martedì 28 maggio 2013
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«Giovanni XXIII? È stato uno dei più grandi amici del popolo ebraico. Ed è un vero peccato che l’opinione pubblica israeliana conosca poco di lui». Baruch Tenembaum, iniziatore della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg (il filantropo svedese che si adoperò, durante la seconda guerra mondiale, per mettere in salvo gli ebrei nell’Ungheria occupata dai nazisti) non ha dubbi: Angelo Giuseppe Roncalli è stato un uomo straordinario e andrebbe riconosciuto come Giusto tra le nazioni. «Negli anni Quaranta, quando era delegato apostolico della Santa Sede a Istanbul – ha scritto di recente in un articolo apparso sul quotidiano Jerusalem Post – il cardinale Roncalli non si è risparmiato per salvare il maggior numero possibile di ebrei dallo sterminio nazista. Fece azioni straordinarie per il tempo e il contesto in cui viveva per aiutare gli ebrei, allora perseguitati. Tra queste ricordiamo l’emissione di "certificati di immigrazione" in Palestina tramite il corriere diplomatico del Vaticano. Intervenne anche apertamente a favore degli ebrei slovacchi e bulgari». Tra pochi giorni, il 3 giugno prossimo, verrà ricordato il cinquantesimo anniversario dalla morte di Papa Roncalli. E la sua figura di uomo attento al dialogo e all’unità tra gli uomini non smette, anche in campo ebraico, di suscitare passione e interesse. «Già nel febbraio 2011 – prosegue Tenembaum, noto per il suo impegno nel campo del dialogo interreligioso e candidato nel 2009 al Nobel per la pace – la Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg (che ha sedi in Usa, Israele e Argentina ndr, insieme al deputato del Congresso Usa Tom Lantos, aveva sottoposto allo Yad Vashem un voluminoso dossier con le prove dell’impegno di Roncalli in favore gli ebrei minacciati di deportazione. E con la richiesta che la sua figura venisse presto inserita tra i Giusti tra le nazioni».Per rendere omaggio alla figura di Roncalli e per sostenere la candidatura del Papa Buono a Giusto delle nazioni (il riconoscimento di Giusto viene attributo dallo Yad Vashem di Gerusalemme agli uomini e alle donne che si sono adoperati, spesso a rischio della loro stessa vita, per salvare gli ebrei dall’olocausto) si è svolto il 29 aprile scorso, nella Città Santa, un convegno internazionale a cui hanno partecipato studiosi ed esponenti di primissimo piano del mondo ebraico e cattolico. Organizzato grazie al concorso dell’American Jewish Congress, della Fondazione Konrad Adenauer, dell’Università di Tel Aviv e dello Yad Vashem, il convegno si è occupato proprio delle relazioni tra Papa Giovanni XXIII, la Shoah, gli ebrei e lo Stato di Israele. All’incontro erano presenti, tra gli altri, Shear Yashuv Cohen, rabbino capo emerito di Haifa; Colette Avital, presidente dell’Organizzazione dei sopravvissuti alla Shoah; monsignor Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme; padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, il cardinale Kurt Koch, presidente della Pontificia Commissione per le relazioni religiose con gli ebrei, e il cardinal Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la pace. Oltre a numerosi storici di università israeliane e italiane (tra questi ultimi Alberto Melloni e Paolo Zanini). Tra i meriti di Giovanni XXIII, sottolinea Tenembaum, c’è indubbiamente l’aver «avviato un rispettoso dialogo tra cattolici ed ebrei, che portò al cosiddetto Decretum de Judaeis (la prima bozza della futura dichiarazione conciliare Nostra Aetate, ndr)».E poi l’avvio di un percorso di riconciliazione, con l’eliminazione dalla preghiera del Venerdì Santo del doppio riferimento alla perfidia ebraica. Per il momento però, sottolinea Danny Rainer, ricercatore presso la Fondazione Wallemberg, dallo Yad Vashem non è stata ancora data nessuna risposta ufficiale. Qualche opposizione alla candidatura del Papa Buono si è manifestata tra gli studiosi ebraici della Shoah. «Credo che il principale ostacolo – precisa Rainer – risieda in questo: secondo il comitato di ricercatori dello Yad Vashem, che pure ha sempre dimostrato interesse per la figura di Roncalli, il futuro Papa non si sarebbe opposto apertamente ai suoi superiori. In questa posizione pesa certamente la polemica sull’atteggiamento di Pio XII nei confronti degli ebrei e della Shoah». In ogni caso Tenembaum non si dà per vinto e ha avviato, per tramite della sua fondazione, una serie di iniziative "di base" per far conoscere meglio la figura e l’eredità di Papa Roncalli dentro e fuori Israele. È riuscito a convincere la cittadina israeliana di Ashdod a intitolare una strada a Giovanni XXIII. E alla fine di quest’anno sarà a Sotto il Monte per assegnare una medaglia appositamente coniata a monsignor Loris Capovilla, segretario personale di papa Giovanni XXIII e custode della sua eredità spirituale. E nel suo impegno per onorare l’opera e la memoria del Papa Buono, Tenembaum, ebreo di origine argentina, è convinto di avere ora un alleato in più. «Jorge Bergoglio, Papa Francesco, è uno dei membri della prima ora della Fondazione Wallemberg. La sua umiltà, la sua attenzione e il suo amore verso tutti gli uomini mi confortano nell’idea che saprà camminare sul sentiero di rispetto e dialogo fraterno verso il popolo d’Israele già avviato da Giovanni XXIII».
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