sabato 20 ottobre 2018
L’artista al “Tenco”: «Canto i migranti e faccio il “Manuale” per una vera felicità»
Simone Cristicchi al Tenco: «Un manuale della vera felicità»

«La parola “ migrans” mi fa venire in mente l’identità strappata, la perdita delle radici e del proprio tessuto sociale e, come diceva Primo Levi, quando a un uomo togli i parenti, gli amici, l’ambiente in cui vive, poi togli i capelli e i vestiti: quell’uomo finirà per perdere anche se stesso». Ha commosso con intelligenza e misura la platea dell’Ariston Simone Cristicchi, protagonista della seconda serata del 42° Premio Tenco, che si concluderà questa sera a Sanremo con la consegna delle Targhe Tenco, fra gli altri, a Francesco Motta, Mirkoeilcane e Giuseppe Anastasi. Il cantautore romano ha risposto all’appello della rassegna della canzone d’autore, quest’anno intitolata appunto “Migrans”, interpretando un brano tratto dallo spettacolo Magazzino 18 sugli esuli istriani e Ti regalerò una rosa con cui vinse il festival di Sanremo «per parlare di altre persone che sono state confinate, come i malati di mente » ha aggiunto. E infine un inedito, Lo chiederemo agli alberi, tratto dal suo prossimo spettacolo Manuale di volo per uomo che debutta all’Aquila con la regia di Antonio Calenda il 15 novembre, coprodotto dal Centro Teatrale Bresciano e dal Teatro Stabile d’Abruzzo di cui Cristicchi è direttore artistico.

Cristicchi, la sua ricerca sull’uomo continua nel prossimo spettacolo?
«Si tratta di una favola contemporanea, poetica e surreale, ambientata in periferia. Io interpreto un quarantenne rimasto bambino: qualunque cosa egli guardi, da un fiore a un palazzone, tutto è stupefacente e affascinante. Per alcuni è un “ritardato”, per altri un genio: in realtà Raffaello è un super sensibile che mette a fuoco tutti i dettagli che sfuggono agli altri. Il brano Lo chiederemo agli alberi dice che la natura è un libro che non riusciamo più a leggere, sommersi nelle metropoli, ma quando la vediamo ne subiamo il fascino, i grandi insegnamenti. L’albero è la fermezza e l’accettazione, su di lei si posa l’allodola, l’uccello preferito da san Francesco, simbolo di umiltà, che canta con gioia del cuore. È un messaggio filosofico».

Un messaggio molto cristiano, anche.
«Un mio amico monaco dice che sono un cristiano inconsapevole. Questo è frutto di un percorso che ho iniziato con il mio spettacolo Il secondo figlio di Dio su David Lazzaretti, mistico di metà ’800 che mi ha fatto avvicinare a figure come lui. Io credo nella spiritualità sperimentata, quella delle suore di clausura e dei monaci che ho avuto l’onore di conoscere. Non ho mai visto persone più felici delle suore di clausura, lontane dal mondo non per fuga, ma per servizio. La potenza della preghiera e dell’intercessione per me hanno significato una crescita personale che poi confluisce nei miei spettacoli».

Spettacoli seri declinati con ironia e leggerezza, apprezzati dal grande pubblico.
«Io cerco sempre la leggerezza anche trattando temi molto pesanti, cercando di stupirmi ancora. Non c’è peggior peccato di non stupirsi più di niente. Cerco di tenere viva la curiosità fanciullesca e bambina a modo mio. Lo scopo principale dell’arte è quello di condividere con gli altri le storie. Ho appena visto il documentario su papa Francesco di Wim Wenders e sono rimasto molto colpito dalla semplicità e dalla leggerezza con cui il Pontefice riesce a parlare a tutti: lui è un sermone vivente».

E ora lei mette in scena la periferia. «Mi sono documentato su varie espressioni religiose. Il frutto è questo nuovo lavoro, Manuale di volo per l’uomo, ambientato in un quartiere di periferia dove regnano materia e spirito: è un sunto di quello che può essere il mio credo. Accanto vi abbinerò il documentario Happy, una indagine sulla felicità, che comincerò presto a girare: andrò in giro a chiedere a bambini, scienziati, filosofi, artisti, uomini di chiesa: “Dove trovi la felicità oggi nel mondo e quando ti senti felice?”».

E quando si sente felice Simone Cristicchi?
«Io aspiro alla gioia. La gioia francescana è essere felici anche quando le cose vanno male. La felicità è un elettrocardiogramma, con picchi che poi sfumano. La gioia è lo stato di grazia dei santi, molto più profondo, frutto di ricerca ».

Lei è stato chiamato dal Tenco per interpretare il tema dei migranti
«Un argomento molto complicato e politicamente difficile. I politici dovrebbero imparare dai bambini e andare nelle classi miste delle elementari a studiare lì come funziona l’umanità che non è annacquata dalla propaganda: la paura non esiste se vedi l’anima dietro la persona. I bambini ci possono insegnare tantissimo sull’appartenenza al genere umano. Basterebbe mettersi nei panni degli altri ».

Come riesce Cristicchi a conciliare questi temi con l’industria discografica?
«I grandi numeri non è detto che vogliano dire qualità, di conseguenza ognuno di noi deve dare il meglio che può nel proprio ambito, senza inseguire il successo a tutti costi. Per me uno dei più grandi successi è andare nelle scuole a parlare coi ragazzi. Nelle scuole puoi ancora intervenire mostrando cos’è la bellezza e quale grande occasione è essere vivi. Più si cresce, più si è inquinati da falsi miti e falsi valori. Bisogna trasmettere ai ragazzi un mondo bello. Molti artisti ci mostrano un mondo orribile, che l’essere umano è diventato una carogna, ma non è la realtà. Ci sono tantissimi esempi di bellezza: c’è bisogno di cambiare un po’ lo sguardo sul mondo».

Quali sono i suoi prossimi progetti?
«Innanzitutto il tour di Manuale di volo e l’impegno come direttore artistico del Teatro Stabile d’Abruzzo a investire e credere sempre di più in spettacoli di senso, nonostante i tagli ai fondi. Per quanto riguarda i dischi, è 4 o 5 anni che non pubblico, anche se non escludo prima o poi di tornare a Sanremo in gara. Il Festival può essere una mannaia. Vivo bene anche senza. Le canzoni le scrivo per i miei spettacoli, come faceva Gaber».

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