domenica 2 agosto 2009
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«Cosa farai da grande?». A questa classica domanda postagli da una signora incontrata in treno, il piccolo Enrico (è questo il nome di battesimo dell’Abbé Pierre) rispose: «Vorrei essere missionario, marinaio o brigante». Ricordando questo aneddoto, l’Abbé era solito sottolineare che nel corso della sua lunga vita, sicuramente alquanto stravagante, effettivamente aveva rispettato il suo programma. Cappuccino, monaco di clausura, cappellano della Marina, vicario della cattedrale a Grenoble, fabbricante di documenti falsi per salvare persone ricercate dalla Gestapo, partigiano a Vercors, deputato al Parlamento francese subito dopo la fine della guerra ed infine fondatore di Emmaus. E parlando delle sue scelte di vita, non ometteva mai di far notare come il Signore con lui si era sempre divertito a «rompergli le uova nel paniere». «Tutto è capitato perché ho cercato sempre di rispondere 'sì' alle occasioni che il Signore mi mandava». E così fu anche per Emmaus. Mentre era parlamentare, comprò una vecchia casa a Neuilly Plaisance, alla periferia di Parigi. Nei tempi liberi dai lavori del Parlamento, egli stesso si dava da fare per risistemarla un po’, per renderla abitabile. Voleva farne un ostello internazionale per la gioventù, al fine di far incontrare giovani dei vari Paesi, soprattutto europei, i cui padri durante la guerra si erano reciprocamente odiati e uccisi. Nell’incontro e nella migliore conoscenza e reciproca accettazione, avrebbero potuto realizzare una società migliore, più accogliente e conviviale. E pensando ai «due discepoli di Emmaus» d’istinto l’Abbé Pierre decide di «battezzare» Emmaus l’ostello. «Avevo la sensazione che quanto descritto nel Vangelo, il fatto, i dettagli, i personaggi stessi con il loro cambiamento dopo 'lo spezzar del pane', tutto si inseriva bene nell’idea che avevo in testa». Ma questo 'sogno' durò poco. Presto la casa si riempì e un giorno mademoiselle Coutaz (la segretaria segnatagli dal padre De Lubac già ai tempi della resistenza a Vercors) accompagna l’Abbé Pierre al capezzale di Georges, un uomo che vent’anni prima aveva ucciso suo padre in un momento di disperazione e che ora, rientrato a Parigi dalla prigione della Caienna, si accorge che, ammalato di tbc, alcolista, buono a nulla, nessuno lo vuole, nemmeno sua moglie e sua figlia; per cui non trova di meglio che suicidarsi. Non vi riesce. L’Abbé Pierre gli dice: «Georges, tu sei libero poiché vuoi morire, ma prima di ritentare di suicidarti non vorresti venire a darmi una mano per costruire case illegali per i senzatetto?». Era l’anno 1949. Da questo 'trio' – mademoiselle Coutaz, Georges e Abbé Pierre – ha avuto inizio il movimento Emmaus. Ed il nome scelto dall’Abbé per l’ostello, ben si confaceva a ciò che, «per caso» (com’era solito precisare), è cominciato sessant’anni fa: accogliere gli 'ultimi', i disperati... Jean Rousseau, responsabile di Emmaus Angers e attuale presidente di Emmaus Internazionale, sottolinea come questa longevità di Emmaus è dovuta alla grande saggezza del suo Fondatore. Già dal 1963 dopo esser uscito vivo dal naufragio nella traversata del Rio de la Plata, l’Abbé Pierre avvertì l’esigenza di «sposare le sue figlie e di mollare le redini» favorendo che Emmaus si desse una sua struttura internazionale. «Aveva raggiunto un tale livello di modestia che ha scartato di fatto di volere che la 'sua creatura' morisse con lui. Egli voleva troppo bene a Emmaus ed ai suoi militanti! E nel suo insieme, il Movimento resta vivo ed inventivo, anche se è sempre più difficile per i 'deboli' cavarsela da soli, facendo lo sforzo di essere autonomo, non troppo dipendendo dagli altri, nel pensiero ed economicamente». Jean Rousseau fa un’altra considerazione, rispondendo alla mia 'intervista' email sui sessant’anni di Emmaus: «I nostri primi sessant’anni mostrano anche tutta la fecondità dello scatto iniziale dell’Abbé Pierre con Georges.La genialità di quell’incontro, peraltro casuale, sta soprattutto nel fatto che il nostro fondatore, per forza di cose, disse a quell’uomo disperato: 'Tu che sei una nullità, che pensi di non essere più buono a nulla, vieni ad aiutarmi…'. È questa importanza e la responsabilità che diamo a tutti, compreso il più debole, che può cambiare la società, e nello stesso tempo, proprio partendo dalle difficoltà, superare il ripiegamento su se stessi per sublimarlo nel servizio degli altri. Va anche detto che questa prima rivoluzione portata dalla proposta dell’Abbé Pierre sarebbe rimasta soltanto una bella idea se nello stesso tempo non si fosse passati immediatamente all’azione, ai fatti, con l’esempio anche del suo iniziatore. Qui sta la differenza. E finché la gente di Emmaus resterà in questa prospettiva e soprattutto in questa azione, il Movimento resterà vivo. Un po’ ovunque ci sono belle idee, bei discorsi, ma dopo non si fa nulla. Non per caso anche la politica è un disastro». Oggi Emmaus conta 306 gruppi 'in azione' in 36 Paesi del mondo. In Italia sono 13. In Europa 257. Parlando di questo importante anniversario per Emmaus con Renzo Fior, responsabile della comunità Emmaus Villafranca di Verona, già presidente di Emmaus Internazionale ed attualmente presidente di Emmaus Italia, avverto la sua convinzione: «Dare fiducia alle Persone per ritrovare insieme la gioia di vivere. Questa è la strada percorsa da Emmaus nelle varie realtà d’Italia e del mondo ove vivono e lottano le nostre comunità ed i nostri gruppi, all’insegna della 'consegna' del nostro fondatore: 'Servire e far servire, per primi, i più sofferenti'. E questo sessant’anniversario è l’occasione per rinnovare la propria fedeltà al messaggio dell’Abbé Pierre. Fedeltà che si realizza nella capacità di accogliere 'l’ultimo' che bussa alla porta, sia esso italiano o straniero, in regola o 'clandestino'». Non per nulla, l’Abbé Pierre nell’ultimo periodo della sua lunga vita ci ripeteva spesso: «Continuiamo…».
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