sabato 8 marzo 2014
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San Tommaso mi ha trasmesso una sintesi che ha strutturato la mia fede in profondità. E il suo studio resta per me fonte d’ammirazione e di gioia». A 86 anni e dopo 60 di attività accademica, padre Jean-Pierre Torrell parla del «Dottore angelico» con una freschezza che colpisce e un po’ commuove. Il premio che riceve oggi ad Aquino è il riconoscimento a un domenicano che ha lasciato un segno profondo negli studi tomistici del ’900. Una carriera iniziata in modo anomalo, da contadino nell’appezzamento di famiglia: «Ho vissuto del lavoro delle mie mani fino a 25 anni, mentre preparavo da autodidatta gli esami per gli studi secondari», dice. Quindi il noviziato, poi gli studi in cui dimostra un talento speciale. Messo presto dai superiori a insegnare, inizia un percorso che lo porta in contatto con le maggiori figure della teologia francese, passando per Le Saulchoir, Montréal, Roma e Friburgo, dove ha insegnato teologia dogmatica fino al 1997. Dietro di sé ha oltre 100 pubblicazioni e una trentina di libri, con contributi fondamentali sulla teologia della rivelazione e della profezia, su Pietro il Venerabile e soprattutto su san Tommaso.Padre Torrell, lei si è occupato, tra le tante cose, della spiritualità di Tommaso. Se dovesse riassumere in poche battute quello che ha appreso nell’arco di decenni?«Direi che la spiritualità di san Tommaso si situa tutta sotto la luce della Trinità. La Somma Teologica ne è testimonianza: nel suo piano circolare tutto parte da Dio e a Dio ritorna, il che riflette fedelmente la rivelazione biblica. La vita cristiana per san Tommaso è una realtà segnatamente teologale e trinitaria. La divinizzazione è la seconda caratteristica della sua spiritualità: il dono della grazia è una struttura deiforme che ci rende conformi a Dio e  ci permette di "imitarlo"; in questo Tommaso è un fedele discepolo dei Padri della Chiesa, in particolare dello Pseudo-Dionigi. A differenza della spiritualità eminentemente soggettiva che s’impone dal XVI secolo, centrata sul soggetto, sugli stati dell’anima, sul progresso della persona nel suo cammino verso Dio, la spiritualità di san Tommaso è per così dire "oggettiva". È centrata sulla contemplazione di Dio e la bellezza, la bontà e la grandezza di questo "oggetto" supremo e unico sono già un invito a lasciare se stessi. Cercate Dio e il resto vi sarà dato».Il realismo della teoria della conoscenza di Tommaso ha un corrispettivo nella spiritualità?«Tommaso propone una spiritualità realista: la persona non è un’anima disincarnata, ma realtà composta da anima e corpo. Ha una visione dell’uomo radicata in questa terra e ne deriva un modo di vedere la vita interiore e la pratica delle virtù. Non si tratta di contrastare la natura, ma di rettificarla e riportarla al giusto orientamento a Dio. Da qui derivano due qualità complementari: la fioritura dell’umano e la comunione; l’uomo non realizza se stesso se non nella società, e il cristiano non è tale se non nella comunione ecclesiale».Se nel ’900 c’è stato un recupero dell’originalità di Tommaso (il suo lavoro lo testimonia), non le sembra che sia stato trascurato nel post-Concilio?«La risposta ha bisogno di un contesto un po’ più grande. L’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII (1879) aveva suscitato nei seminari e nelle università cattoliche una fioritura del tomismo filosofico e teologico che ha avuto rappresentanti eminenti, non lo si può negare. Ma a livello di base, il più diffuso, l’insegnamento è rimasto mediocre e insufficiente. La maggior parte del clero non accedeva al livello necessario anche solo per leggere i testi di Tommaso. La Somma non era che un titolo prestigioso di cui la teologia dei manuali offriva solo un pallido riflesso. L’obbligo di studiare quella che era percepita da chi non lo comprendeva come un’"ideologia" provocò una reazione di rigetto, che si amplificò fino alla vigilia del Concilio: l’età dell’oro che sembrava aver conosciuto il tomismo era finita. Ma il Concilio fu fatto da persone tutte formate nel solco di san Tommaso e che ne avevano trattenuto la parte migliore: il documento conciliare sulla formazione del clero ne raccomanda ancora lo studio. Dieci anni dopo la fine del Vaticano II, il settimo centenario della morte di Tommaso fu salutato da una quantità di pubblicazioni. Si può dunque guardare a quegli anni come a un punto di partenza per una forma rinnovata dello studio del suo pensiero: più attenta alla teologia che alla filosofia, preoccupata di ritrovare le sue fonti bibliche e patristiche, cosciente della sua dimensione storica e della collocazione fra gli altri grandi nomi del XIII secolo. La comparsa di nuove biografie, di numerose tesi secondo rigorosi criteri scientifici, lo sforzo editoriale senza pari della Commissione Leonina e lo sviluppo della medievistica nelle università laiche, tutto questo ha cambiato il clima degli studi su san Tommaso. Oggi oltre a Roma ci sono molti centri vivi di pensiero tomistico (Friburgo, Tolosa, Varsavia, Utrecht, Washington, Buenos Aires…). L’impressione che ci sia meno interesse per san Tommaso rispetto a cent’anni fa viene da un errore di prospettiva; il tomismo non è mai stato maggioritario nella storia, ha sempre avuto scuole concorrenti (scotismo, nominalismo…). E se ha conosciuto fasi gloriose – la scuola di Salamanca nel XVI secolo per esempio – ha anche visto eclissi e rinascite: come è assai probabile sia quella odierna».
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