domenica 16 luglio 2023
Il cantautore che lanciò la new wave in Italia nell’81 con “A Berlino...va bene” pubblica l’album esistenziale “Nel vuoto” con un videoclip creato dall’intelligenza artificiale
Il cantautore Garbo, vero nome Renato Abate, 65 anni

Il cantautore Garbo, vero nome Renato Abate, 65 anni

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Un viaggio musicale dal vuoto esistenziale dei giorni nostri a quello dello spazio siderale sull’onda di testi concreti che via via si rarefanno su un tappeto elettronico che punta all’infinito. E’ il nuovo sorprendete lavoro di Garbo, al secolo Renato Abate, uno dei cantautori più influenti della new wave italiana anni 80. Dopo il grande successo sin dall’esordio nel 1981 con A Berlino…va bene (ma ricordiamo anche Il fiume e Radioclima del Sanremo ‘84), l’artista si è allontanato dai riflettori per proseguire in totale libertà e indipendenza la sua opera di ricerca musicale. Dopo 15 album di inediti e gli omaggi musicali di “allievi” illustri come i Baustelle, Boosta dei Subsonica, Andy dei Bluvertigo e Giovanardi de La Crus, oggi a 65 anni Garbo pubblica il nuovo album Nel vuoto su Incipit Records e distribuito da Egea Music. Ancora una volta un album di grande spessore che affronta tematiche esistenziali con voce calda, lucidità di pensiero e una elettronica contemporanea che non rinuncia alla musicalità. “Guarda quanta gente pesa poco o niente dentro le città …” recita l’inizio del nuovo disco nel toccante brano di apertura Come pietre il cui videoclip è interamente generato attraverso l’intelligenza artificiale. Ad essere reali sono solo il volto e il corpo del cantante, che da anni ha scelto la massima discrezione personale e mediatica.

Garbo, molti dei suoi fan degli anni 80 si domandano come mai sia scomparso dai riflettori.

Io sono uno che si occupa di musica, non amo particolarmente l’apparenza. Anche all’epoca in cui frequentavo la zona mediatica, Sanremo, Festivalbar, la Carrà coi suoi fagioli, Pippo Baudo: non ho mai amato moltissimo quell’aspetto. Mi rendo conto che era importante, divulgava quello che io facevo. A un certo punto ha prevalso la voglia di fare ciò che mi interessava e di non stare a certe regole che erano strette per me. Quindi mi sono dedicato a ciò che so fare, la composizione, la musica in senso più ampio, anche legata alla ricerca e alla mia evoluzione. Mi rendo conto che stando fuori da certi tipi di meccanismi mediatici sembro assente, ma non è così. Ci tengo al mio privato e alla mia vita. Da molto tempo vivo in provincia di Como, a mezz’ora da Milano. Devo dire che in provincia si sta meglio, si respira.

Ciò non le impedisce di essere sempre legato all’attualità. Come mai ha scelto di fare girare un video all’intelligenza artificiale?

L’intelligenza artificiale ci sta trascinando in una nuova realtà in cui il rapporto tra parole e immagini assume un aspetto del tutto nuovo, così l’idea che ha mosso la produzione del video è stata quella di commentare attraverso questa nuova forma mediale il mio testo. Come al solito per me la parte legata alla sperimentazione è molto forte, fare solo delle buone canzoni sarebbe noioso, il suono deve essere un veicolo, un modo per viaggiare. Non ho mai scritto una canzone fine a se stessa. Mi serve per ottenere altri risultati come l’eccitazione della fantasia e l’apertura mentale. Mi approprio di tutto ciò di cui siamo a conoscenza. Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 con l’avvento dell’elettronica ho sperimentato in quel campo. In questo caso anche sull’immagine: abbiamo della tecnologia nuova, utilizziamola. Come? Occorre guidarla e non lasciarsi guidare. Non mi sostituiscono creativamente le macchine, ma esse mi aiutano a realizzate quello che ho in mente.

Video

Intanto però l’umanità che racconta galleggia nel vuoto…

Stiamo galleggiando in un vuoto culturale e sociale enorme. Questo provoca una solitudine intellettuale e fisica tangibile, toccabile con mano e nella mente nel quotidiano. E’ una situazione abbastanza im barazzane, tangibile con tutti i suoi risvolti, stanno accadendo cose che fanno emergere una decadenza dei valori, dove la vita vale poco. Il vuoto è il binario che guida i brani dell’album: analizzo gli aspetti interessanti del vuoto o senso di vuoto. Vuoto interiore fatto di dubbio, ansie che tutti vivono, domande che non hanno mai una risposta. Poi passo al vuoto fisico di una stanza, di una strada e di una città. E infine al vuoto dello spazio e oltre lo spazio.

Il viaggio di Garbo si allarga allo spazio anche a livello sonoro. Si è domandato cosa c’è oltre a quel limite?

Uno dei principali obiettivi dell’intero progetto Nel vuoto, è quello di raggiungere una ideale curvatura Spazio-Tempo tale da permettermi di attraversare e visualizzare passato, presente e futuro attraverso il suono, la parola e l’immagine; e tutto questo nell’arco di pochi minuti e secondi. In fisica se tu lanci un corpo nello spazio alla velocità della luce, per quel corpo il tempo si azzera. Il nostro corpo non può viaggiare alla velocità della luce, ma la mente sì. Quindi attraverso l’arte puoi farlo. Per me è anche una sfida personale al di là del fatto che non amo le etichettature: volevo che l’album proponesse una cancellazione della temporalità.

C’è riuscito?

Sono soddisfatto: è una musica senza tempo, c’è il passato, il mio bagaglio, i miei ricordi ma non vivo di nostalgie. Ci sono citazioni molto forti del passato e citazioni del futuro che è già qui. Il presente è la base di appoggio per andare avanti e indietro…

A proposito di citazioni, nel disco ci sono rimandi evidenti agli artisti che l’hanno formata.

Ormai è mezzo secolo che faccio musica. Ho iniziato a 16 anni scrivendo cose che sono diventate pubbliche dall’81 in poi. Il mio è un percorso lungo che ha bypassato un secolo e trapassato un millennio. Ci sono tanti riferimenti concentrati in questo album. Dai brani sperimentali di Stockhausen passando per Sakamoto, David Bowie, i Velvet Underground. Fanno parte del mio bagaglio educativo e servono per lo sviluppo del futuro.

Quale pubblico la segue ora nell’era del digitale?

Ci sono persone di una certa età, cinquantenni che mi seguono sin da ragazzini, ma ai miei concerti mi ritrovo anche dei ventenni. Molti ragazzi oggi scoprono le cose attraverso i social, e poi si comprano i vinili. Non perché li spingano i genitori, ma per la curiosità di recuperare un anello mancante in questo momento di vuoto che stiamo vivendo da un po’ di anni , stiamo vivendo una fase transitoria. Spero di incontrarli di nuovo ai live che inizierò in autunno nei club e nei teatri, proponendo tutto l’album nuovo ma anche i brani del passato. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Non amo l’apparenza Dopo il boom degli anni ‘80 a Sanremo ho capito che certe regole mi stavano strette e ho deciso di dedicarmi alla composizione e alla ricerca» Il cantautore Garbo

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