lunedì 3 settembre 2012
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​Lo spread, c’è poco da fare, sgonfia di brutto anche il pallone. La crisi non risparmia certo l’azienda calcio in cui la disoccupazione (10,5% è il dato nazionale, record quasi assoluto) se non aumenta, di sicuro non tende a calare. Così mentre i campionati sono partiti (A e B sono alla seconda giornata) o stanno per cominciare (la Lega Pro inizia oggi), ci sono almeno 7-8 squadre al completo, ma ferme, che fanno parte di un campionato invisibile: quello dei “senza contratto”. In loro soccorso, come ogni anno, è arrivato puntuale l’appuntamento con il ritiro promosso dall’Assocalciatori. «Due le sedi dei nostri raduni - spiega il responsabile Aic, Nicola Bosio - quello di Coverciano dove si sono radunati 64 calciatori, e a Veronello in cui i senza contratto erano 44». Oltre due settimane di lavoro intenso, con i calciatori che hanno dimenticato per un po’ le amarezze della disoccupazione, grazie all’ottima preparazione offerta dallo staff tecnico messo a disposizione. «A Coverciano - continua Bosio -, molti di loro hanno detto di non essersi mai allenati in maniera così scrupolosa. E poi, oltre al lavoro del campo, hanno avuto l’opportunità di frequentare le lezioni per il corso allenatori di base Uefa B. Il tutto compreso, a un costo simbolico di 300 euro. Basti pensare che l’iscrizione al corso allenatori durante l’anno è di 700 euro». Tutti tonici, soddisfatti e ampiamente ripagati dall’esperienza. Ma al 3 agosto, allo sciogliete le righe, i 108 senza contratto, ognuno con il loro passato più o meno glorioso e con storie alle spalle di giocatori di successo o che - purtroppo - non hanno vinto mai, si sono ritrovati a fare i conti con la dura realtà dei senza-lavoro. E attenzione, se un tempo parlare del calciatore-disoccupato voleva dire descrivere la situazione temporanea di un professionista altamente privilegiato, da qualche stagione lo scenario è assolutamente cambiato. E in peggio. «Tanti infatti sono i calciatori che, specie in Lega Pro, percepiscono stipendi al minimo sindacale o che superano di poco i mille euro al mese, per carriere che poi si esauriscono in media intorno ai 35 anni. Spesso poi le società falliscono e non riescono neppure a prendere quanto gli era stato promesso da contratto», informano dall’Assocalciatori. E se una volta il profilo del calciatore che rimaneva senza squadra era quello della "vecchia volpe" a fine corsa, adesso l’età media si è notevolmente abbassata. «In Lega Pro stiamo assistendo a un fenomeno preoccupante, quello dei 22-23enni già scaricati una volta che diventano dei "fuori quota" e non consentono alla società di riscuotere il premio di valorizzazione che ricevono dalla Federazione per il minutaggio dei giovani in rosa, in età compresa tra i 18 e i 21 anni». Così quei 22-23enni, dopo aver sognato per un paio di stagioni, si ritrovano con l’incubo di dover ricominciare da zero, con l’unica speranza che qualche club si faccia nuovamente avanti per ingaggiarli. «Per ora solo una quindicina hanno trovato squadra. I dati precedenti ci dicono che almeno il 60% alla fine pur di giocare accetterà di scendere tra i dilettanti, per ragioni logistiche (più vicini a casa), ma anche perché magari i soldi che gli offrono saranno anche pochi, ma per lo meno sicuri». E poi ci sono le scelte di vita, come quella fatta da Fabio Bazzani, 35 anni, bomber dai trascorsi in Serie A con Perugia e Samp, che già l’anno scorso militava nel Mezzolara (Serie D): ha preso il patentino d’allenatore, ma non ha ancora deciso di appendere gli scarpini al chiodo. Hanno ancora una voglia matta di scendere in campo altri suoi illustri colleghi, come l’ex talento Samuele Dalla Bona, 31 anni, che è passato dai fasti del Chelsea (dal 1998 al 2002) alla Seconda divisione: lo scorso anno giocava nel Mantova. Cercano disperatamente occupazione anche veterani di Serie A come Buscè, Pieri, Migliaccio, Grandoni, Stovini, Damiano Zenoni, Cirillo (quello del cazzotto di Materazzi al termine di un infuocato Inter-Reggina) e i due stranieri del gruppo: il nigeriano Makinwa (ex Lazio) e il francese Mendil. Per ora i loro telefonini, come quello di Simone Farina, l’ex difensore Gubbio consigliere Aic del quale abbiamo raccontato la vicenda in queste pagine, tacciono. Ma la speranza è l’ultima a morire. «L’anno scorso - ricorda Bosio - il 93% dei partecipanti ai nostri ritiri hanno trovato adeguata sistemazione, chi in campo, chi in panchina. Il portiere Flavio Roma, a luglio era arrivato per cercare squadra in Italia, ma alla fine ha cambiato idea: ha preso il patentino da allenatore ed è tornato a Montecarlo per lavorare nello staff tecnico del Monaco di Claudio Ranieri. Mimmo Di Carlo e Massimiliano Allegri, anni fa, poco dopo aver partecipato al nostro ritiro cominciarono la loro avventura in panchina...». Come a dire: da senza contratto allo scudetto, non è affatto un passaggio impossibile.
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