venerdì 22 dicembre 2017
«'O Maé» è un vero presidio nel quartiere di Napoli, salvano dalla strada e dalla malavita migliaia di ragazzi. Ma alla palestra a due passi dalle Vele le istituzioni hanno tagliato i fondi
Gianni Maddaloni nella sua palestra Judo Star a Scampia, Napoli

Gianni Maddaloni nella sua palestra Judo Star a Scampia, Napoli

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Tra le statuette dei presepi dei mastri artigiani di San Gregorio Armeno prima o poi dovranno inserire anche lui,’ O Maé Gianni Maddaloni. Il maestro di judo, il papà di Pino oro olimpico a Sydney 2000, è il cuore verace della Napoli periferica: Scampia. Gianni combatte da sempre, ben oltre il tatami, dalla parte della legalità e la lotta si è fatta ancora più dura, specie da quando le istituzioni locali hanno «inspiegabilmente tagliato i fondi» e ’O Maé si sente sempre più solo. Ma non molla mai, lui insegna ai suoi tanti “figli” della Palestra Judo Star – «quattrocento iscritti al mio “percorso Maddaloni”» – a fare lo stesso, ricordandogli che «chi serve Dio è sempre perseguitato...».

La grande anima di Scampia da novembre è andato in pensione (ex dipendente del Policlinico di Napoli) e il suo impegno alla Palestra, lì a due passi dalle fameliche Vele “consacrate” da Gomorra, è diventato praticamente “h24”. «Perché c’è un tessuto sociale da tenere sempre pulito. Qui, nonostante Polizia e Carabinieri stiano facendo il possibile, si continua a sparare: pochi giorni contro un ragazzino di tredici anni, lo volevano ammazzare...». Per difendere i suoi ragazzi ’O Maé non alza barriere ma va incontro al suo popolo. «A salvarci sarà sempre il calore della gente, la riconoscenza e il sorriso dei poveri, dei bambini abbandonati a se stessi, dei detenuti che hanno sbagliato ma che poi, pentiti del male che hanno fatto, arrivano qui in palestra per la messa alla prova. Io ho la fortuna di vivere e allenare una “squadra” che non ha eguali, non solo a Napoli, ma forse nel mondo. Una squadra, che vinca o che perda, qui dentro trova sempre l’amore di una famiglia», dice davanti alla telecamera mentre si gira Clan Maddaloni, il docufilm prodotto dalla DeAgostini (in onda su Canale 59 il 26 dicembre alle ore 21.00) da cui a gennaio verrà tratta una serie tv. «Qui si combatte sempre, anche quando non ci sono i soldi per pagare le bollette della luce. Ce l’avrebbero staccata cento volte, se poi grazie a Dio non ci fosse stato quel bonifico provvidenziale di diecimila euro portato dall’inviato delle Iene Giulio Golia. Non saremmo più aperti da un pezzo se ogni mese non fossero arrivate le lettere con dentro i 200 euro spediti da Maria di Taranto, i 200 euro di Antonella (una dirigente del Banco di Napoli) o della signora Anna dall’America».

Ma non si può vivere di sola carità per mantenere una struttura che con le iscrizioni porta nelle casse 2.600 euro al mese, quando le spese fisse sono di tremila. «Ma tutto questo i politici non lo capiscono, e invece di chiederti se ti serve una mano ti vengono contro, ti vedono come un nemico. Ma sono piccole cose e piccoli uomini al confronto della gioia che mi ha appena dato Simone: un giovane detenuto che ha finito il suo anno di messa alla prova, Simone ieri è venuto da me, mi ha abbracciato forte e mi ha detto: “Grazie Maé, senza di te adesso sarei ancora a marcire in galera”. Capite che gioia mi ha dato...?».

Si commuove, la roccia umana dal cuore grande come il Vesuvio, specie quando osserva Ermanno, tre anni: un bimbo affetto dalla sindrome di Down che si rotola sul tatami con la sua mamma judoka. «A Natale Ermanno sarà cintura gialla», dice orgoglioso ’O Maé. E gialla è anche la minaccia per Scampia. «La macchia gialla dei cinesi si è allargata e il quartiere sta vivendo una crisi epocale. Io sono per l’accoglienza e il rispetto di tutte le culture ma qui ci stanno mangiando il commercio, sono diventati i padroni anche delle periferie napoletane: “svendono” tutto e a costi non concorrenziali. Fino a ora qui si è parlato solo di faide tra clan di camorra, tra poco se lo Stato non si muove scoppierà una guerra etnica, una guerra fra disperati».

