venerdì 25 aprile 2014
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La buona notizia è che gli italiani si informano. Non solo sulle peripezie della politica o sugli imprevisti del Campionato. Ma anche sulla cultura, intesa magari nella formula allargata che si è ormai imposta anche nel nostro Paese: uno spettro che va dai classici ai best seller, inglobando la buo­na musica e non esclu­dendo la buona cucina. E facendo spazio alle varie declinazioni del benesse­re, del tempo libero e de­gli stili di vita. Argomenti che interessano? Interes­sano sì, assicurano la so­ciologa Lella Mazzoli e il giornalista Giorgio Zanchini, ideatori e direttori del Festival del giornalismo culturale la cui se­conda edizione si svolge a Urbino da venerdì 25 aprile a do­menica (per informazioni: festivalgiornalismo­culturale. it). Molti gli ospiti, tra cui Beppe Sever­gnini, Marco Belpoliti, Derrick de Kerckhove, Ma­rino Sinibaldi e Italo Moscati. E molti anche i di­battiti, inaugurati questo pomeriggio dalla pre­sentazione della ricerca appositamente realizza­ta dall’Università di Urbino. Un migliaio di inter­viste per cercare di capire attraverso quali cana­li gli italiani recuperino informazioni quando si tratta di comprare un libro o vedere un film, visi­tare una mostra oppure organizzare un viaggio.  A illustrare i risultati dell’indagine saranno gli stessi Mazzoli e Zanchini, che hanno avuto un ruolo propulsivo nel progetto coordinato da Fa­bio Giglietto. In un contesto generale in cui In­ternet appare in crescita costante (se ne serve il 62% degli intervistati) e la televisione continua ad avere un peso decisivo (la percentuale balza al 90%), il primo elemento che salta all’occhio è la tendenza dei diversi media a mescolarsi tra di loro, senza tuttavia perdere la propria specificità. «C’è una connessione strettissima fra il prodotto culturale e il mezzo di informazione che lo vei­cola – sottolinea Lella Mazzoli –. I quotidiani e, in genere, la carta stampata continuano a rappre­sentare il riferimento principale per la scelta di un libro e di una mostra, mentre la televisione ha la meglio nell’orientamento dei gusti musicali e cinematografici, seguita rispettivamente da ra­dio e periodici. Ma anche i lettori e gli appassio­nati d’arte ammettono che, subito dopo la re­censione “scritta”, è ancora la tv a influenzare le loro scelte».  Fra telegiornali (76%) e programmi di approfon­dimento (64%) è sempre la televisione a dominare la testa della classifica complessiva dei mezzi di informazione culturale, con il Web che si conqui­sta un dignitoso terzo po­sto (57%). La stampa ar­ranca (la prima voce, rela­tiva alle pagine culturali dei quotidiani nazionali, non totalizza più del 45%) e la radio arriva addirittu­ra ultima (le trasmissioni di approfondimento raci­molano solo il 27%). «Ma attenzione – avverte Lella Mazzoli – perché la pro­spettiva cambia se proviamo a incrociare i dati. In questo modo ci si accorge, per esempio, che i  radioascoltatori sono an­che i più propensi a ser­virsi di Internet». Le fonti alle quale la Rete attinge, poi, sono anzitutto i siti dei quotidiani (32%) o i portali di aggregazione (30%). Molto distanziato Facebook, sia per quanto riguarda le segnalazioni degli “amici” generici (18%), sia per i commen­ti di giornalisti e opinio­nisti attivi sui social network (14%). «La mia impressione – osserva Giorgio Zanchini – è che qui affiori il fenomeno del passaparola: non misura­bile, come sappiamo, ep­pure determinante per la popolarità di qualsiasi prodotto culturale. Nel complesso, comunque, mi pare che il quadro confermi la centralità dei mezzi di informazione tradizionali, carta stampata compresa, i cui con­tenuti si riversano attualmente nel contesto di­gitale.  Persiste, in questo, la differenza caratteri­stica fra il mondo anglosassone, nel quale vige una mescolanza assoluta di generi e criteri, e quella “latina”, nello specifico italiana, dove in­vece permane uno stile di formazione, di o­rientamento e, in definitiva, di distinzione fra consumi più tradizionali (la lettura e la musica, per esempio) e altri più legati alla sensibilità contemporanea (il cibo, i viaggi)».  Un’ultima cautela, forse la più significativa, è sug­gerita ancora da Lella Mazzoli, autrice del recen­te Cross-news: l’informazione dai talk show ai so­cial media  (Codice): «Quella che ci viene restitui­ta dalla ricerca non è un’immagine statica – dice – ma una sorta di proiezione di quanto sta acca­dendo, in particolare nel mondo giovanile. I ra­gazzi affermano di non seguire la radio, ma in ra­dio ascoltano musica. E si dichiarano estranei al­la tv, pur guardando in continuazione frammenti televisivi su YouTube. È una trasformazione delle abitudini che sottintende una grande curiosità per i temi della cultura. Ed è il dato più incoraggiante fra i molti che abbiamo raccolto».
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