martedì 9 dicembre 2008
L'intervista al direttore d'orchestra del Don Carlo, Daniele Gatti: «È stata una serata unica: sono molto soddisfatto della resa musicale. Le polemiche non mi interessano».
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L’amarezza (più che comprensibile) la sera della Prima lo aveva portato ad attraversare frettolosamente il palcoscenico e a chiudersi a lungo nel suo camerino commentando i dissensi solo con un secco: «I fischi? Chiedete a chi li ha fatti». A sipario chiuso, invece, Daniele Gatti traccia un bilancio positivo del Don Carlo che domenica sera ha diretto per l’inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala. Il direttore d’orchestra milanese non si lascia scalfire dal fatto che il tenore finito in panchina, Giuseppe Filianoti, non gli abbia risparmiato feroci critiche, attribuendogli tutta la colpa di averlo escluso dalla Prima. «Mi sembra ci sia un detto: "La farina del diavolo si trasforma in crusca". Non aggiungo altro perché non voglio che questa polemica si trascini. Io ho ancora la testa nella musica e questo è l’importante per un artista» commenta Gatti che non entra nel merito delle contestazioni arrivate, secondo molti - in primis secondo gli storici loggionisti scaligeri - proprio dai fan di Filianoti. E sul cambio di tenore dice tranquillo: «Cose del genere capitano in tutti i teatri del mondo: fino all’ultimo momento si cerca di mettere in piedi l’allestimento migliore, e quindi si fanno tutti i cambiamenti del caso cercando il cast più idoneo. Forse qui non è mai successo, ma capita in tutto il mondo».Gatti non nega «che è stata una vigilia complicata», ma si dice convinto che «quella di domenica è l’esecuzione migliore da quando abbiamo iniziato a provare». Il direttore sembra, dunque, soddisfatto dell’esito della Prima. «Sono contento della resa musicale della serata che, per me, rimarrà unica. L’impegno dei cantanti, dell’orchestra, del coro e dei tecnici ha permesso di arrivare ad un grande risultato, ancora più bello perché corale e raggiunto giorno dopo giorno, prova dopo prova».Promosso anche il tenore Stuart Neill. «Sono molto contento della sua prestazione - afferma Gatti -: abbiamo lavorato sodo con entrambi i cast in queste sei settimane di prove. E i risultati si sono visti, anche se non tutti hanno apprezzato».Qualcuno, affezionato alla versione milanese di Don Carlo, ha storto il naso di fronte alla scelta del direttore che ha voluto inserire in partitura il compianto di Filippo sul cadavere di Rodrigo, pagina che Verdi eliminò dalla versione in quattro atti (quella scelta proprio da Gatti per quest’edizione) approntata per la Scala nel 1884. «Quando ripensa a Don Carlo per Milano - spiega il direttore d’orchestra - Verdi toglie il primo atto, dove si racconta l’amore tra Carlo ed Elisabetta, per concentrare maggiormente l’attenzione su Filippo II, personaggio nel quale il musicista ha messo il suo dolore, la sua sofferenza per la morte avvenuta nel giro di breve tempo della moglie e dei figli. Il compianto di Filippo che ho voluto recuperare aiuta a gettare un’ulteriore luce di umanità sulla figura del re».
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