mercoledì 4 ottobre 2017
L'enigma sull'eclisse dello scienziato portata sul palco dal compositore Vetrano che prova a rendere musicale la fisica. Funziona il libretto di Pintor che è anche regista. Debutto con successo a Como
La moltiplicazione del fisico in una scena dell'opera "Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse" al Teatro Sociale di Como (foto Alessia Santambrogio)

La moltiplicazione del fisico in una scena dell'opera "Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse" al Teatro Sociale di Como (foto Alessia Santambrogio)

COMMENTA E CONDIVIDI

Il volto di Ettore Majorana si moltiplica in un attimo nel Teatro Sociale di Como. E il coro assume i lineamenti del celebre fisico di cui si sono perse le tracce 80 anni fa. «Aperta tonda prodotto scalare quadridimensionale di gamma per la quantità di moto...», canta una catena di uomini (e donne) con gli stessi abiti dello scienziato mentre i palchi e la platea si riempiono di funzioni matematiche proiettate in ogni angolo. Allora viene in mente Madama Butterfly di Giacomo Puccini, benché qui la musica sia tutt’altra: di stampo atonale, dominata anche dai suoni elettronici. Perché il maestro toscano era riuscito a mettere perfettamente in musica persino la parola “ornitologia”. Quasi analogamente a Como, nella prima mondiale dell’opera Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse, si prova a rendere musicale la fisica teorica con i suoi rimandi alla matematica. Riuscendoci talvolta, ma non sempre in un’opera lirica “giovane”. Giovane nel senso che ha appena debuttato lo scorso 28 settembre e che, dopo le tappe nei teatri della regione, giungerà in Germania e Spagna. Giovani, poi, perché è stata composta, scritta e messa in scena da under 35, come ha voluto OperaLombardia che l’ha prodotta dopo aver bandito un concorso per professionisti della lirica con meno di 35 anni e che fra i cinquanta progetti passati al vaglio dalla giuria presieduta dal compositore Giorgio Battistelli ha scelto quello che racconta l’eclisse di Majorana. Non la sua vita, però. Ed è forse questo il punto più debole del libretto scritto dal milanese di 30 anni Stefano Simone Pintor che cura anche la regia. Perché dello scienziato siciliano si narra solo la scomparsa, così che lo spettatore deve conoscere l’intera vicenda per capire alcuni riferimenti del testo. Mai un cenno al fatto che lui facesse parte dei “ragazzi di via Panisperna” o che il suo mentore fosse Enrico Fermi, “padre” dell’energia atomica.


Certo, il titolo annuncia già qual è il cuore del lavoro: la sparizione. L’introverso Majorana compare sul molo di Napoli in partenza per l’ultimo viaggio di cui si ha riscontro. Il libretto non prende posizione fra la ridda di ipotesi del “caso”. Anzi, le presenta tutte in un “noir” dai contorni onirici: lo scienziato diventato clochard, che si uccide dal pontile della nave, che fugge in Sud America, che entra in convento, che collabora con la Germania nazista. In mezzo i suoi interrogativi sull’etica della scienza e sulle conseguenze sociali di una scoperta, ma anche il dialogo con Dio e la fisica, le colonne della sua esistenza (ben evidenziando anche la dimensione di credente). Ecco le intuizioni migliori di una produzione che sarebbe più opportuno chiamare “teatro musicale” invece che “opera lirica totale”, visto che non mancano anche passaggi declamati o recitati.


È il tormento il filo conduttore che la partitura del 32enne leccese Roberto Vetrano esalta fino all’eccesso. Il compositore sceglie di lasciare ai margini le consuetudini armoniche. E nei 90 minuti di spettacolo punta sulle percussioni, sul pizzicato, sulle sferzate al pianoforte. Con alcune eccezioni: come quella sorta di “aria” che descrive il sogno americano sul traghetto in cui si imbarca lo scienziato (con richiami alla Belle Époque); l’incontro del professore con una studentessa a cui consegna gli appunti; la supplica della madre che si domanda: «Da cosa volevi fuggire, figlio mio?»; la preghiera dei frati alla Sancta Dei Genitrix (la Madonna) prima che il fratello di Majorana bussi al convento chiedendo se Ettore sia lì; e il finale - ossia la nascita di Majorana - con la nenia in siciliano della madre. Tuttavia è proprio la parte del fisico teorico a risultare musicalmente meno definita, mentre sono più strutturate figure come il barbone, la studentessa, Dio e la fisica. È attenta la direzione del ravennate 28enne Jacopo Rivani alla guida dell’Orchestra dei Pomeriggi musicali di Milano ed è più che buono il cast. Spiccano il soprano Monica Tiberia Naghi (la fisica e la studentessa) e il tenore Ugo Tarquini (l’antiMajorana, il fratello) ma anche il baritono Lucas Moreira Cardoso (Majorana), il mezzosoprano Alessandra Masini (la cantante e la madre nel finale) e il basso Pietro Toscano (Dio e il frate).


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: