sabato 12 gennaio 2019
L’attore americano racconta il suo impegno tra le corsie di un ospedale pediatrico di Los Angeles in veste di Jack Sparrow
Johnny Depp (Ansa)

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A dispetto delle turbolenze che da anni ormai accompagnano la sua vita, quando incontri Johnny Depp, icona “maledetta” di una generazione, sembra ancora quel ragazzo dolce, mite, sorridente e un po’ stralunato conosciuto molti anni fa, quando è diventato la musa di Tim Burton. La sua controversa immagine pubblica, macchiata dalle accuse di violenza domestica ai danni della ex moglie Amber Heard, dall’abuso di sostanze stupefacenti, dai tanti problemi finanziari e da spinose battaglie legali, contrasta però con l’impegno dell’attore a sostegno dei malati di cancro dell’ospedale Cedars-Sinai di Los Angeles, dove nel 2016 è morta sua madre Betty Sue Wells. Depp fa regolarmente visita ai degenti e l’organizzazione Rhonda’s Kiss lo ha recentemente insignito del premio “Guarigione e speranza” perché «Johnny ha prestato il suo nome, ha usato il suo tempo, e ha effettuato donazioni per delle cause che hanno avuto un impatto positivo su coloro che hanno più bisogno».

Lo abbiamo appena visto nei panni del villain in Animali fantastici - I crimini di Grindelwald diretto da David Yates, ma eccolo di nuovo sul grande schermo in City of Lies - L’ora della verità di Brad Furman (distribuito in questi giorni nelle sale da Notorius), al fianco di Forest Withaker e nei panni di un poliziotto che non smette di cercare la verità su due omicidi rimasti impuniti, quelli dei rapper Tupac Shakur e Notorius B.I.G., due vere e proprie icone dell’America black. A settembre, invece, al Zurich Film Festival, Depp ha presentato in anteprima mondiale Richard Says Goodbye di Wayne Roberts, dove interpreta un professore di letteratura inglese malato terminale di tumore che, appreso di avere solo sei mesi di vita, decide di dire la verità e smascherare ogni i- pocrisia, in famiglia e nel suo ambiente di lavoro.

Depp, la sua carriera prosegue alternando film main stream con lavori più sorprendenti.

Come attore sono sempre alla ricerca di cose nuove e potenzialmente assai catastrofiche. Mi piace rischiare, e molto. Lo faccio in ogni ruolo che interpreto e che mi permette di inoltrarmi ed esplorare territori sconosciuti, scavando nella vulnerabilità dei personaggi.

Cosa l’ha convinta a interpretare in City of Lies un poliziotto alla ricerca disperata di un colpevole?

Quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura e ho scoperto chi era Russell Poole, sono stato conquistato dalla sua dedizione non solo a un caso poliziesco, ma alla verità, che ha finito per diventare una vera e propria ossessione alla quale sacrificare la famiglia, il lavoro, la sua stessa vita. Penso che Poole abbia sorpreso e spaventato la polizia di Los Angeles perché le sue indagini avrebbero potuto inchiodare molte persone intoccabili. Ancora oggi Voletta Wallace, la madre di “Biggie”, non sa ancora perché ha perduto suo figlio. Ho fatto il film perché mi sento molto legato a ciò che questa storia rappresenta.

In Richard Says Goodbye interpreta un altro dei suoi personaggi fuori dagli schermi.

Ho amato la sceneggiatura sin dalle prime pagine e sono stato conquistato da questo personaggio che approfitta di una drammatica occasione per vivere intensamente e con maggiore libertà il tempo che gli rimane. È importante confrontarsi con questi temi, lo faccio anche con i bambini.

Ci spieghi meglio.

Lo faccio quando travestito da Jack Sparrow vado a trovare i bambini malati negli ospedali. Strappare loro un sorriso, donare qualche minuto di gioia e spensieratezza regala un senso più profondo alla mia esistenza oltre che al mio lavoro.

E pensare che quel personaggio così eccentrico e bizzarro non piaceva inizialmente alla Disney.

È vero, erano convinti che stessi rovinando il loro film con il mio pirata. Una volta mi hanno chiesto: è pazzo, ubriaco o gay? E che ne so, ho risposto. So solo che andando tanti anni per mare deve aver preso parecchie botte in testa e quando scende a terra ha un’andatura un po’ incerta. A me piace perché come i personaggi dei cartoons tanto amati dai più piccoli, può permettersi di fare ciò che vuole senza troppe drammatiche conseguenze.

Al pubblico dei più giovani è tornato anche con Animali fantastici - I crimini di Grindelwald.

Si, mi avevano detto che la Rowling, autrice dei romanzi e della sceneggiatura del film, voleva incontrarmi. Ci siamo parlati per ore. Mi ha colpito la sua fiducia quando mi ha confessato che non vedeva l’ora di scoprire cosa avrei fatto con quel personaggio. Grindelwald è convinto di agire nel giusto, ma altri ovviamente non sono d’accordo con lui. Non è un personaggio divertente, ma mi ha consentito ancora una volta di esplorare territori sconosciuti.

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