La pace e la sicurezza a Scampia si respirano solo dentro le mura della Judo Star. L’unico vero avamposto dello sport e della legalità, in attesa del «grande progetto», la ex Caserma Boscariello. «Da gennaio finalmente aprirà. Al suo interno ci sarà una palestra polivalente di mille metri quadrati per le arti marziali e la boxe e quattro centri poliambulatoriali gratuiti. Di questo saremo sempre grati al presidente del Coni Giovanni Malagò e al colonnello Luca Andreoli per la promessa fatta e mantenuta». Nel nuovo spazio che guarda al futuro con speranza, fioriranno altri corsi come quelli già avviati con gli istituti scolastici superiori di Scampia e dei quartieri vicini più a rischio. «Il “Programma Maddaloni” sta seguendo dieci ragazzi “molto difficili” tra i 14 e i 18 anni: non vogliono andare a scuola e rifiutano qualsiasi tipo di regola. Ma posso assicurare che qui dentro entrano che sono delle tigri ed escono agnellini, guaglioni con la testa finalmente sulle spalle, pronti per affrontare il mondo».

Per domarli servono volontari, gente di cuore e soprattutto specializzata, come gli operatori del Servizio civile Opes, arrivati “in dono” dalla Regione Lazio. «Milka Di Muzio mi chiama da Roma e mi fa: “Vengo da te Maé a darti una mano”. Ha portato quattro ragazzi che, per 430 euro al mese, fanno i tecnici e i tutor con i ragazzi diversamente abili». Li presenta uno a uno con la stessa fierezza con cui mostra i suoi gioielli più preziosi, i campioni della formazione agonistica. «Mio figlio Marco, pluricampione europeo, è agente penitenziario e da poco ha un nuovo incarico dal Coni come supervisore della legalità».

Uno dei tanti talenti espressi da questa terra dura e a volte arida di riscatti è Antonio Bottone: «È figlio di un detenuto in carcere da nove anni e che deve scontarne altri sette ai servizi sociali. Cintura nera (esordienti cadetti), Antonio continua a studiare pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella – spiega ’O Maé –. Il nostro sogno è che il padre presto possa venire a lavorare qui, nel progetto di inclusione familiare». Luigi Brudetti, argento in Coppa Europa e campione d’Italia, è la faccia pulita della palestra, «rappresenta la Scampia che non fa notizia, quella del 90% del suo popolo che vive del proprio lavoro e non delinque». Uno scugnizzo colored si aggira per il tatami, è Bright Nosa: vicecampione italiano e di cognome fa Maddaloni. «Sua mamma è nigeriana e il padre della Costa d’Avorio, è mio figlio adottivo. Bright quando era più piccolo ha subito atti di bullismo a scuola ma il judo gli ha insegnato a difendersi e a reagire contro quelli che lo chiamavano “sporco negro”». Bright è cresciuto con l’altra figlia, Serena, cintura marrone «che spera di entrare nell’Esercito come Mario Petrosino, carabiniere, altro giovane esemplare di Scampia. O magari farà la poliziotta come suo fratello Pino». Combatte per le Fiamme Oro Biagio D’Angelo, vicecampione del mondo che si allena con Francesco Ajello, «istruttore e mio figlioccio». Studiano e vanno regolarmente in palestra Ciro Sarnelli, due volte campione italiano categoria esordienti, Martina Esposito, diciassette anni, campionessa italiana cadetti e bronzo agli Europei, e l’altra diciassettenne Giovanna Fusco, terza ai Mondiali e agli Europei.

Questi e altri i ragazzi d’oro che il Clan Maddaloni continua a togliere dalla strada, con le arti marziali e con il ballo: «Mia figlia Ylenia, diciotto anni, è la maestra di danza che tiene corsi gratuiti a chi non può pagare la retta». Francesco Pio Esposito si presenta puntuale in palestra alle 4 e mezza ogni pomeriggio: «Gli diamo una paghetta di 40 euro, vuole fare il maestro... È un modo per staccarsi di dosso l’etichetta del figlio di un condannato a vent’anni di carcere». Etichetta appena strappata via da Ciro e Simone, ex detenuti che fino a ieri si occupavano della sicurezza della palestra. È Natale davvero per loro, sono arrivati al traguardo dell’ultimo giorno della messa alla prova. «Ciro e Simone mi hanno salutato con le lacrime agli occhi dicendomi: “Grazie Maé per tutto quello che hai fatto per noi”. Uno andrà a fare il barista, l’altro il muratore. Queste sono le medaglie più belle che io e i miei ragazzi ci mettiamo al collo, è l’oro che il judo e lo sport tutto continuano a portare a Scampia».

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