stata fondata per volontà dell’imperatore Costantino. Indosso avevano le placchette e le insegne del pellegrino cucite sulle vesti e nel bagaglio l’altare portatile. Tutti oggetti che si possono vedere nella mostra, insieme ai registri su cui si annotavano i beni di questi viandanti della fede che si fermavano per un ristoro e per lasciare in luogo sicuro quel che apparteneva loro, in vista del tragitto di ritorno. In mostra c’è il codice proveniente dallo “spedale” di Santa Maria della Scala a Siena (tappa obbligata nel percorso verso la città dei sette colli), grazie al quale si può avere un’idea precisa di più di quattrocento persone, provenienti da tutta Europa, anche per quel che riguarda il loro aspetto fisico descritto minuziosamente in mancanza di fototessere o carte d’identità.

“Fenice”, mosaico

“Fenice”, mosaico - Museo di Roma

Questo popolo di Dio poi riprendeva il viaggio verso la città santa per eccellenza, soprattutto da quando Gerusalemme, meta originaria di questi viaggi di fede, era stata riconquistata nel 1187 dal sultano alâ al-Dîn Yûsuf ibn Ayyûb, meglio noto come il Saladino. Allora, davanti agli occhi dei pellegrini si spalancava tutta la magnificenza della Roma cristiana che la mostra descrive puntualmente, lungo un arco temporale che va dal VI secolo al 1300, anno del primo Giubileo istituito da papa Bonifacio VIII. Sarà emozionante ammirare il piviale, la dalmatica e la casula che erano appartenuti al pontefice, oppure sostare davanti a quanto rimane del grande mosaico dell’antica abside di San Pietro, oppure agli affreschi del suo quadriportico. Tutte meraviglie su cui, in tempi diversi, si sono posati gli sguardi dei pellegrini in preghiera. La mostra tiene un doppio registro che da una parte guarda alla città, con le grandi basiliche come San Paolo f.l.m. – di cui è esposta la Bibbia di Carlo il Calvo, che vale da sola la visita –, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano (la cattedrale di Roma), Santa Croce in Gerusalemme, tutte documentate secondo il loro aspetto originario, prima degli interventi dei grandi architetti dei Sei e Settecento, come Borromini, Fuga, Galilei o Gregorini e Passalacqua. Dall’altra, ci sono gli oggetti della vita quotidiana, dalle monete alle chiavi dei portoni. Un’attenzione particolare è dedicata al culto mariano, con immagini rare a vedersi come la tempera su tavola proveniente dalla chiesa romana di San Silvestro al Quirinale che rappresenta la cosiddetta Madonna della Catena (XIII secolo) che raffigura la Vergine che allatta il Bambino e due angeli. Realizzata in collaborazione con Sapienza Università di Roma, la mostra espone al grande pubblico decenni di ricerche guidate dall’Istituto di Storia dell’Arte Medievale sull’onda degli studi di Angiola Maria Romanini. A corredo dell’esposizione, ma anche come strumento per gli specialisti, il bel catalogo di De Luca, raccoglie testi di grandi studiosi, oltre le due curatrici, ad iniziare da Andreina Draghi che scoprì e fece restaurare all’inizio di questo nuovo millennio la cosiddetta “Aula gotica” di cui non si conosceva affatto l’esistenza. Si tratta perciò di una guida estremamente efficace per la mostra, quasi una sorta di viatico per il pellegrino-visitatore, ma pure un trattato che sarà punto di riferimento negli studi dei prossimi anni, con interventi di Fabio Betti Maria Teresa Gigliozzi, Pio Francesco Pistilli, Francesca Pomarici, Alessandro Tomei, e altri illustri studiosi che faranno da guida a chi vorrà entrare nel mondo lontano, ma affascinante della Roma medievale.

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