martedì 24 maggio 2022
Ne “Gli invisibili” lo scrittore, ospite a Torino, Urbino e Venezia, narra la vita difficile di una famiglia di pescatori in un’immaginaria isola delle Lofoten
Roy Jacobsen

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Ne “Gli invisibili” il norvegese Roy Jacobsen narra la vita difficile di una famiglia di pescatori in un’immaginaria isola dell’arcipelago delle Lofoten Con toni che rimandano a Verga e a Garcia Marquez Barrøy è un isolotto immaginario a sud delle Lofoten che dà anche il nome a una famiglia - vero e proprio genius loci -, impegnata nelle torbiere e nella pesca. La piccola Ingrid cresce tra lo spirito indomito del padre Hans e il profondo radicamento del nonno Martin, con la mamma Maria e la zia Barbro che raccolgono le uova di edredone e rammendano le reti da platessa e da merluzzo, mentre infuriano uragani, colate di neve su salici, betulle, sorbi e all’improvviso sorgono splendidi orizzonti, «la cosa più importante che hanno quassù». Il pluripremiato scrittore norvegese Roy Jacobsen, classe 1954, inizia con Gli invisibili (traduzione di Maria Valeria D’Avino, Iperborea, pagine 288, euro 18,00) - finalista all’International booker prize del 2017 -, una saga best-seller che racconta lo splendore della natura e il nettare velenoso della modernità lungo l’arco di tre generazioni. Come giustamente ha osservato Angelo Ferracuti, si tratta davvero di Malavoglia nordici. Basta leggere l’asciuttezza tagliente di queste righe: «Andarono a casa e, dalla nuova finestra della cucina, videro la tempesta far volare il loro fabbricato come se fosse stato di fiammiferi e scagliarlo a nord, nel fiordo. Nel corso della notte la tempesta si calmò. La mattina dopo misero la færing in mare e fecero il giro dell’isola raccogliendo tutto quello che trovavano». Nel suo tour in Italia, Jacobsen ha dialogato il 21 maggio con Giordano Meacci al Salone internazionale del libro di Torino. Mentre sabato alle 18.30 presso il Teatro Sanzio è previsto un colloquio con Valentina Pigmei all’interno della rassegna 'Urbino e le città del libro', evento in collaborazione con 'I Boreali nordic festival'. Dopodomani lo scrittore sarà a Venezia al Festival internazionale di letteratura 'Incroci di civiltà' (ore 14,30 con Massimo Ciaravolo).

L’isola Barrøy è un luogo fittizio, eppure molto simile a quelli che lei ha incontrato quando lavorava come pescatore. Si può dire che il romanzo è permeato di realismo magico sul modello di Gabriel García Márquez?

Il realismo è senza dubbio magico, poiché la narrazione salta dentro e fuori dalla verità oggettiva e dalla prospettiva onirica della ragazza. Ciò è molto evidente, ad esempio, nella scena del ghiaccio che circonda repen- tinamente l’isola: un fatto di questo genere non potrebbe mai accadere a causa della salsedine, ma è l’indizio di una fantasia surreale attorno alla possibilità di camminare sull’acqua - allontanarsi, sentirsi sicuri, essere connessi con il mondo, essere protetti dal pericolo minaccioso e senza fine dell’oceano. Il ghiaccio è utilizzato come un luna park e Maria, Barbro e Ingrid coinvolgono nel gioco persino la prima sedia dell’universo femminile.

Knut Hamsun è forse uno dei modelli del libro.

Be’, nessuno che lavora con la lingua norvegese può sfuggire all’influenza di Hamsun. Neanch’io. Ma lotto contro la sua ideologia. Non intendo il suo tardivo nazismo, bensì il modo in cui spesso Hamsun mette in scena un personaggio per illustrare un punto di vista politico, per convincere il lettore. Io non lo faccio. A me piace dare una possibilità ai miei personaggi, anche agli idioti, cercando di capire l’altro, i compagni che sono, come me, membri della razza umana.

Raccontare gli invisibili può avere, dunque, un valore sociale nel mondo odierno?

Certo, in primis per la chiara prospettiva ambientale, e cioè l’uomo e la natura all’interno di un rapporto equilibrato. Poi, per l’infinito soggetto della povertà e del coraggio. E ancora, per il ristretto divario temporale tra la vita sull’isola e l’attuale modernità tecnologica, economica, sociale e culturale. Da dove veniamo? Perché e come dimentichiamo? Sono tutte questioni di cui dovremmo preoccuparci nel nostro 'paradiso' socialdemocratico contemporaneo.

In una circostanza ha detto che alle Lofoten si legge un solo libro: la Bibbia. Qual è la spiritualità di quei posti?

Una domanda strana e interessante. La Bibbia è ovviamente il salvagente primario nel terrore della nera notte invernale, in alto mare...

Cosa ne pensa della situazione politica internazionale?

Personalmente voto i partiti socialdemocratici, benché, dentro di me, sia un anarchico duro a morire. In questi giorni passo troppo tempo a lottare con la stupida, terribile e devastante guerra di Mosca in Ucraina. Sotto il profilo privato, è straziante per uno che era stato ispirato dalla bellezza della cultura russa. Oggi dobbiamo consolarci con Gogol’, il più grande eroe ucraino di tutti i tempi.

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